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La fabbrica degli Agostiniani a Melpignano

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a cura di Giuseppe Arnesano

Peregrinando nella storica “regione” della Grecìa Salentina, questa domenica facciamo tappa a Melpignano, che in griko si traduce in Melpignana.

Situato in periferia e attualmente distante dai noti clamori estivi, l’ex complesso degli Agostiniani domina in solitudine la spianata verdeggiante.

Le origini della fondazione monastica risalgono intorno alla metà del XVI secolo, ma nel 1638 l’architetto coriglianese Francesco Manuli rifabbrica il complesso.

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La Chiesa di Santo Stefano a Soleto: i colori del passato

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L’entroterra pianeggiante della penisola salentina custodisce, all’ombra dei secolari ulivi antropomorfi dalle lunghe e contorte radici diramanti nella fertile rossa terra, eterogenei scrigni d’arte. Nell’area dell’antica Grecìa salentina, in provincia di Lecce, gravitano numerosi paesi caratterizzati da un arcaico idioma, il griko, diretta testimonianza di quel crogiuolo linguistico che, attraverso l’humus stratigrafico ha generato quel processo di ellenizzazione avvenuto a partire dal V secolo d.C.

Tuttavia la cittadina di Soleto manifesta, oltre ai segni indelebili di un passato pre-cristiano e medioevale, durante il quale, diviene sede di un importante nucleo religioso e culturale italo-greco, il suo periodo di massimo splendore tra il XIV e XV secolo, in coincidenza della potente signoria politica voluta dalla casata dei Del Balzo-Orsini.

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I riti della Settimana Santa nel Salento

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La settimana Santa, sentita in tutta la Cristianità in quanto ricorda e celebra gli episodi degli ultimi giorni di vita terrena di Gesù, prima di essere crocifisso in attesa delle resurrezione, momento in cui festeggiamo la nostra Pasqua.

In diversa misura tutti i comuni italiani celebrano questo evento così importante per la nostra religione. Nel Salento molte di quelle che erano tipiche manifestazioni del periodo pasquale sono andate via via a sbiadirsi con il tempo. Tutti vanno di fretta, la curiosità si spegne e molte delle cose che usiamo fare sono solo frutto di abitudini trasmesse magari dai nostri nonni. Ma cos’era davvero la settimana Santa per i salentini? Riviviamola insieme riportando di pari passo una composizione di Giuseppe Pisanelli, pubblicata in Divagazioni nel 1986.

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Il silenzioso linguaggio del barocco di provincia: il Santuario del SS. Crocifisso della Pietà a Galatone

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a cura di Giuseppe Arnesano

Girovagando all’ombra di minacciose nuvole cariche di pioggia, il nostro itinerario domenicale giunge a sud del territorio neretino. Dopo aver percorso un tratto della strada provinciale 359 raggiungiamo Galatone, comune situato nella parte centro-occidentale della penisola salentina e prospiciente la costa ionica. Le origini di Galatone risalgono al periodo Neolitico, ma il primo sviluppo urbanistico e agricolo di rilievo, si deve all’età della dominazione bizantina.

I numerosi resti della cinta muraria medioevale testimoniano la fiorente attività edilizia che non ha impedito a Saraceni e Ungari ripetute occupazioni e scorrerie su buona parte del territorio.

Dal XV secolo in poi, il feudo galatonense ha vissuto l’avvicendarsi di numerose famiglie gentilizie, come i del Balzo Orsini e i Castriota.

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Pasqua e fertilità, la pietra “magica” di Calimera

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Fin dalle sue orgini l’uomo ha cercato di dare una spiegazione a quanto lo circondasse, le variazioni climatiche, la natura, gli animali, i fenomeni fisici, la vita. Data l’impossibilità di poter definire correttamente quali fossero le cause di queste fenomeni che oggi potremmo semplicemente definire come “normali”, si partorivano creature mitiche, dai poteri straordinari e che potessero muovere il mondo con la loro volontà: sorsero così numerose divinità che si fusero e si mescolarono con il tempo a vari culti, riti, popoli.

