Aggiornato il 19 Agosto 2025
Tempo di lettura: 5 minutiUn uomo poliedrico, umile, caparbio al punto giusto da arrivare presso le scrivanie dei potenti delle Terra per una tazza di the, a stipulare accordi, a fare da paciere tra territori in subbuglio nonché, e non per ultimo, curare gli interessi del Salento, il suo collegio elettorale: parliamo dello statista Giuseppe Codacci-Pisanelli.
Fu il primo rettore dell’Università del Salento, all’epoca ancora Università degli studi di Lecce, fondata nel 1955, con riconoscimento legale quattro anni più tardi e successiva statalizzazione al termine dell’anno accademico 1967-1968 parimenti all’istituzione della terza facoltà in Scienze matematiche, fisiche e naturali. Una facoltà che prometteva già di far scintille in tempi ancora poco sospetti, ma che rischiava in principio di cadere inesorabilmente sotto il controllo di Bari.
Per ottenere un grande risultato, era necessario però un grande progetto. ambizioso al punto giusto da consentire alla neo-costituita facoltà di camminare fin da subito con le proprie gambe, a testa alta, nel tumulto avanguardista della rivoluzione scientifica che dal secondo dopoguerra stava progressivamente rivoluzionando ogni settore dello scibile umano. E quale progetto poteva essere più ambizioso di un superciclosincrotrone?

I professori del dipartimento scientifico dell’Università di Lecce proposero di realizzarne uno con l’ausilio della Cassa del Mezzogiorno, del Governo e della nuova Comunità Europea. Un grande anello di quattro chilometri di diametro nei pressi di Nardò. Sarebbe stato unico al mondo! Un grande acceleratore e collisore di particelle proprio qui, nel Salento.
Una sortita di quelle per le quali gli americani, con Elon Musk in testa, ci hanno ormai abituato da anni e che fanno scalpore solo per quelle poche migliaia di condivisioni sui social fino a ché, una nuova dichiarazione, ancora più altisonante della precedente, si prende le luci della ribalta per i consueti quindici minuti di fama di warholiana memoria.
Ma quindi…dov’è il nostro acceleratore di particelle? Ce lo racconta Emanuele Codacci-Pisanelli, nel libro biografia dedicato al padre, Ahimè parlo il francese, manni editore.
Nella seduta del 31 gennaio 1967 a Montecitorio papà fece un intervento memorabile perché la Libera Università divenisse Università Statale, in favore della nuova facoltà di Fisica, ed anche il protosincrotrone di Nardò entrò nella Camera dei Deputati.
Quell’anello venne da lui tracciato in Parlamento ed è riportato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. L’idea era grandiosa ed al Magnifico Rettore le sfide non dispiacevano.
Aveva fatto parte della Commissione internazionale per il tunnel del Monte Bianco, appena completato con grande eco internazionale, e che gli era valsa la Legion d’Onore insignita dal generale De Gaulle.
Considerava a tutti gli effetti l’acceleratore di particelle un ottimo progetto internazionale, assolutamente praticabile, condivisibile a livello europeo e che avrebbe portato circa 10.000 posti di lavoro di grandissimo livello scientifico e qualità; sicuramente sarebbe stato di notevole aiuto per lo sviluppo della provincia e non come mera trasformazione di lavoratori da contadini ad operai, con un aumento di benessere limitato, ciò che invece sarebbe accaduto, egli stimava, con il polo siderurgico.
E poi, quando si trattava di sfide non si era mai tirato indietro. Come non ricordare che anni prima alla Camera si era battuto per il Salento Regione? Del resto dell’idea del superciclosincrotrone italiano ne aveva discusso anche con Carlo Rubbia, poi Nobel per la Fisica.
A quella seduta in Parlamento in cui parlò dell’anello di Nardò non era certo arrivato impreparato!
In quel periodo papà era molto impegnato e, quale avvocato e professore di diritto, spesso il partito gli chiedeva di presentare alla Camera leggi scomode o difendere in Commissione inquirente colleghi deferiti. Tuttavia per il progresso del Salento si spendeva appena poteva.
