La via Sallentina
Strabone, geografo della Cappadocia, formatosi in Italia e vissuto negli anni a cavallo della nascita di Cristo, è l’unico che ci ha fornito alcune testimonianze in relazione al sistema viario salentino in età preromana.
Sappiamo poco di lui, della sua famiglia, così come poco sappiamo delle arterie di comunicazione tra una città e l’altra dell’antica Messapia, una popolazione che, contrariamente a quanto il pregiudizio potrebbe indurre a pensare, di genti vissute prima della “civiltà” (così come siamo abituati a viverla), era indubbiamente molto progredita e organizzata, tanto da tessere una fitta rete di rapporti commerciali e strategiche alleanze belliche all’occorrenza. Un popolo la cui cultura si mantenne così salda e solida che i romani non osarono sradicarne le radici per garantire stabilità nei relativi possedimenti.
Il notevole sviluppo insediativo già prima dell’arrivo dell’Urbe, di cui abbiamo una piccola istantanea nella mappa di Soleto del V sec. a.C., suggerisce la presenza di un collegamento viario strutturato fra i vari centri urbani e con i relativi sbocchi marittimi. Ogni città aveva il suo porto dal quale poteva distare anche alcuni km: San Gregorio per Vereto, Gallipoli per Alezio, Santa Maria al Bagno per Nardò, e così via.
Alcuni di questi circuiti stradali saranno riutilizzati dai Romani, come ad esempio l’ipotetico sistema viario che collegava Taranto ad Oria e poi a Brindisi (divenuto il tratto terminale della via Appia). Da Brindisi, molto apprezzata dai Romani in quanto ritenuta il vero ponte di collegamento tra Roma e l’Oriente, si poteva scendere verso Otranto, capitale del futuro ducato di Calabria sotto la dominazione bizantina, con passaggi intermedi nei centri di Valesio, Rudiae e Cavallino: la famosa via Calabra, prolungamento della Traiana a sud di Brindisi.
Un ulteriore collegamento, da Taranto a Vereto, era garantito dalla via Sallentina, così convenzionalmente definita proprio perché attraversava le terre di coloro che gli antichi chiamavano i Sallentini. Un tracciato paracostiero che doveva servire probabilmente da alternativa alla navigazione nell’estremità occidentale della penisola, resa particolarmente difficoltosa dalla presenza di numerose secche, famose quelle di Ugento, per aver fermato l’avanzata di Pirro, che accorreva in aiuto di Taranto per fronteggiare l’avanza romana. Con questo asse viario si poteva raggiungere senza difficoltà Manduria, Nardò, Alezio, Ugento, Vereto (dal quale partiva anche una diramazione diretta al porto di Leuca), per poi risalire verso Vaste e infine giungere a Otranto, in prossimità del quale, nel comune di Uggiano la Chiesa, è possibile ancora ammirare (probabilmente) parte del tracciato finale della Sallentina. Qui, alcuni basoli del suolo di calpestio sono stati probabilmente riutilizzati inseguito per l’erezione di muri a secco, ancora oggi visibili.
Un riferimento al tracciato, comprensivo anche di distanze e identificazione delle varie tappe, si ritrova nella tabula peutingeriana. I romani, dopo aver sconfitto i messapi, potrebbero aver fatto proprie le precedenti vie di comunicazione sovrapponendovi la loro viabilità.
Questi circuiti principali erano probabilmente affiancati da arterie minori che si ramificavano nell’entroterra. La costruzione di numerose strade di collegamento tra villaggi e centri, realizzate anche in periodi successivi, ha contribuito ad alimentare la confusione sull’argomento, identificando strade di probabile origine medioevale con i ben più ricercati assi romani e messapici.
Marco Piccinni
BIBLIOGRAFIA:
Nicola Febbraro, Archeologia del Salento il territorio di Salve dai primi abitanti alla romanizzazione – Edizioni Libellula (2011)