Parte di questi culti sono giunti misteriosamente fino ai giorni nostri, nonostante con l’avvento del cristianesimo tutti i luoghi e riti di culto a stampo pagano furono convertiti in credenze cristiane: ecco quindi che i menhir vengono affrescati con icone cristiane, procedura in parte cominciata dai monaci bizantini che si stabilirono nel sud Italia in seguito alla lotta iconoclasta; i riti del fuoco vennero mutati in strumenti di contorno per ben più note festività, spesso associate a figure di santi o agli strumenti del loro martirio…

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La Cuddhura, dolce Pasquale salentino

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La Cuddhura è un piatto tipico della gastronomia dell’Italia meridionale, diffuso soprattutto in Sicilia, Calabria e in Puglia, preparata e consumata con diverse modalità.

Probabilmente di orgine greca, dato che il suo nome nella lingua ellenica significherebbe corona, era in orgine un tipo di pane salato particolarmente adatto per viaggi e trasporti come quello di mendicanti e viandanti che potevano tranquillamente infilarla intorno al braccio come fosse un bracciale o riporlo intorno ad un bastone.

Con il tempo questo prodotto si è evoluto, divenendo una pietanza molto più simile ad un dolce. L’aggiunta poi di uova sode, avvolte nell’intreccio dell’impasto, lo ha trasformato in un piatto tipico pasquale.

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San Giuseppe Da Copertino

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Sono numerosi gli uomini e le donne che si sono distinti per la loro ferrea fede ed i loro prodigi nel Salento, per ricordarne alcuni possiamo citare i martiri di Otranto, i fratelli Alfo, Filadelfo e Cirino di Vaste, Suor Chiara di Seclì e Giuseppe Da Copertino. Quest’ultimo è nato in una stalletta  a Copertino da Felice Desa e Franceschina Panaca il 17 giugno 1603. La famiglia di Giuseppe non era povera, ma la troppa generosità del padre nel farsi garante di molti debiti altrui lo costrinse a fuggire con la moglie incinta, dopo aver perso casa e lavoro, da chiesa in chiesa in modo da poter trovar rifugio dai creditori. Si ritrovarono infine in una stalla povera, coi muri a secco anneriti, tetto spiovente fatto di canne e travi in legno, col pavimento in terra battuta, dove il bambino venne partorito. Oggi la stalletta presenta ancora il suo aspetto originario. Al posto dell’antica mangiatoia regna un altare, sul quale, incastonato in un tronco d’ulivo, vi è il cuore del Santo, donato ai copertinesi dagli osimani nel 1953.

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Cave di argilla nel territorio di Lucugnano

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La materia prima utilizzata per la produzione fittile di Lucugnano veniva estratta dalle numerose cave di argilla presenti nel territorio. I segni del duro lavoro svolto per molti decenni sono ancora visibili nel terreno, dove si possono individuare numerose imboccature di cavità quasi del tutto obliterate da sedimenti alluvionali e recenti crolli, dovuti anche all’azione antropica. Oltre a quelle sotterranee si individuano numerose cave all’aperto, laddove il banco di argilla affiora in superficie o al di sotto di uno strato di terra rossa (“bolo”) spesso meno di un metro. In quest’ultimo caso l’attività di estrazione era meno rischiosa, ma l’argilla estratta risultava essere in minor misura depurata e più contaminata con sabbie e detriti calcarei.

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Intervista ad Antonio Caprarica: Giuseppe Arnesano

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Intervista ad Antonio Caprarica

Elegante, come del resto nel suo stile, è stata la conversazione con Antonio Caprarica, ex direttore di Radio 1 e dei giornali Radio Rai, che da quest’anno ha oltrepassato la Manica ed è rientrato nella sua vecchia e amata Londra come corrispondete per il Tg1.

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