La vora di Andrano e le sue gallerie sotterranee
La vora di Andrano, detta anche Vora Martella, registrata presso il catasto delle grotte e delle cavità artificiali di Puglia con l’identificativo PU_198, è sita lungo la direttrice che conduce all’importante complesso della Masseria del Mito sull’omonima Serra, in prossimità della cappella della Madonna dell’Artica, e accessibile esclusivamente tramite una serie di cunicoli artificiali, lunghi diverse centinaia di metri, realizzati per la canalizzazione delle acque reflue e piovane.
Della vora il De Giorgi ci da una descrizione sommaria nel suo Descrizione fisica, geologica e idrografica della provincia di Lecce, a sua volta inserita in una descrizione più generica del territorio di Andrano e quello della sua frazione:
Il paese giace sull’altipiano della serra orografica adriatica ed ha un territorio di 1546 ettari che comprende quello della frazione di Castiglione. Giace sopra un calcare sabbioso bianco a grana fine, detto carparo bianco che rassomiglia ad una varietà della pietra leccese. La zona acquifera dei pozzi nell’abitato oscilla dai 12 ai 18 metri e dà acque discretamente potabili. Fuori dal paese sulla via del Mito, si vede una voragine naturale (vora) che assorbe e disperde le acque di questa parte dell’altipiano. [1]
Nessuna citazione degli alti cunicoli che lambiscono la vora e che fendono il sottosuolo di Andrano in più direzioni, una delle quali, la principale, collega la cappella della Madonna dell’Artica con il centro storico per poi spingersi oltre. In prossimità del castello il cunicolo intercetta, sezionandoli, una serie di silos anch’essi scavati nella roccia, e dai quali sembra essere partito lo scavo originale delle condotte per avvantaggiarsi sul lavoro di cavatura del sottosuolo. Le pareti dei silos risultano particolarmente levigate e solo in prossimità della componente basale rivelano la presenza di segni di picconi o di altri strumenti tali da lasciar supporre quanto riferito poc’anzi.
In passato il comune di Andrano era famoso per la qualità e la quantità dei cereali prodotti, tanto che in una relazione del 1550 si legge “In Andrano tutti i prodotti agricoli abbondano e son di qualità […] il contadino non tiene di bisogno d’andare altrove a smaltire i frutti della sua contrada poiché essendone di tutta perfezione, la gente va in Andrano a comprare e il grano e l’orzo e le fave e li ciceri, come pure li barili di vino mosto, gli stari di oglio, anche se la merce si paga qualche carlino di più di quello che vendono i convicini”. [2]
Questa attività fu resa particolarmente redditizia dalla presenza di numerose falde acquifere sotterranee che garantivano il sufficiente apporto idrico alle coltivazioni oltre che dall’istituzione di una fiera nello spazio denominato “Lo Trice” in prossimità della cappella dedicata a Santa Maria Maddalena in territorio di Castiglione:
“si svolgeva ogni 22 luglio (il giorno in cui la chiesa Cattolica venera la Santa) dal lontano 1752, su istituzione del sovrano Carlo di Borbone (re del Regno di Napoli e poi di Spagna), una solenne fiera che richiamava visitatori da molti paesi e nella quale si contrattava per la definizione del prezzo dei cereali. Questa era particolarmente importante in passato, in quanto l’Universitas di Castiglione nominava un civile per rivestire la carica del Magister Nundinarum, ossia il Maestro del Mercato, la cui giurisdizione si estendeva sia su atti giuridici che religiosi della vita dei suoi concittadini. L’elezione del Magister sospendeva l’attività giuridica del Governatore locale fino alla durata della carica.” [3]
La concessione dello straordinario evento è ancora impresso a imperitura memoria su una lapide in pietra sull’architrave della cappella della Maddalena e che recita:
“A Dio Ottimo Massimo. Carlo di Borbone, re delle due Sicilie e di Gerusalemme, concesse il privilegio della fiera alla cittadinanza di castiglione per il giorno 22 del mese di Luglio in perpetuo, con la possibilità di eleggere il Maestro della fiera. E da allora per la memoria dei posteri è stato collocato questo marmo nel 1752, anno in cui questo privilegio è stato concesso.” [4]
