“Caleidoscopio”, se la poesia è nelle piccole cose
Dagli interstizi della quotidianità spuntano versi poetici insospettati, d’inattesa bellezza, intimisti, crepuscolari. Lo smarrimento leopardiano di fronte al mistero, il turbamento esistenziale dell’uomo dinanzi al cosmo, detta versi lievi come le ali d’una farfalla, delicati, puri, intrisi di sentimento, sinceri come il sorriso di una madre, il pianto di un bambino.
“Caleidoscopio”, di Rosaria Rita Pasca, Poggiardo 2013, Tipografia Zages, pp. 158, s.i.p., è racchiuso tutto qui. Nella rievocazione di un mondo di incanti e di stupori infantili dell’eterno bambino che è in noi, che osserva gli uomini e l’Universo con un candore capace di afferrare ciò che, confusi dalla modernità non riusciamo più a vedere.
Bell’esordio nella poesia di una dottoressa (è laureata in Farmacia a Perugia, dopo il Liceo “Capece” a Maglie, ma è nata a Muro Leccese) prestata alle Lettere. Negli anni ha accumulato i versi in un cassetto (“Seppellii infanzia nel cassetto…”). Quando ha cominciato a traboccare, ha deciso di mandarli un po’ in giro per vederne la reazione, suscitando l’interesse del suo “cerchio magico”, che poi svela nei credits: Giuseppe Greco per la cover, Francesco Rausa, Paolo Rausa (regista che la dirige in teatro), Gianni Pellizzari, Giuseppe Casto, Albarosa Macrì Tronci, Antonio Pagliara.
E’ il background della pubblicazione, che propone 150 liriche (la selezione non deve essere stata facile). Che si leggono d’un fiato, come un sorso d’acqua fresca, d’aria pura capace di rigenerare lo spirito nella bufera d’una modernità straniante, volgare, spersonalizzante, destrutturata nel sentimento e nella percezione del reale.
Le poesie sono luminose, piene di luce e di energia. Anche quando affronta temi delicati, quando scende nel sottosuolo, nelle viscere dell’uomo e del tempo, la Pasca lo fa pudicamente, in punta di piedi, a bassa voce, tanto da farlo scivolare fra le pieghe dell’esistenza, dietro le quinte del teatro della vita.
La silloge si divide in sei sezioni tematiche: l’infanzia, la solitudine, il silenzio, l’amore, il dolore, la fede. Che trasfigurano i momenti della vita di ogni essere umano che s’inoltra nella sua avventura. I versi della Pasca sono rapidi, e sapidi, come pennellate: colgono un’emozione, uno stato d’animo, un’astrazione e passano oltre, per fermarsi dove “il pensiero è puro / come gocce dell’ultima pioggia, / cadono sottili desideri / come avanzi di sogni”, in un gioco leggero di echi e illuminazioni, di preghiere silenziose: “Donami l’incanto lunare / perché il silenzio argenteo / mi trasfiguri” e di silenzi metafisici: “E’ l’ora che il silenzio / s’impadronisce di tutto… / è la voce inespressa / dell’assenza di sillabe / di voci di fonemi”.
La pace dell’anima che tutti cerchiamo per sopire il dolore dell’essere al mondo.
Francesco Greco