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“Palla al centro”, e la vita ricomincia

S. MARIA DI LEUCA (Le) – Il flusso quieto, ininterrotto della memoria proustiana; il tormento provocato dai sensi di colpa dei personaggi di Dostoevskij.

Scorre su questi due livelli il romanzo d’esordio dello scrittore pugliese (nato a Roma nel 1970, studi giuridici, ha collaborato a riviste del ramo, oggi vive a S. Maria di Leuca e fa il collaboratore comunale a Castrignano del Capo) Massimiliano Ivagnes, “Palla al centro” (Una storia di vita qualunque), Albatros Edizioni, Roma 2017, pp. 412, euro 18,00 (Collana “Strade”). E dunque, nel mezzo del cammin di nostra vita, come direbbe Dante, nel cuore di tenebra della selva oscura, davanti al mare in tempesta che fa emergere il nostro io più segreto, si procede con i bilanci.

Un pò come quando, in un pomeriggio uggioso, si rovista in cantina (o soffitta): questo lo tengo, questo lo butto, questo non so.

E‘ quello che fa Marco De Santis (in controluce si vede la biografia dello scrittore quasi sovrapposta al plot narrativo), con una tecnica che richiama alla mente quella del lettino dell’analista: ci si distende e si ricorda tutto. Una forma di autoterapia, perché già il parlare a se stessi è una “consolazione”, direbbe Seneca. Addolcisce l’asprezza del ricordo, smussa gli spigoli della realtà.

Marco non tace nulla a se stesso, non ha rimosso niente: dai giorni dell’infanzia serena a quelli dell’adolescenza in cui si assume una visione del mondo e degli altri e poi della maturità quando si cercano sintonie col tutto.

In un Sud facilmente riconoscibile con i suoi riti e miti, orizzonti ristretti, provincia immobile, sospeso fra passato e futuro, istanze di modernità e resistenze che le bloccano sul nascere, arretramenti culturali scambiati per progresso.

Così Marco si trasfigura in altro da sé: diviene tutti noi (un po’ “Canne al vento” della Deledda e un po’ “Demetrio Pianelli” di De Marchi), icona dell’uomo magno-greco erede di una grande cultura e di valori immortali oggi relativizzati, in perenne conflitto fra ragione e passione, lo sguardo perduto nel cielo e i piedi nel fango della quotidianità in una vita che chiede solo compromessi, annullamento identitario, omologazioni a modelli estranei e distanti anni-luce.

“Palla al centro” è un romanzo che si rifà ai canoni del naturalismo (verismo). E’ una riflessione radicale sulla condizione dell’uomo del XXI secolo, “lupo della steppa” di un realtà virale che corre e tutto banalizza, superficiale e corrotta nel suo intimo. Per cui alla fine non sappiamo più chi siamo, da dove veniamo e dove vorremmo andare. Siamo nelle mani di un pensiero forte che ci spinge all’oblio di noi stessi.

Marco si oppone con tutte le sue forze: cosa fa ogni volta che si ritrova dinanzi al mare se non cercare una catarsi dai mali del mondo, dal dolore che provoca il rapporto con gli altri?

Dov’è la salvezza, che il protagonista del romanzo cerca senza eccessiva convinzione? Nell’alleggerire la propria sovrastruttura mentale, nell’ancoraggio alle poche certezze possibili, nel darsi valori universali, nell’autostima.

Forse solo così si può rinascere: “Palla al centro” e via con una nuova vita.

Francesco Greco


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