La conservazione dei cereali era possibile grazie alla costruzione di silos o fogge, il cui utilizzo secondo tradizioni orali, è accertato nel Salento fino alla prima metà del novecento. Di dimensioni variabili sia in larghezza che in profondità (quest’ultime potevano arrivare anche fino a 4 metri) questi granai venivano realizzati scavando una fossa direttamente nel banco roccioso, levigato all’occorrenza e rivestito di paglia al fine da evitare il contatto diretto dell’alimento con la pietra per proteggerlo dall’umidità. Una volta terminate e riempite venivano sigillate con un impasto a base di cenere e sterco. La scarsa presenza di ossigeno all’interno del granaio avrebbe limitato l’azione dei batteri aerobi presenti sulla superficie dei cereali che con la loro usuale attività metabolica innescano una serie di reazioni tali da indurre l’alimento ad un rapido deterioramento. Queste reazioni, di natura esotermica, inducono un graduale incremento della temperatura (fenomeno tipico degli accumoli di cereali) in alcune zone definite punti caldi tali da raggiungere, secondo alcuni studi condotti da una serie di Università canadesi, livelli prossimi agli 80°C. [5]
Il viaggio di Cosimo de Giorgi nella Provincia di Lecce (comprendente all’epoca anche le attuali provincie di Brindisi e Taranto) era finalizzato alla realizzazione di una “Carta Geologica e Idrologica” oltre che all’istallazione e sviluppo di alcuni Osservatori Metereologici (25 in totale in tutta la provincia) per lo studio dei cambiamenti climatici. L’importazione a minor costo di cereali dal nuovo continente nei primi decenni successivi all’unità d’Italia, la continua ricerca d’acqua, la presenza di numerose zone paludose (fonte di numerose malattie tra cui la Malaria) che sottraevano terreno potenzialmente fertile all’agricoltura, e le condizioni meteo spesso avverse, rappresentavano delle piaghe da combattere per risollevare la situazione economica del mezzogiorno. Le ricerche del De Giorgi avrebbero permesso di identificare le aree adatte al rimboschimento e avviare una serie di operazioni di bonifica.
Vennero identificate ben 140.648 kmq di terre inutilizzate che sollecitavano l’urgenza di essere risanate definitivamente e in maniera pianificata. Fu il problema più preoccupante della Terra d’Otranto post unitaria, problema che si potrasse fino al primo dopoguerra. [6]
Gaetano Brunetti, presidente della provincia, si battè da deputato nel Parlamento per raggiungere questo obiettivo adducendo motivi di salute pubblica e di interesse dei Comuni ad avere più terre coltivabili, la camera nel 1882 varò la legge Baccarini, con l’aggiunta di un’altra più esplicativa tre anni dopo. Erano contemplati terreni paludosi di prima classe e quindi urgenti, forieri di malaria per cui si distribuiva il “chinino” come medicamento preventivo, e paludi di secondo ordine. Non era raro che a intervenire nelle bonifiche fossero anche dei cittadini privati, interessati a ricavare terreni coltivabili. [6]
Le attività di bonifica spesso necessitavano pozzi profondi anche diverse decine di metri, scavati a mano alla bisogna, al fine di svolgere un’azione drenante delle acque in superficie e disperderle nel sottosuolo. Non è da escludere che la realizzazione delle condotte ipogee di Andrano siano da attribuirsi a questo periodo storico.
Marco Piccinni
BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA:
[1] Cosimo De Giorgi – Descrizione fisica, geologica e idrografica della provincia di Lecce, a cura di Angelo Vignola – Centro di studi Salentini, Lecce (1960)
[2 ] http://www.comune.andrano.le.it/territorio/stemma
[3] Il culto di Santa Maria Maddalena a Castiglione di Andrano
[4] Filippo G. Cerfeda, Salvatore Coppola, Luigi Moscatello – Andrano e Castiglione d’Otranto nella storia del sud Salento – (2004) – Pubbligraf
[5] Giorgio Demontis Luciano Cadoni, Vincenzo Granata, Fabio Sassu, Sandro Savarese – L’autocombustione negli stoccaggi di cereali. (consultabile online a questo link)
[6] Luigi Carducci – Storia del Salento, Volume secondo, Mario Congedo Editore (2006)