Tempo di lettura: 5 minutiGli occhi si aprono, la mano scorre fino a raggiungere l’orlo superiore del lunzuolo che, con un gesto rapido e preciso dettato ormai dall’abitudine, solleva fino a scoprire il corpo immediatamente aggredito dalla frescura della notte. Ci si mette in piedi per raggiungere i giacigli dei figli. Con una mano bonaria su una spalla si dà loro una leggera scrollata mentre una voce che, con la stessa imprevedibilità di un messaggio registrato che si ascolta tutti i giorni, bisbiglia: “Alzatevi, è ora”. Ci si sposta senza far rumore, quasi come a voler far finta che la giornata che stà per cominciare sia diversa da quella che l’ha preceduta o da quella che la seguirà; come se i figli potessero ancora dormire invece di spaccarsi la schiena nei campi, ancora; come se la propria moglie, incinta, non dovesse dar anche lei una mano nei lavori pesanti. Non c’è tempo per pensare, non si vedono ancora i primi raggi di sole ma è già, sempre, tardi. Ci si infila il vestito logoro, sempre sporco di terra che verrà lavato una volta al mese, forse. In una tasca un tozzo di pane. Si caricano gli arnesi da lavoro su un carretto o in spalla per poi attendere che tutta la famiglia sia pronta. Si esce insieme di casa, i primi raggi di sole fanno timidamente capolino ad est. Ci si mette in marcia tutti insieme, di nuovo, come il giorno precedente e come quello che seguirà.