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La concia delle pelli nel Salento

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A questa razza d’uomini, da noi oggidì appellati Barbari, dobbiamo il risorgimento delle lettere in Europa; pel corso di più di tre secoli nelle nostre scuole altri nomi non s’udirono; che quei d’Avicenna, d’Averone, d’Alcanzeno, ecc. A questa nazione similmente, che s’annidò nelle nostre regioni, facendovi lunga dimora, e penetrando fin’anche a queste nostre estreme contrade, molto deggiono le arti, ed il commercio […] il Marocchino, il Cardovano, il Bazano, che noi ora corrottamente diciamo Vezano, e per cui denotare gl’italiani in decorso si avvalsero delle voce Montonina, sono nomi di cuoi di animali conci, che non d’altronde ci sono venuti, che dagli Arabi, da’ quali forse ancora ci si sarà trasfusa la maniera attuale di conciarli. [1]

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Il Risorgimento del Sud

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Morti fucilati istantaneamente: 1.841; morti fucilati dopo poche ore: 7.127; feriti: 10.604; prigionieri: 6.112; sacerdoti fucilati: 54; frati fucilati: 22; case incendiate: 918; paesi incendiati: 5; famiglie perquisite: 2903; chiese saccheggiate: 12; ragazzi uccisi: 60; donne uccise: 48; individui arrestati 13.629; comuni insorti 1428. Questa è la statistica riportata sul Contemporaneo di Firenze del 14 agosto 1861, a pochi mesi dalla “liberazione” del sud dall’oppressore, e l’annessione al regno Sabaudo.

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La fiera della Madonna delle Rine

Tempo di lettura: 2 minutiUna piccola edicola votiva, alta 1.85 metri e larga 2.25. All’interno l’immagine della Madonna, tra le braccia il figlio morto. Un angelo. Poche immagini senza una firma, senza un autore. Piccola e in periferia, la cappella della Madonne delle Rine ha accolto sempre più fedeli in un culto crescente come un’iperbole. Il degrado e l’abbandono, poi un restauro, nel 1993 a cura dell’associazione “Cultura e Salento”. Il ritorno di un culto affievolito ma mai perso del tutto. Il ripristino di una antica fiera.

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San Giovanni Piscopio a Cutrofiano

Tempo di lettura: 3 minutiAl centro della penisola salentina, lungo le direttrici per raggiungere Otranto, Gallipoli e Santa Maria di Leuca, sorgevano un tempo alcuni piccoli casali di cui oggi rimangono poche tracce: Francavilla, Petrore, Badia e Piscopio.

Attraversati da frotte di pellegrini diretti verso de finibus terrae e in prossimità di numerosi centri importanti come Galatina, Supersano, Ruffano e Scorrano, questi territori hanno restituito numerose testimonianze della presenza antropica fin da tempi remoti. Ne sanno qualcosa i contadini che qui possiedono dei terreni e che si sono dimostrati, inconsapevolmente, “archeologi in trattore”. Proprio l’utilizzo di mezzi agricoli pesanti, durante la realizzazione di alcune centinaia di buche per la piantumazione di alberi di ulivo, ha riportato alla luce i resti di alcune sepolture di epoche differenti.

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Gallipoli, se la cultura trascina il turismo

Tempo di lettura: 2 minutiLa ruggente estate di Gallipoli scolora nei colori autunnali. La città è ancora colma di turisti. Quest’anno c’è stato il boom di presenze, la città ha retto a stento. Siccome, per sommo masochismo, occorre sempre rovinare qualcosa che funziona, verso la fine della stagione qualcuno ha pensato bene di accoppiare l’alcol alla violenza e così di vietare la movida che richiamava, trend che fu anche dell’estate 2012, migliaia di ragazzi da tutto il Salento. Magari l’input sarà venuto da qualche bacchettone sofferente d’insonnia.

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I “pezzetti de cavaddrhu” (pezzetti di cavallo)

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Un piatto che non può mancare sulle tavole salentine, nelle sagre, nelle trattorie o nei self-service. I pezzetti di carne di cavallo.

Pronunciare l’intero nome è in realtà superfluo, basta fermasi alla parola pezzetti per capire perfettamente di cosa si stà parlando. Un piatto il cui rifiuto è equiparato ad una bestemmia dal salentino doc, anche se probabilmente non autoctono di terra d’Otranto ma proveniente da molto lontano, dalla cultura romanì.

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La colonna de “Santu Linardu”

Tempo di lettura: < 1 minutoSituata nell’omonimo largo, nel rione di Tutino, dove fino alla fine dell’800 sorgeva una cappella dedicata a San Leonardo, la colonna di “Santu Linardu” è ciò che resta di un menhir, barbaramente vilipeso da cercatori di tesori e scontri di auto, fino a che non è divenuto una originale e “antichissima” isola spartitraffico.

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Pozzo Seccato, la masseria fortificata dei Messapi

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Un gran muro di fortificazione largo all’incirca 4 metri, con un ripieno di pietre a secco e “foderato” da grandi blocchi di calcare squadrati; un edificio residenziale con una sala per il ricevimento degli ospiti, una cucina, una dispensa; piccole officine artigianali; una grande torre di due piani dalla quale poter arrivare con lo sguardo fino al mare; un grande granaio; una strada lasticata. Sembra quasi la descrizione di una moderna masseria fortificata. Di fatto lo è, ma datata al IV secolo a.C.

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SS275: in pericolo il patrimonio archeologico e arboreo del Salento!

Tempo di lettura: 4 minutiUna grande armata sarà sempre sconfitta, un grande albero sarà sempre abbattuto” recita un noto proverbio cinese. Una valutazione decisamente al passo con i tempi, che risuona quasi come un epitaffio per le centinaia di alberi già estirpati dalla rossa terra del Salento nella quale hanno vissuto per secoli per lasciare il passo a tonnellate di asfalto, di catrame, un’unica e monotona pennellata di nero in sostituzione dell’eterno e irrefrenabile impulso alla vita.

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