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La dimenticata chiesetta di Santa Barbara a Montesardo

Se non ci fosse una cartello turistico di un bel marroncino con su scritto “Chiesa di Santa Barbara – sec. XIII” probabilmente nessuno, nemmeno gli abitanti di Montesardo, saprebbero identificare un’importante testimonianza dell’arte Salentina in un periodo che spazia dal primo ventennio del XIV secolo alla prima metà del XV. Le origini di questo tempio sono molto incerte ma la presenza ne è già certificata nel 1324 nel rapporto dei collettori delle decimi pontificali.

Utilizzata come un  mero fienile fin dal XVIII sec., la chiesa di Santa Barbara faceva parte di un complesso monastico femminile di Clarisse o Benedettine di cui oggi si possono notare solo pochissimi resti confusi con più recenti costruzioni, utilizzate probabilmente come case coloniali in un periodo a cavallo tra il XIX e XX secolo.

Per garantire una maggiore capienza, e soddisfare le richieste di una popolazione sempre in crescita, le chiese in periferia furono destinate ad un progressivo abbandono. Costi eccessivi per pochi fedeli, una politica insostenibile interrotta solo dall’interdizione al culto. Per la chiesa in oggetto questo avvenne relativamente presto, già intorno al 1590, anno in cui il tempio venne escluso dalle visite pastorali del vescovo Ercole Lamia.

È ad ambiente unico, di dimensioni 11.55 x 5 metri, con abside rivolto ad est, totalmente murato  come buona parte del rosone della facciata. Qui è interessante notare un efficiente esempio di “riciclio”: l’occlusione dell’abside sarebbe stata necessaria per impedire fenomeni di crollo e, per evitare di introdurre elementi esterni alla struttura originaria, sarebbero stati utilizzati gli stessi conci provenienti dall’abside originario. Su alcuni di essi si possono intravedere tracce di affreschi.

La serie di scempi che si è consumata all’interno di questo piccolo tempio non è nuova nel territorio salentino, dove spesso l’ignoranza artistica e culturale, nonché un primordiale principio machiavellico secondo il quale il fine giustifica i mezzi, non ha consentito un’adeguata conservazione di beni preziosi come le numerose testimonianze pittoriche bizantine in chiese e cripte.

Chiesa di Santa Barbara

Sergio Ortese identifica tre fasi pittoriche prive di interferenze: una di primo trecento intrisa di bizantinismi, l’altra, in linea con le conquiste post-giottesche registratesi nel Salento introno alla metà del trecento, ed infine una fase quattrocentesca, in sintonia con flussi tardogotici di marca Adriatica registratesi dopo l’esperienza del glorioso cantiere di Santa Caterina d’Alessandria in Galatina [1]. La chiesa di Santa Barbara rappresenterebbe dunque un periodo di transizione dalla tradizione iconografia bizantina verso un approccio proteso ad un arcaico rinascimento. Questo nuovo impulso deriverebbe dalla scuola giottesca.

Tracce labili della prima fase sono riscontrabili nella parete settentrionale, in corrispondenza di un accesso secondario che introduce ad un piccolo cortile condiviso con l’antico monastero. Su questa parete è possibile ammirare ciò che resta di una Madonna, un Cristo ed un Santo, probabilmente San Giovanni. Nonostante il degrado, Ortese ritiene questo affresco particolarmente significativo: oltre che a presentare numerose analogie con un’icona della cattedrale di Nardò, sarebbe riconducibile alla parentesi angioina dell’edificio (primo ventennio del XIV sec.), corrispondente ad una particolare rifioritura culturale del Salento promossa da principi Angiò di Taranto.

Affresco prossimo alla zona absidale

Del periodo post-giottesco invece è un affresco decisamente ben conservato nell’intradosso absidale, raffigurante una Santa da un acconciatura a balzo che regge nella mano destra una croce d’argento e nella sinistra accosta a se un lembo del mantello rosso. Questo risalta sulla tunica verde chiusa in vita da una preziosa cintura. L’affresco non manifesta dettagli rilevanti in grado da determinare con precisione l’identità del soggetto che, tuttavia, presenta numerose analogie con un altro affresco nella chiesa di Santo Stefano a Soleto che rappresenta Santa Tecla.

Affresco del periodo angioino

Sulla parete meridionale due Santi a figure intere che ritraggono Santa Barbara e San Bernardino da Siena. Quest’ultimo consentirebbe di datare l’opera a un periodo successivo al 1444, anno della sua morte. Accanto a questi ultimi è possibile intravedere ciò che resta di numerose altre figure che completavano il ciclo pittorico. Altre figure abbozzate, di cui ormai non è possibile intuirne la fisionomia, arricchivano la platea di santi e sante che con lo sguardo rivolto verso l’altare completavano il messaggio religioso-iconografico che diversi artisti, in più di cento anni, hanno sapientemente ricercato.

Per maggiori informazioni fotografiche sulla chiesetta di Santa Barbara vi invitiamo a visionare l’annessa galleria fotografica a questo link.

Marco Piccinni

BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA:

[1] Sergio Ortese, Un caso di “patrimonio latente”:  la chiesetta di Santa Barbara a Montesardo e le sue pitture murali – Kronos 11, pgg. 67-77

[2] Wikipedia – Montesardo


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