Gli ingranaggi della macchina produttiva di intere generazioni di salentini sono stati oleati dallo stesso olio prodotto da ettari di uliveti che colmavano qualunque orizzonte sul quale si poggiasse lo sguardo. Maturato alla luce del sole e lavorato nel sottosuolo in centinaia di frantoi ipogei scavati nella nuda roccia, con macine messe in movimento da muli e asini che si alternavano durante le ore del giorno e delle notte per permettere alla produzione di non fermarsi mai. Ininterrottamente. Per diversi mesi l’anno.
Contrariamente a quanto saremmo indotti a pensare, l’olio prodotti dalle nostre terre non era destinato a uso alimentare. Si trattava di olio lampante, utilizzato per illuminare i lampioni delle principali capitali europee, clienti fidelizzate e affezionate agli enormi carichi di olio che giornalmente lasciavano il porto di Gallipoli. L’olio salentino non produceva fumo rispetto a quello di altri competitors. Questo lo rendeva preferibile all’olio di altri mercati.
Per raggiungere il porto era necessario creare delle strade, o strutturare dei percorsi per permettere un più agevole trasporto della materia prima. Per questo che da Maglie, importante centro di produzione oleario, partiva una mulattiera diretta proprio a Gallipoli il cui percorso è stato recuperato dalle ricerche di Emilio Panarese.

Soprannominata la “via te l’oju“, larga appena due metri, partiva dai fondi Murica e Kamàra (oggi attraversati dalle vie E. Nisi, N. Macchia, E. Paiano, Ospedale M. Tamborino), con il nome di Via di San Donato, saliva su, e all’inizio della via vecchia per Cutrofiano, volgeva a sinistra passando dietro l’antico (dal 1585) convento dei Francescani (dietro l’attuale Ospedale) e davanti alla cappella della Madonna di Leuche, poi di nuovo voltando a sinistra giungeva per la via oggi detta ‘Valacca’ e ‘Di Vittorio’, sulla Via vecchia per Gallipoli. Da qui si dirigeva verso la masseria Muntarrune piccinnu, dov’era la cappella di San Donato.
La presenza di una chiesetta imponeva le celebrazioni di rito in occasione del Salento, il 7 di agosto, giorno del martirio del vescovo di Arezzo.


Una strada apparentemente piccola ma densamente e ordinatamente trafficata. Una della principale arterie del commercio oleario salentino, lungo la quale carri trainati da asini o cavalli trasportavano in file le preziose botti con l’oro liquido. Una preghiera al Santo affinché intercedesse per la buona riuscita della consegna del prezioso carico e poi via, dritti fino a Gallipoli

La mole del carico da consegnare era talmente elevata da dover necessariamente venir meno ad uno dei comandamenti che impone la santificazione delle feste. A tal proposito Papa Gregorio XIII si vide in qualche modo costretto a concedere uno strappo alla regola, benedicendo il lavoro dei frantoiani e dei corrieri anche durante le domeniche. Per mettere tutto nero su bianco emanò una bolla papale il 18 aprile 1581 che dava l’assoluzione a coloro che, impegnati in tale attività, non avevano modi di santificare il giorno di festa. La stessa indulgenza fu poi confermata anche da Papa Sisto V il 28 febbraio 1590.
Il sodalizio olio-chiesa si è rinnovato Il 10 ottobre 2018 quando oltre 200 olivicoltori provenienti da Bitonto e da tutta la Puglia sono stati ricevuti da Papa Francesco durante un’udienza generale in Vaticano per la benedizione della produzione olearia. il Santo Padre ha ricevuto in dono una selezione dei migliori oli extravergini pugliesi e una riproduzione in argento di un ramoscello d’ulivo, simbolo di pace e di lavoro radicato nella terra.

Marco Piccinni
SITOGRAFIA:
Wikipedia, Gallipoli: https://it.wikipedia.org/wiki/Gallipoli
Quando Papa Francesco ha benedetto l'olio pugliese: https://www.antennasud.com/quando-papa-francesco-ha-benedetto-lolio-pugliese/





