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La battaglia del “Campo Re”

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Aggiornato il 27 Agosto 2025

Tempo di lettura: 4 minuti

Dalle ceneri di Vereto ha avuto origine l’odierna Patù. Il nome del piccolo paese deriverebbe dal greco “Pathos” o “Pathior” a memoria del martirio e la sofferenza vissuta dal popolo di questa zona in seguito all’incursione violenta dei Saraceni nel 877 che portò l’antica città Messapica alla totale rovina.
Proprio nelle campagne del piccolo paese, nella tenuta Campo Re, sotto la collina di Vereto, è avvenuta una violenta battaglia che ha visto combattere un manipolo di soldati del luogo, aiutati da truppe francesi, contro un vero e proprio esercito Saraceno, stanziatosi sul posto dopo diverse incursioni nei territori limitrofi. Una sorta di cliché che vede contrapposte nuovamente una colazione cristiana contro l’invasore musulmano.

Agli inizi del secolo scorso il Maggiullli confermava che Patù, come molti altri centri del tacco d’Italia, era oggetto di continue incursioni da parte dei Saraceni. Il re di Francia Carlo I il Calvo aveva spedito delle truppe per debellare gli invasori, stanziati apparentemente, in una località nelle vicinanze ora nota come Campo Re. Prima della battaglia decisiva, in cui vennero sconfitti i saraceni, un cavaliere di nome Geminiano o Simighiano, inviato nel campo nemico come ambasciatore, fu ucciso. Così si scatenò la battaglia, in data 24 giugno dell’877. giorno dedicato a San Giovanni Battista, quando fu recuperata la salma di Geminiano e le sue spoglie furono deposte in una tomba monumentale, o heroon, identificabile con il monumento detto le Centopietre, sito di fronte all’attuale chiesa di S. Giovanni di Patù [1].

“..dopo Re Carlo andò e pose l’assedio alla Città di Verito, ch’è vicino qualche tre miglia o quattro à Leuche nella qual città di venuta era una grandissima quantità di Saracini quali erano fugiti da le prenominate provintie & erano salvati e fatti fortissimi a Verito e là si stè Rè Carlo in campo gran tempo, il quale Rè Carlo giurò a Dio di non partire mai dal campo finchè non  l’ha in mano” [3]

“Un Re Carlo” che per decenni è stato confuso, anche dal Tasselli che descrive la battaglia con note mistiche intrise di leggende e spiritualità, con il celeberrimo Carlo Magno. Affermava, infatti, che furono innumerevoli le perdite subite dell’esercito cristiano nello scontro contro i Saraceni. I valorosi
guerrieri morti in battaglia sarebbero stati sepolti, per volere di Carlo Magno, in «monumenti di Pietra, sollevati di Terra molto honoratamente». [4]

Tasselli riferisce che la fonte di quanto scriveva era attribuibile ad un documento del 1588, ritrovato solo pochi anni fa sotto il titolo di Historia della città de Leuche allo Capo della Provintia de Terra d’Otranto allo Golfo de Capo de Lupo, ripubblicato in anastatica dalla casa editrice Edizioni dell’Iride di Tricase nel 2008.

“dimorando l’assedio in quella Città di Verito, ogni dì continuamente  Rè Carlo si faceva dare la battaglia molto aspramente, e virilmente dove tanto da l’una parte quanto da l’altra sempre, ne erano assai morti e feriti” [3]


Secondo le cronache del passato l’uccisione del cavaliere e barone Geminiano fu quindi la scintilla che innescò una violenta reazione da parte dell’esercito cristiano che, rinunciando ad ogni ulteriore tentativo di mediare con il nemico, si lanciò con grande impeto in un’estenuante battaglia che si consumò senza esclusione di colpi da ambo le parti.

Illustrazione a solo scopo dimostrativo della campagna di Campo Re, generata da Gemini AI

“non si potria dire quanto dolore hebbe Rè Carlo della morte di quello Siminiano, e così de la morte de l’altri Cavalieri, e per questa occasione Rè Carlo essendo molto adirato comandò che si ordinasse, e mettesse in punto tutto la gente del Campo, e che si partisse in quattro schiere, e che si desse la battaglia in quattro parte della Città virilmente & aspramente, e così incontinente fù fatto, e dandole battaglie come è detto ultimamente non potendo li Saracini difendersi a si aspre battaglie, incominciarono ad abbandonare le mura, & a fugire e così in breve spacio la Città fu presa, e posta tutta a fuoco e subito Rè Carlo comandò che tanto la Castello quanto la Città fusse dirupata e spianata reservato la Chiesa maggiore e incontinente fu fatto  e tutti li Saracini furono uccisi, tanto quelli che si trovarono dentro la Città, quanto l’altri che ch’erano fuggiti.” [3]


