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La domenica delle Palme tutti in piazza Sant’Oronzo a Lecce per difendere gli ulivi

Come una processione compiuta da Cristo-Ulivo, l’Unto, simbolo quanto mai opportuno per rappresentare la via crucis degli ulivi salentini minacciati da lunedì prossimo di ‘eradicazione’, questa grande manifestazione di popolo per scongiurare la diffusione del contagio. La peste manzoniana fa un balzo di secoli per scendere dal ducato di Milano in questa terra estrema, la Messapia, fiorente quanto mai, granaio d’Italia.

Intorno alle 15 la piazza comincia a riempirsi di gente, che risponde all’appello lanciato da intellettuali, artisti, musicisti, agronomi, contadini e ambientalisti. E’ una marea che la invade: migliaia di persone sono qui, giunti da ogni dove, dai luoghi dolenti, dove si combattono battaglie per l’ambiente come a Taranto, che ha saputo respingere il ricatto ambiente-lavoro.

Manifestazione contro eradicazione degli ulivi - Lecce

Manifestazione contro eradicazione degli ulivi – Lecce

Non si è mai vista tanta gente in piazza S. Oronzo a Lecce per rivendicare la tutela del paesaggio salentino che ha nell’ulivo il suo simbolo di eccellenza e soprattutto di identificazione. Questi sono i due elementi che hanno contraddistinto gli interventi degli oratori che si sono succeduti per tutto il pomeriggio.

Don Raffaele Bruno della Diocesi di Lecce alterna parole italiane ed espressioni salentine, giura che gli ulivi non hanno bisogno di essere benedetti, che la loro condizione chiama in causa tutti – definiti popolo degli ulivi – perché si torni a pratiche agricole naturali, quelle che ci hanno tramandato i nostri nonni e che solo interessi estranei a questa terra hanno compromesso. Il riferimento è alle multinazionali del cibo, da molti interventi chiamate in causa per ribadire che ci sarà una decisa resistenza contro gli ogm, contro i pesticidi che si vogliono spargere a piene mani, anzi a pieni contenitori spruzzati dagli aerei sul territorio salentino avvelenando ogni forma di vita, anche quella umana.

Antonia Battaglia di PeaceLink riporta il dibattito lacunoso in Comunità Europea trascinata dal piano regionale ad assumere posizioni di messa in quarantena e di annientamento degli ulivi che hanno rami disseccati.

Ivano Gioffeda è il santone che in questi anni si è battuto generosamente contro le logiche di una ricerca limitata alla Università di Bari, finora incapace di definire le cause scientifiche di questo strano disseccamento. E’ pronto a ritornare con la sua azienda agricola a costituire dei laboratori in cui riprendere i saperi antichi e le vecchie pratiche che hanno definito questo paesaggio magnifico, ora esposto al rischio delle ruspe.

Nandu Popu dei Sud Sound System canta il motivo delle ‘radici ca tieni’ e tutta la piazza lo segue, il suo è un lungo excursus nella storia della civiltà salentina che affonda al tempo della Magna Grecia e molto ha ancora da dire alla generazioni future. La musica tradizionale inneggia dal canto di Enza Pagliara e del suo coro, Mimo Cavallo segue le piazze e segna con il ritmo la contrarietà a progetti lesivi del territorio.

Giuseppe Serravezza, medico della Litl, richiama la necessità di guardare nel piatto in cui si mangia, e sollecita tutti ad essere consapevoli, a ritornare finalmente sobri per evitare che ci si ritrovi del tutto privi di un territorio che è esposto ai colpi della sorte, intesa come interessi delle multinazionali che non hanno certo a cuore la salute dei cittadini.

Il pensiero di Pino Aprile, scrittore meridionalista, riecheggia nella voce di Rosanna Quarta sulla necessità di costituire una rete che respinga questo attacco concentrico contro il meridione d’Italia, dalla Campania terra di fuochi, alla Basilicata terra di perforazioni, al Salento terra di eradicazioni.

Giovanni Carbotti di ‘Respira Taranto’ e Paolo Pisanelli, regista del film ‘Buongiorno Taranto’, invitano a proseguire nell’impegno di lotta all’appuntamento del 1° maggio nella città dell’ILVA. Un popolo, è nato un popolo quest’oggi in piazza S. Oronzo a Lecce che non lascerà eradicare nessun ulivo, perché un malato si cura e non si condanna a morte!

E’ questo l’impegno assunto da tutti, dal fiume di interventi che si susseguono sul palco improvvisato, fra il Sedile e la statua del Santo, come per dare concretezza al lavoro agricolo e al turismo e sacralità alle parole e ai propositi assunti.

Paolo Rausa

Articolo già pubblicato su Italia-Express


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