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L’arco Lucchetti

Racconta una storia come e meglio di un libro. Un po’ difficile da sfogliare forse, o da mettere sul comodino come lettura della buona notte… ma resta pur sempre un racconto. E’ l’arco Lucchetti, di Corigliano d’Otranto.

Incastonato nella storica cornice della Grecìa Salentina, la storia che quest’arco custodisce è stata scritta nel 1497. Da allora è rimasta lì, a vigilare sul cortile della dimora dell’antica famiglia Lucchetta che qui dimorava, quasi come a voler sigillare un messaggio di amore eterno, di conforto, un monito per le generazioni che si sarebbero susseguite nel tempo, un consiglio da seguire per non perdere di vista quelli che sono i veri valori della vita.

Quella dell’arco però si palesa come una lettura difficile, resa ancora più incerta dalla corruzione della pietra che ha sbiadito l’inchiostro di alcune pagine.

Un ramo spinoso sul piedritto destro e una figura mostruosa, forse marina, sembra attendere lì, alla base del piedritto sinistro, ulteriormente decorato con foglie d’acanto e vari monili disposti su tre fasce compositive che si ripropongono anche sull’architrave. Su quest’ultima eleganti rifiniture a quadratini leggermente scanalati, interrotti da una dedica dal retrogusto di una supplica: HODE DELAUDU DONA GRACIA IN CASA DECOLA ROBI (Oh Dio dall’alto dona grazie in casa di Cola Robi), seguita da una figura alata e armata di spada e una serie di angeli che trasportano delle persone all’interno di lenzuola.

Una coppia di amanti sorregge una stella ad otto punte dalle dimensioni spropositate, la loro buona sorte, mentre stà loro vicino una cane con in bocca una fede, una splendida metafora della fedeltà e complicità del matrimonio. La stella racchiude alcuni elementi zoomorfi che riportano alla mente le favole di Esopo e di Fedro sui precetti morali da seguire per una vita felice. Favole sulle quali si fondano gli insegnamenti della cultura popolare di ogni dove, con protagonisti animali che si atteggiano a uomini ma che in realtà rappresentano le peculiarità dell’uomo revisionate con argute allegorie.

La luce della buona stella sembra non essere sufficiente a debellare ogni ombra: il male che si insinua furtivo nelle sembianze di un drago, tenuto al guinzaglio da una figura coronata, viene magistralmente tenuto a bada da San Michele, in groppa al suo cavallo, coadiuvato dalle invocazioni di due figure oranti.

Spostandosi verso destra gli uccelli conquistano la scena: due che intrecciano i loro lunghi colli, altri posati sui rami di una pianta che origina da una brocca, altri che si dissetano da una stessa anfora e ancora una gallina, con un anello in bocca. La simbologia è differente, il messaggio resta lo stesso: l’uomo e la donna sono chiamati a costruire la propria vita, insieme, a reggerne il peso, insieme, e fondarla su alcuni precetti non opinabili ma, sempre, sotto la luce di una buona stella.

Un solo arco, due culture, una latina e l’altra orientale, che si abbracciano in un racconto delicato, intenso, radicatosi tra canti griki e culture provenienti dal mare.

Marco Piccinni


Un commento su “L’arco Lucchetti

  1. francesco lopez y royo ha detto:

    credo che sia l’inizio dei tanti mostri maschere ecc. di pietra che vengono rappresentati,un secolo dopo circa, nel nostro Barocco dove ogni cosa ha un suo specifico racconto.

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