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Quelle “canzoni mai cantate” di Cosimo Russo

Jhon Keats è morto a 26 anni, Jules Laforgue ne aveva 27, Von Kleist 34, Leopardi 39. Con la sua musica immortale, Mozart deliziava il pubblico a 6 anni, quando forse non aveva mai visto un pentagramma. Messi e Maradona, nei vicoli del barrio in Argentina, erano campioni già da bambini.

Premessa utile per affermare che l’artista, nel nostro caso il poeta, lo è già “in nuce”, quando ancora è nel bozzolo del suo paese (“Una città nuda”) e si svela appena è in grado di comunicare all’universo la magia della sua arte.

E più cresce e si appropria dei suoi strumenti, più dona sé stesso, la sua sensibilità e i suoi sentimenti, la percezione del reale e le sue “visioni” al mondo, agli altri uomini, consegnandosi alla memoria e al tempo “naufrago”.

Non sfugge a una regola sottintesa Cosimo Russo (1972-2017) di cui, grazie al prezioso lavoro di ricognizione (non facile: il poeta scriveva su fogli volanti, vecchi quaderni, agende) della madre, Luigina Paradiso, esce la terza opera postuma: “Su canzoni mai cantate”, Poesie scelte (1994-2017), pp. 322, € 25, per l’ottima curatela di Annalucia Cudazzo, con interventi di Massimo Bray (già Ministro della Cultura), della stessa Cudazzo (laurea in Filologia moderna, “professionista accreditata” dalla Fondazione Italia-USA, cultrice di materia all’Università del Salento, dottoranda a Messina) e Michela Biasco, la prima a “scoprire” il poeta e a dedicargli le tesi di laurea (triennale e specialistica).

Il volume è stato presentato a Gagliano, Casa Ciardo, con l’intervento di Antonio Caprarica, e a Lucugnano, Casa Comi) e propone una selezione degli scritti giovanili (intorno ai 21 anni) e liriche apparse nelle opere precedenti: “Per poco tempo” (2017) e “Ancora una volta” (2019, entrambi Manni, Lecce).

Una sorta di “antologia” (in attesa di altri materiali), un corpus sintesi del suo magmatico universo interiore, l’impronta originale che si snoda su più livelli intrecciandoli e contaminandoli: l’intimismo, l’esistenzialismo, gli affetti più prossimi (la famiglia, gli amici, la gente), gli incanti del paesaggio (“Amo Neruda e Lorca / perché amano la natura”).

Il mood quindi è innato, si tratta solo di affinarlo. Cosimo “Mimmo” cresce fra i libri, la madre infatti lavora alla biblioteca comunale e sa bene l’importanza delle letture di formazione, che chiameremmo extracurriculari (Russo si laurea in Economia e Commercio, Università del Salento, 2001), i grandi poeti, gli scrittori possenti, i filosofi pregni, tra classicità e contemporaneità. Insomma, le letture decisive che emozionano, che restano nella mente e nel cuore (“Amo i Maledetti / perché sono nella mia / Natura”).

Versi in cui riecheggia l’infanzia (“non buttate l’angelo / di cartone / che mi regalò mia madre”), ma lontani dal “profondo fatalismo” che a tratti invece si insinua in altri poeti dell’altro secolo (Bodini-Comi-Pagano), anzi, in Russo splende viva la luce della speranza, la sua fiducia nell’uomo e nell’umanità, sorretti dalla forza maieutica della poesia.

Russo è dunque ben dentro quella “linea meridionale” tracciata dalla critica, ma è figlio del suo tempo tecnologico e scientifico, pur osservato da “case infuse di bianco”, “nella polvere di paese” in riva al Mediterraneo.

Un poeta “in progress”, dunque, un cantiere aperto, in continuo divenire, tutto da scoprire e il lavoro sarà lungo. Ci vorrà tempo e passione, in loco ed extra moenia, con le armi della filologia, dell’ermeneutica, come della semantica e la filosofia (“e se tutto fosse / morte? / e noi fossimo uomini / morti? / e la morte fosse / vita?”). Le password infinite, come i link fra i suoi mondi interiori, i significati significanti di uno smarrimento quasi leopardiano (“prossimo come sei alla nera notte”).

E’ una miniera in cui è bello addentrarsi pudicamente, un’officina in disordine dove curiosare, un campo dove avventurarti e dove puoi incontrare i fiori più belli, quelli che non ti aspetti. Le sue scoperte, e i suoi stupori, sono anche i nostri, di contemporanei che attraversiamo il suo tempo: un dialogo vivo e palpitante con i suoi versi.

Francesco Greco


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