Liberatesi dai saraceni, ormai in fuga, i vincitori seppellirono, per quanto possibile, i corpi dei compagni caduti nelle immediate vicinanze dal campo di battaglia, all’interno del quale ancora oggi si rinvengono resti di alcune tombe scavate nella roccia. Intorno al monumento che ospitò Geminiano, realizzato con cento grossi massi provenienti dallo smantellamento delle mura della città di Vereto, si sviluppò quindi un esteso cimitero, con numerose sepolture, distrutte via via dalla successiva e rapida espansione urbanistica.

Alcuni resti di tombe in Campo Re. Ph Marco Piccinni, editata con Gemini AI

Geminiano, che dopo la morte si adoperò addirittura in alcuni miracoli, non rimase a lungo nel suo sepolcro, poiché i francesi ne riportarono le spoglie mortali in Patria.

“..ne erano assai morti e feriti, essendoci stati morti alcuni Cavalieri del Campo, il Rè Carlo ne hebbe grandissimo dolore, e fece lì officiare e sepelire, in monumenti di Pietra, sollevati di Terra molto onoratamente vicino alla prenominata Chiesa di san Giovanni fra li quali Cavalieri morti ci fu un dignitissimo Barone il quale hebbe nome Siminiano ch’alla sua morte fece certi miracoli presente Rè Carlo e tutti li suoi Baroni, e per questo Rè Carlo Havendo visto quelli miracoloi fè edificar una Cappella di Cento Pietre, & in quella fece sepelire quel Beato corpo con grandissima solennità, & officiare molto onoratamente come apparteneva, la qual Cappella hoggi appare chiaramente & è nominata Santo Siminiano vicino alla predetta Chiesa di S. Giovanni e dopò certo tempo passato, quel Beato corpo all’ultimo fu portato in Francia per voluntà de Rè Carlo” [3]

Luigi Tasselli ci ricorda più volte che la vittoria dell’esercito cristiano sui Saraceni sarebbe avvenuta per intercessione di San Giovanni Battista e della Madonna di Leuca. A ciò si lega l’edificazione – di fronte alla Centopietre – di una chiesa dedicata al santo Precursore di Cristo. Il legame tra i due eventi sembra essere confermato da un’epigrafe, oggi purtroppo quasi del tutto illeggibile, collocata sul portale d’ingresso della chiesa [4].

Sandra Sammali, Marco Piccinni

BIBLIOGRAFIA:
1. MAGGIULLI L., La centopietre di Patù, 1912, Matino

2. RASAFIO V.,Vereto, città Messapica nel Basso Salento, 1968, Lecce.

3. ANONIMO, Historia della città de Leuche, 2008, Edizioni dell'Iride, Tricase

4. STEFÀNO A., Leggende e pratiche religiose tradizionali nel Salento di fine Seicento:" Antichità di Leuca" di Luigi Tasselli. Palaver, 2025, 14.1.

5. ARTHUR P., Saraceni, schiavi e il Salento. In: 3° Congresso nazionale di archeologia medievale: Castello di Salerno, Complesso di Santa Sofia, Salerno, 2-5 ottobre 2003.-(Società degli Archeologi Medievisti Italiani-Congresso Nazionale di Archeologia Medievale; 3). All'insegna del giglio, 2003. p. 1000-1003.

3 Commenti

  1. Marino

    Cara signora Sammali, scrivendo dalla Svizzera e originario di Patù, il suo articolo mi è molto piacuto e vorrei sapere dove posso comperare il libro di V. Rosafio “Vereto, città Messapica nel Basso Salento”. Le mando i miei piu distinti saluti e d’anticipo mi rallegro della sua risposta.
    Bartolo Marino

  2. Salvatore

    Buongiorno
    Riguardo la datazione dello scontro di Patu delle truppe di Carlo il Calvo.
    La data esatta è 877.
    Sulla vostra pagina risulta
    Data in cui avviene anche l’assedio di Siracusa, bizantina, da parte dei musulmani.
    Spero di contribuire.
    Salvatore

    • Marco Piccinni

      Grazie Salvatore, verificheremo e corregeremo il testo.
      A presto.

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