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Le grotte di Punta Terradico

Terra vedo, terra dico!”. Sarebbe questo ormai secondo la tradizione orale l’origine del termine Terradico, che da il nome ad un imponente pezzo di falesia che si affaccia sull’adriatico, ad una manciata di chilometri dal faro di Santa Maria di Leuca.

Siamo lungo le coste selvagge di Gagliano del Capo, le prime che i naviganti provenienti da oriente in direzione di finibus terrae avvistavano, urlando quel motto che è divenuto ormai parte integrante del nostro vocabolario di toponimi, “Terra vedo, terra dico!”.

Una falesia piuttosto frastagliata e violentata dall’incessante fenomeno di erosione delle acque che ha modellato un complesso di grotte dalla bellezza incredibile ribattezzato come complesso di Terradico: tre grandi cavità che si aprono sulla verticalità della roccia in cerca dell’abbraccio tra cielo e mare. Conosciute più comunemente come “orecchio di Terradico” o “tenda degli indiani”, “antro di Terradico” e “grotta di Venere” o “fenditura di Terradico”, hanno dato modo nel corso dei secoli di alimentare la fantasia di marinai e pescatori che quotidianamente si interfacciavano con questi anfratti. Ed è così che la casualità del processo erosivo e bizzarri giochi di luce hanno proiettato nelle retine di uomini di ogni età l’orecchio di un gigante, la silhouette di una donna, la tenda di un indigeno.

Grotte di Punta Terradico

Grotte di Punta Terradico

Delle tre grotte in località Punta Terradico quella che suscita maggiori emozioni e l’antro di terradico. Un’enorme caverna a sviluppo prevalentemente verticale accedibile mediante tre piccoli fori sulla volta della cavità e da uno sbocco aereo sul mare. Alta circa 35 metri subisce meravigliosamente gli scherzi della luce che rimbalzando sulla superficie irregolare, ricca di formazioni minerarie e sali di calcio, genera sfumature cromatiche che vanno dal rosa al verde, passando per timidi azzurri e gialli pallidi.

Antro di Terradico

Antro di Terradico

Cascate di carbonato di calcio, stalattiti e stalagmiti imponenti, ammassi globulari di sedimenti addobbano con semplicità la verticalità delle ripide pareti, mentre formazioni più ricche e complesse sembrano volersi affacciare sul mare approfittando di una piccola fenditura. Qui l’acqua è penetrata in misura maggiore approfittando di diverse fratture nella roccia, lavorando incessantemente per secoli fino a raggiungere uno strabiliante risultato.

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Marco Piccinni


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