Per dare corso al progetto dell’anello occorreva aprire al traffico civile l’aeroporto di Galatina al fine di avere una infrastruttura in grado di accogliere scienziati provenienti da tutta Europa. Questo era il primo risultato da ottenere e quando nei primi anni Settanta avvenne anche il successivo riconoscimento internazionale dello scalo ne fu entusiasta: Lecce, anzi Nardò, poteva essere facilmente raggiuntada qualsiasi parte del mondo.
Cultura, scienza e turismo, mai acciaio e cemento, rappresentavano per lui il domani del Salento.
Il tracciato dell’acceleratore di particelle fu così disegnato in terra ed avvenne rapidamente anche l’esproprio dell’anello di ben quattro chilometri di diametro, come previsto. Era unico al mondo!
Però, non venne mai realizzato. Il grande professor Rubbia, con forte dispiacere del Magnifico, dalla sua Trieste appoggiò il nuovo ciclosincrotrone – non super e di soli due chilometri di diametro – realizzato dal CERN in Svizzera e che avrebbe iniziato a funzionare nella seconda metà degli anni Settanta.
Il professor Maschio, coautore di un importante testo di meccanica, anch’egli di Trieste, rimase invece a Lecce, con altra cattedra alla Sapienza di Roma.
Ben lo ricordo quando, nel novembre 1975, forse ancora pensando a Nardò, mi chiese di introdurgli i moti alla Poinsot e l’accelerazione di Coriolis sulle particelle nei sistemi non inerziali.
Il mio esame di Meccanica razionale finì li e mi ripresentai dopo tre mesi.
E dell’anello ormai espropriato, per cui ho anche pagato dazio, che ne fu?
Con il benestare delle autorità, nell’interesse della sperimentazione di veicoli italiani, venne ceduto ad una azienda automobilistica, non sospettando che quella potesse venderlo per denaro. Era stato infatti espropriato per pubblico interesse, non acquistato sul mercato, e l’ipotesi che un giorno fosse venduto a terzi non era assolutamente prevista.
Recentemente è stato invece ceduto a peso d’oro ad una società tedesca dal manager di Chieti con il pullover blu che ha anche trasferito la sede della società all’estero.
Certo sorprende la indifferenza con cui si è svolta tutta l’operazione, forse perché pochi sanno come nacque l’anello e come l’azienda ne entrò in possesso.
Unica consolazione è che quella è ora la più importante pista del mondo per il collaudo delle auto e vi corrono i veicoli elettrici che saranno il nostro futuro. Speriamo che vi sia anche un indotto degno di nota. Certo è che già da ora l’anello del Salento è citato anche nelle riviste d’auto giapponesi.
E dell’aeroporto di Galatina che ne è stato? Anche quello, un vero fallimento.
Ufficialmente venne chiuso al traffico civile perché non fu possibile acquistare il previsto sistema I.L.S. (Instrumental Landing System), necessario per l’atterraggio con ausilio strumentale. Attrezzatura il cui acquisto costituiva semplice upgrading manutentivo effettuato in tutti gli altri aeroporti civili italiani.
Ma chiudere l’aeroporto al traffico commerciale è stato sicuramente funzionale a rendere irrealizzabile il ciclosincrotrone e destinare ad altro scopo l’anello.
Certo l’aeroporto internazionale di Galatina oggi sarebbe di grande aiuto allo sviluppo turistico e commerciale della provincia e, se papà fosse vivo, forse qualcosa in Parlamento direbbe.
La cosa più importante, cioè la pista di volo, già esiste, così come l’elettronica per l’atterraggio militare.
L’integrazione dei sistemi di assistenza per gli aerei civili e una piccola aerostazione non costituirebbero una grande spesa e beneficerebbero anche dei contributi europei, ma quel che occorre davvero è la volontà politica.
L’idea espressa in aula da papà era chiaramente nell’interesse della propria terra e dei propri elettori, come fu per l’anello di Nardò che, forse con qualche copertura, ha invece finito per favorire l’interesse di privati.
Quell’anello era dello Stato, un padre lo ha, ed è tutto scritto nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.
Marco Piccinni
BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA:
Emanuele Codacci-Pisanelli, L’anello di Nardò. Il superciclosincrotrone italiano, in Ahimè parlo il frances, manni editore, 2018, pp 119-123.
Wikipedia - Università del Salento.