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Emigrazione, Fernanda Sacco: “Non dimentichiamo gli eroi”

Un signora dolcissima di 81 anni, ultima discendente dell’anarchico Nicola Sacco, maestra elementare in pensione (“Apposta parlo così tanto!”), è stata la protagonista della 13ma edizione della Festa degli Emigranti di ieri e oggi indetta dall’Associazione Italiani nel Mondo di Specchia (Lecce). Quest’anno è stata celebrata (con una mostra di foto in b/n) nel nome di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, martiri del lavoro e la passione politica, accusati dell’omicidio di Andrea Salsedo (in realtà era stata la banda di Celestino Maneros a uccidere l’operaio siciliano): ma l’accusa non cadde nemmeno dopo la confessione, e nonostante gli intellettuali di tutto il mondo chiesero la loro libertà furono uccisi sulla sedia elettrica il 23 agosto 1927, nel Massachusetts, dopo 7 anni di carcere: patirono orrende torture.

La password delle due intense giornate è stata modulata sul filo della memoria: con Sacco e Vanzetti è stato ricordato il sacrificio dei lavoratori italiani nel mondo, da Marcinelle, Belgio (8 agosto 1956, 262 minatori periti, 211 italiani, molti pugliesi) ad altre disgrazie in Svizzera, Usa, ecc. Una forma di internazionalismo che oppone il lavoro al capitale che insegue il profitto a scapito dei diritti, la dignità, la vita. “C’è speranza di salvarli?”, chiese angosciato la sera dell’8 agosto Re Baldovino. I soccorritori scossero la testa. A mille metri di profondità, nel cuore oscuro della terra, i lavoratori del carbone bruciavano incarnando una terribile metafora. Sacrifici umani in nome di un’idea corrotta di modernità, immolati al capitalismo, divinità feroce, disumana.

Fernanda Sacco (foto di Giancarlo Colella) è l’ultima erede dei Sacco da Torremaggiore (Foggia, 18mila abitanti: c’era il presidente dell’Associazione “Sacco e  Vanzetti” Matteo Merolla (“Vogliamo un mondo senza confini, siamo figli della stessa terra”), la vice Rosa Marchiarola, la responsabile diritti umani avv. Antonella Montanari, il segretario amministrativo Giuseppe Volgarino, l’assessore alla Cultura Marcella Bocola: “Abbiamo studiato grazie ai loro sacrifici…”, la sede è un dono con i risparmi della maestra) ha interrotto commossa più volte il discorso in una Piazza del Popolo gremita di vecchi emigranti (qualcuno non ha trattenuto le lacrime) e i nipotini a cui ha idealmente consegnato una memoria viva e forte.

Nel 2010 aveva affidato a “I miei ricordi di una tragedia famigliare” (editore Malatesta, Apricena) i passaggi di una storia ricostruita con dovizia di particolari. Nel 1927 aveva 5 anni. Il vero nome di Nicola era Ferdinando: è scritto sulla tomba al cimitero monumentale di Torremaggiore. I fratelli Sacco erano 4: Nicola, Sabino, Luigi (padre di Fernanda, o Ferdinanda) e Ferdinando. Scappò in Messico per sottrarsi al militare e cambiò nome usando quello del fratello maggiore morto nel frattempo per non essere scritto sul “libro nero” dei renitenti alla leva. I nipoti Sacco erano 11, 6 figli di Sabino, 5 di Luigi. Resta la maestra.

La due-giorni (condotta con bella verve da Francesca Ruppi) è iniziata con la consegna delle targhe-ricordo fra 3 paesi idealmente gemellati: Specchia, Torremaggiore e Villafalletto (3mila anime nel Cuneese dove nacque Bartolomeo Vanzetti, rappresentato dal sindaco Ilio Piana e la moglie: l’ultimo nipote si chiama Giovanni, vive a Torino). Dolce ma determinata nel rivendicare una memoria, ridare dignità a una storia del secolo scorso di emigrazione, appartenenza politica, militanza. “Il loro martirio e quello di tutti gli italiani sacrificati all’estero è un ricordo straziante da trasmettere alle nuove generazioni. Sacco e Vanzetti facevano parte di un movimento in lotta per l’emancipazione, il lavoro, i diritti umani, contro soprusi e umiliazioni. Costretti a fare i lavori più umili: li chiamavano i porci, i pezzenti, i sudicioni”. Un’icona spendibile, per coerenza e passione, anche oggi.

