La riserva naturale di Torre Colimena
Riserva naturale regionale orientata del litorale tarantino orientale. È questo il suo nome completo, anche se tutti la conoscono semplicemente come la riserva di Torre Colimena. Istituita negli anno 2000, ma inserita nell’elenco delle aree protette italiane solo nel 2010, si estende su una superficie di oltre 1000 ettari coinvolgendo diverse oasi e aree di particolare interesse come i boschi Cuturi e Rosa, la foce del Chidro, le saline dei Monaci, le dune di Torre Colimena, la palude e le dune del Conte.
Un insieme di ambiente in simbiosi nella sua eterogeneità che si estendono dalla costa fin dentro l’entroterra. Facilmente accessibile al pubblico ma altrettanto protetto e riservato, tale da costituire anche un luogo di ritrovo per decine di specie di uccelli migratori, tra cui fenicotteri rosa, germani reali, storni, aironi rossi e bianchi, gru, cigni, oche selvatiche, avvoltoi, picchi, capinere, martin pescatori e molti altri. Una ricchezza inestimabile da integrare alla fauna avicola locale che comprende diversi rapaci notturni e diurni e che rende di fatto questo luogo meta obbligatoria degli appassionati di birdwatching. La sola presenza dei fenicotteri rosa richiama, come una calamita, migliaia di curiosi delle nostre latitudini ogni anno, desiderosi di vedere un uccello solitamente abituati ad osservare in primo piano solo nei documentari tv. Non da meno sono le specie di rettili, diverse tipologie di serpenti come colubri leopardini, biacchi, cervoni, biscie dal collare, vipere di Laemann e tartarughe, che convivono con numerosi mammiferi, tra cui scoiattoli, istrici, ricci, lepri, tassi, faine, volpi e gatti selvatici.
Una biodiversità animale straordinaria, che trova protezione e riparo tra gli arbusti della macchia mediterranea, qui ricca di salicornieti e speci arbustive basse, come la ginestra spinosa, cisto, lentisco e mirto.
La salina dei Monaci è in funzione almeno dal 1731. Realizzata all’interno di una depressione naturale situata alle spalle delle dune costiere e comunicante con il mare attraverso una canale scavato nella sabbia e fortificato da diverse file di mattoni. Con le alte maree l’acqua marina defluisce attraverso il canale fin dentro l’ampia depressione, che rimane così isolata e ricca di materia prima in occasione della successiva bassa marea. A questo punto, evaporata l’enorme massa d’acqua, è sufficiente raccogliere il prezioso minerale depositato sul fondo. Un’attività, quella del produzione del sale, da sempre sotto il rigido controllo del monopolio statale, in quanto un cristallo importantissimo resosi indispensabile per la conservazione degli alimenti e che in passato è stato addirittura scambiato a peso d’oro.
Ai margini della salina una piccolo casolare e i resti di una torre. La seconda assolveva a funzioni di guardia del piccolo magazzino ormai diruto in cui si stipava il sale raccolto. Intorno agli anni 50 del secolo scorso, la zona paludosa è stata soggetta ad una bonifica parziale per prevenire il rischio di contagio della malaria ma, l’assenza di un piano di protezione adeguato, ha dato il via libera una ventina di anni più tardi ad un incontrollato abusivismo edilizio a sfondo turistico che ha portato alla scomparsa di numerose dune oltre che ad un danno incalcolabile per l’ambiente.
Oggi i turisti si affacciano alla staccionata che fiancheggia il piccolo pontile che separa la salina dalla spiaggia, con il dito indice e gli sguardi puntati in direzione dei ruderi di quel piccolo magazzino di sale dove si appartano fenicotteri ed aironi, per nulla infastiditi dalla presenza umana, e che donano un pizzico di rosa in più ad un ambiente decisamente meraviglioso.
Marco Piccinni