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Andrano

I luoghi da visitare e le tradizioni da conoscere a Andrano

VISIONI. “Pietra su pietra”, scenari 2.0 a Mezzogiorno

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ANDRANO (Le) – Tiang, Terazas, Leiming, Eretas, Tapana… Sono alcuni della koinè infinita di nomi con cui sul pianeta, dalla Cina alla Grecia, dalla Slovenia al Nepal, la Spagna e la Francia, si identificano i Terrazzamenti Paesaggistici, dal 1995 ben 15, gioielli dell’umanità protetti dall’UNESCO (le risaie di Ifugao, Filippine, un esempio). Alcune foto sono una citazione dei dannati della terra fotografati da Salgado.

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La vora di Andrano e le sue gallerie sotterranee

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La vora di Andrano, detta anche Vora Martella, registrata presso il catasto delle grotte e delle cavità artificiali di Puglia con l’identificativo PU_198, è sita lungo la direttrice che conduce all’importante complesso della Masseria del Mito sull’omonima Serra, in prossimità della cappella della Madonna dell’Artica, e accessibile esclusivamente tramite una serie di cunicoli artificiali, lunghi diverse centinaia di metri, realizzati per la canalizzazione delle acque reflue e piovane.

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Caverna in fondo Stivale nel territorio di Castiglione d’Otranto

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La periferia occidentale di Castiglione d’Otranto custodisce un tipico esempio di architettura rurale salentina, ubicato a ridosso della S.P. Montesano-Andrano.

Liame e caseddhe fanno da cornice ad un’atmosfera silente, immutata da quando la quotidianità era intrisa di lavoro, fatica e sudore, epoca in cui lo strepitio dell’attività umana giungeva anche dal sottosuolo, dal buio dei frantoi ipogei, frenetici ed instancabili produttori di “oro giallo”.

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Castiglione d’Otranto, evocato lo “Spirito del Grano” e di Strampelli

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“Lo Spirito del Grano – teorizza Isidoro Colluto figlio di braccianti agricoli sfruttati dagli agrari – tornerà nei nostri campi, indietreggiando davanti ai colpi di falce dei mietitori. Dovremo supplicare per farlo tornare. Si trova in tutte le società agricole fin dalla Preistoria, a volte in forma maschile, a volte in forma femminile (la madre del grano). Lo Spirito del Grano è la spiegazione mitica del mistero contenuto nel continuo rinnovarsi della vita: dai semi del grano vecchio (che muore) nascerà l’anno successivo il nuovo raccolto”.

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Castiglione d’Otranto, “Chi semina utopia raccoglie realtà”

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Sento cantare l’America… Massimiliano Marzo spegne il trattore verso le 12, quando mangiano i contadini. Ha finito la “trajatura”, operazione che “seppellisce” il grano seminato a impedire il saccheggio di uccelli e formiche. Ha l’aria di un eroe omerico, occhi azzurri, sguardo sicuro di chi ha domato le zolle. Siede sotto l’ulivo, gli danno un piatto di “cicureddhe” (cicorie selvatiche) e “fave nette” (purè di fave) e un bicchiere di nero. Mangi il pane fatto col lievito-madre e con amore dalle abili donne del paese e pensi ai versi immortali di Withman e Neruda: “Ricordo in un campo di grano / un papavero bruno / più serico della seta / con aroma di serpente…”.

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Castiglione d’Otranto, nella “Notte Verde” il ritorno alla terra

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Un lungo bastone, il ragazzo pesta il grano nel mortaio (stompu) di pietra viva. Una bambina, mani svelte, lavora la làvana (sfoglia) e inventa magicamente orecchiette, sagne torte (lasagne arricciate), cavaioli (minchiareddi). Gesti antichi, solenni, affollati di semantica, inaspettati all’epoca del pixel, la virtualità, la metafisica del nulla che ubriaca di solitudine e alienazione. Vito Moscatello ha visto il mondo scolorare dalla zappa che sprizza scintille sui cuti (pietre affioranti) da sole a sole al benessere con le rimesse degli emigranti e le fabbriche del Tac poi svaporate, abbandonate a se stesse da politici-spam senza visioni, aggrappati ai benefit castali come il polpo allo scoglio della Palascìa. Ha una luce di dolcezza nello sguardo quando spiega la follia della chimica nei campi aridi come deserti, il ritorno del mitico grano saraceno “Cappelli” (il nome di un senatore) che sfamò “fuochi” di 11 figli nel Novecento contadino, l’urgenza di non farsi rubare i semi indigeni ereditati da padri e avi da multinazionali che offrono kit completi e creano sudditanza e dominio economico-culturale. E vorrebbero venderci, dal placido Don alla Terra del Fuoco, gli stessi cibi insipidi le cui piante non danno seme per poter creare dipendenza da lobby planetarie.

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Da Cellino ad Andrano: Fonti storiche ed evidenze archeologiche

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“CELLINO”: FONTI STORICHE

 

Le notizie riguardo alle origini di Andrano sono scarse e non offrono molte informazioni utili alla ricostruzione dell’antica storia del paese.

Secondo la tesi di Cepolla – riportata da Arditi – Andrano sarebbe stato edificato dai Cretesi[1]. Sulla base di questa tradizione storica si è stratificata nel tempo la leggenda di uno sbarco sulle coste andranesi, a seguito di un naufragio, di un gruppo di pescatori greci che fondarono il casale di Feronzo. Questi, in una fase storica non precisata, si sarebbero trasferiti nell’entroterra, in un luogo più sicuro, fondando il casale denominato “Cellino”, dal quale avrebbe tratto origine l’odierna Andrano[2].

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Castiglione, “Festival delle Migrazioni” tra Emigranti e Africans

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Valige di cartone, pane e zucchero, cioccolata amara e camice bianche

Due sere intense dedicate alle migrazioni, topos d’ogni tempo dai Messapi agli Africans, che ridisegna paesaggi, contamina etnie, rafforza identità, irrobustisce radici. Ieri contadini, oggi laureati di 3a e 4a generazione. Simbolica la location scelta dall’Associazione culturale “Arturo Benedetti Michelangeli”: la stazione ferroviaria Sud-Est di Castiglione-Andrano (Le). Qui, a partire dagli anni ‘60, mogli e madri piangevano abbracciando mariti e figli diretti a Glarus (“Little Italy”), Ginevra, Parigi, e i bambini s’attaccavano alle gambe dei padri per trattenerli. Poi una littorina asmatica inghiottiva ragazzi magri che avevano già famiglia, valige di cartone piene di robe pulite e cose da mangiare: un po’ d’olio, qualche frisa, un bottiglione di vino (“quasi sempre si rompeva nel viaggio”), per annusare l’odore d’una terra “tumàra”, mai però considerata “matrigna”, amata anzi più nell’umida baracca affittata dal “padrone” ai muratori alla periferia di Zurigo che zappando i “cuti” dei “don”, gli avidi agrari al paese, col Piano Marshall che sviluppa il Nord e la riforma agraria che ossifica lo status quo.

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