Gli stessi toni ha usato Vincenzina Vanzetti, sorella di “Burt”, nell’attraversare più volte, sola, l’Oceano per difendere la memoria dell’eroico fratello dalle menzogne. “Vogliamo un tetto per ogni famiglia, il pane per ogni bocca…”, ripeteva l’operaio. In precedenza il sindaco di Specchia Antonio Biasco aveva detto: “Nord e Sud uniti per onorare il sacrificio di chi ha vissuto la diaspora dell’emigrazione. Grazie a loro abbiamo avuto un minimo di sviluppo”. Dall’altare gli aveva fatto eco don Beniamino Nuzzo: “L’Italia onora questi due uomini uccisi per aver difeso le lore idee” e, in un telegramma, il sen. Dario Stefàno: “Ricordiamo il sacrificio di questi italiani”. Presenti anche Marcella Rucco, assessore provinciale, il vicepresidente del Consiglio generale dei Pugliesi nel Mondo Gianni Mariella (230 associazioni sparse nel pianeta:”Occorre un forte radicamento nella memoria per progettare il futuro”, Domenico Rodolfo: “Gli emigranti ci hanno dato dignità nel mondo”).

Occasione propizia per riflettere sul complesso fenomeno, che nel frattempo è passato dalla valigia di cartone al trolley dove i figli degli emigranti acculturati mettono il titolo di studio cercando pane e dignità lontani dalla loro terra, desertificandola. E, altro paradosso, terra di accoglienza con i migranti provenienti da tutti i sud del mondo. Per attaccare le larghe intese sull’Imu: “Gli emigranti non devono pagarla – ha detto Fernando Villani presidente dell’Associazione di Specchia – siamo formiche che hanno fatto per il Paese più di politici colti da amnesie, re, imperatori per dare un futuro ai nostri figli“.

Fernanda Sacco

Puglia storicamente terra di flussi migratori. Oltre 40 Comuni hanno aderito alla giornata pugliese (il 9 agosto) promossa da Villani. Oltre a Specchia, Bari (il sindaco Emiliano: “E’ un giusto riconoscimento ai nostri fratelli affinchè sul passato si costruisca il futuro”), Ruffano, Sogliano Cavour, Casarano, Taviano, Racale, Acquarica del Capo, Surbo, Spongano, Presicce, Castrignano dei Greci, Maglie, Tricase, Miggiano, Montesano Salentino, Patù, Tuglie, Matino, Castrignano del Capo, Monte Sant’Angelo, Corigliano d’Otranto, Torremaggiore, Castellaneta, Villafalletto, Ugento, Taurisano, Melissano, Nardò, Bitritto, Gagliano del Capo, Oria, Collepasso, Minervino di Lecce. Alessano, Salve, Tiggiano, Sannicandro, Corsano, Triggiano, Adelfia, Mesagne.

60 milioni di italiani sono sparsi in ogni angolo del mondo. Due i flussi più intensi: tra fine Ottocento e inizio Novecento (verso le Americhe, il “nuovo mondo”) e nel secondo dopoguerra (soprattutto in Europa). La Puglia è una delle Regioni col più alto tasso migratorio. Dalla Capitanata al Salento, paesi spopolati: per un paradosso della Storia, l’economia è retta dalle rimesse di chi ha lasciato la sua terra.

Sacco e Vanzetti vittime del razzismo, “cani” (così li disprezzavano negli Usa che li ridusse a un pugno di cenere), sono stati i difensori dei diritti dei lavoratori di tutto il mondo ma anche del libero pensiero: “La loro morte per mano della giustizia borghese dei dollari ha segnato le coscienze dei lavoratori di tutto il mondo”, ha aggiunto la maestra. Una parziale rivalutazione è venuta nel 1977 dal governatore del Massachusetts Michael Dukakis, ma la loro innocenza, l’estraneità all’accusa, le prove fasulle, non sono state ancora riconosciute. Negli Usa la giustizia funziona all’italiana. Si chiedeva Manuel Scorza: “Chi difenderà i giusti dalla giustizia?”.

Francesco Greco


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