La battaglia del “Campo Re”
La distruzione di Vereto ha dato origine all’odierna Patù. Il nome del piccolo paese, infatti, deriverebbe dal greco“Pathos” o “Pathior” e indicherebbe proprio il martirio e la sofferenza vissuta dal popolo di questa zona in seguito all’incursione violenta dei Saraceni nel 788 che portò alla distruzione dell’antica città Messapica.
Proprio nelle campagne del piccolo paese, nella tenuta Campo Re sotto la collina di Vereto, è avvenuta la piu violenta battaglia che ha visto combattere l’esercito Cristiano dei Veretini, aiutati dai francesi, e l’esercito dei Saraceni.
Correva l’anno 788, quando un esercito saraceno minacciava la quiete delle pacifiche popolazioni del Salento. I Cristiani coalizzatisi e sopraggiunto l’invocato aiuto dei Francesi, si ebbe lo scontro campale alle falde della collina, propriamente nella vasta tenuta Campo Re.
“..dopo Re Carlo andò e pose l’assedio alla Città di Verito, ch’è vicino qualche tre miglia o quattro à Leuche nella qual città di venuta era una grandissima quantità di Saracini quali erano fugiti da le prenominate provintie & erano salvati e fatti fortissimi a Verito e là si stè Rè Carlo in campo gran tempo, il quale Rè Carlo giurò a Dio di non partire mai dal campo finchè non l’ha in mano”
In principio si dovettero avere delle scaramucce con incerto esito da ambo le parti. Per addivenire ad una tregua, il capitano dei francesi Geminien, arrivato in soccorso ai Veretini, decise di entrare in campo nemico. Triste sorte, però ebbe a trovare il prescelto mediatore, poiché con quei barbari non aveva da trattare la pace, ma da ricevere la morte.
“dimorando l’assedio in quella Città di Verito, ogni dì continuamente Rè Carlo si faceva dare la battaglia molto aspramente, e virilmente dove tanto da l’una parte quanto da l’altra sempre, ne erano assai morti e feriti”
Credettero i Saraceni di aver menato scompiglio nelle file cristiane, privandole del loro capo, ma, errarono; poiché senza punto smarrirsi, i cristiani si lanciarono con tutto il loro impeto e sbaragliarono i saraceni il 24 giugno, festa di San Giovanni Battista.
“non si potria dire quanto dolore hebbe Rè Carlo della morte di quello Siminiano, e così de la morte de l’altri Cavalieri, e per questa occasione Rè Carlo essendo molto adirato comandò che si ordinasse, e mettesse in punto tutto la gente del Campo, e che si partisse in quattro schiere, e che si desse la battaglia in quattro parte della Città virilmente & aspramente, e così incontinente fù fatto, e dandole battaglie come è detto ultimamente non potendo li Saracini difendersi a si aspre battaglie, incominciarono ad abbandonare le mura, & a fugire e così in breve spacio la Città fu presa, e posta tutta a fuoco e subito Rè Carlo comandò che tanto la Castello quanto la Città fusse dirupata e spianata reservato la Chiesa maggiore e incontinente fu fatto e tutti li Saracini furono uccisi, tanto quelli che si trovarono dentro la Città, quanto l’altri che ch’erano fuggiti.”
Il popolo, liberatosi dall’invasore, umanò i morti, riservando un posto d’onore al loro capitano Géminien, nella storica Centopietre. Non rimase a lungo ivi sepolto, poiché i francesi ne riportarono le spoglie mortali in Patria. A perpetua memoria della vittoria fu eretta in onore del Santo del giorno , la Chiesa di San Giovanni Battista.
“..ne erano assai morti e feriti, essendoci stati morti alcuni Cavalieri del Campo, il Rè Carlo ne hebbe grandissimo dolore, e fece lì officiare e sepelire, in monumenti di Pietra, sollevati di Terra molto onoratamente vicino alla prenominata Chiesa di san Giovanni fra li quali Cavalieri morti ci fu un dignitissimo Barone il quale hebbe nome Siminiano ch’alla sua morte fece certi miracoli presente Rè Carlo e tutti li suoi Baroni, e per questo Rè Carlo Havendo visto quelli miracoloi fè edificar una Cappella di Cento Pietre, & in quella fece sepelire quel Beato corpo con grandissima solennità, & officiare molto onoratamente come apparteneva, la qual Cappella hoggi appare chiaramente & è nominata Santo Siminiano vicino alla predetta Chiesa di S. Giovanni e dopò certo tempo passato, quel Beato corpo all’ultimo fu portato in Francia per voluntà de Rè Carlo”
Un’altra tesi,invece, sostiene che questo territorio, anticamente, era ricco di granai, dove i nobili di Vereto erano soliti deporre le loro vettovaglie, custodite da un certo Verduro Pato. Il paese prenderebbe il nome da questo custode, e si sarebbe poi modificato in Patù in seguito all’influenza francese.
Sandra Sammali
BIBLIOGRAFIA:
V. Rosafio, Vereto, città Messapica nel Basso Salento, Lecce 1968
Historia della Città de Leuche, Edizioni dell’Iride, Tricase 2008
Cara signora Sammali, scrivendo dalla Svizzera e originario di Patù, il suo articolo mi è molto piacuto e vorrei sapere dove posso comperare il libro di V. Rosafio “Vereto, città Messapica nel Basso Salento”. Le mando i miei piu distinti saluti e d’anticipo mi rallegro della sua risposta.
Bartolo Marino