Caverna in fondo Stivale nel territorio di Castiglione d’Otranto
La periferia occidentale di Castiglione d’Otranto custodisce un tipico esempio di architettura rurale salentina, ubicato a ridosso della S.P. Montesano-Andrano.
Liame e caseddhe fanno da cornice ad un’atmosfera silente, immutata da quando la quotidianità era intrisa di lavoro, fatica e sudore, epoca in cui lo strepitio dell’attività umana giungeva anche dal sottosuolo, dal buio dei frantoi ipogei, frenetici ed instancabili produttori di “oro giallo”.
Contrada di confine tra le vaste distese di terra rossa e le prime case del paese, in cui il Profano si intreccia con il Sacro. Una cripta, intitolata allo Spirito Santo, e una cappella dedicata alla santa penitente per eccellenza – Maria Maddalena – rappresentavano i luoghi deputati alla cura delle anime. Sul lato opposto, lungo un importante incrocio di strade, si svolgeva e si svolge tuttora una delle più rinomate e antiche fiere del Salento, di origine medievale ma rivitalizzata da Carlo III di Borbone. La data certa della sua istituzione si ricava dalla lastra lapidea collocata sull’architrave della chiesa: 1752. Dalla stessa epigrafe si trae anche il nome di colui che “ha concesso il privilegio della fiera alla cittadinanza di Castiglione”, ossia Carlo III di Borbone, “re delle due Sicilie e di Gerusalemme”.
La località, nota con i toponimi Trice, Casaranello (o le Pozze), si caratterizzava per la presenza di cavità che affiorano ormai solo da ricordi orali e da memorie destinate a sbiadirsi nel tempo.
Molte di queste “architetture passive” sono state frequentate da pastori-contadini in età moderna e utilizzate con le stesse funzioni delle costruzioni in pietra a secco, rese più “confortevoli” grazie a rifacimenti strutturali quali la costruzione di sedili, muri divisori tra i diversi ambienti della cavità, piccole nicchie, ecc. Sempre all’opera di popolazioni agricolo-pastorali è da attribuire l’incisione sulle pareti di croci, attraverso le quali i “poveri abitanti” delle caverne cercavano protezione divina contro le frequenti avversità della loro dura vita lavorativa e sociale.
Una di queste grotte, ben nascosta dalla vegetazione e violata da rifiuti di vario genere, si apre sulla parete di una dolina naturale, in un fondo denominato Stivale, sotto un’antica costruzione rurale.
La cavità, scavata artificialmente nelle formazioni calcarenitiche del Pleistocene, consta di un ambiente di pianta quadrangolare e di un piccolo cunicolo, che si apre nell’angolo nord-occidentale della parete di fondo della caverna.
La sua apertura, rivolta a Sud, è abbastanza ampia (larghezza 160 cm, altezza 180 cm) da permettere un accesso piuttosto agevole, nonostante la ripida pendenza della rampa, lunga circa 2 metri. La caverna si trova – infatti – circa 1,50 metri più in basso rispetto al piano pavimentale del fondo in cui è ubicata.
Il vano (larghezza 5 metri, lunghezza 5,40 metrie altezza massima 2,30 metri) presenta un soffitto piano, non perfettamente regolare a causa di un parziale crollo della volta.
Il pavimento è costituito in prevalenza da sedimento terroso-argilloso sciolto, con presenza di blocchi tufacei e calcarei di varie dimensioni. Le pareti sono abbastanza regolari e presentano quattro grandi nicchie – semicircolari – scavate ad altezze differenti: due sono state ricavate nella parete di destra rispetto all’ingresso; la terza è stata scavata nella parete di fronte all’ingresso ed è quella di maggiori dimensioni (larghezza massima 1,10 metri, altezza massima 1,60 metri e profondità 0,80 metri). La stessa parete di fondo si caratterizza per la presenza di numerosi piccoli vani per le lucerne ad olio (all’interno di queste – infatti – si può notare una labile traccia di fuliggine). La quarta nicchia si apre nella parete occidentale della cavità ipogea.
Nell’angolo sinistro della parete di fondo si apre il cunicolo che si sviluppa per una lunghezza di circa 3,50 metri(altezza e larghezza massime:1,65 metri 1,70 metri). Le pareti laterali presentano due scanalature orizzontali a circa un metro dall’attuale livello del terreno, larghe circa 0,30 metri, che probabilmente fungevano da supporto per la deposizione di utensili funzionali ad attività effettuate nella caverna. Il piano di calpestio è composto da spezzoni calcarei e tufacei di piccole e medie dimensioni.
Nel soffitto si apre, in prossimità dell’imboccatura del cunicolo, una cavità circolare (probabilmente in corrispondenza del focolare) con diametro di 0,80 metri- ora obliterata da alcuni conci di tufo squadrati – che doveva mettere in collegamento l’ambiente ipogeo con l’esterno. Si tratta di lucernai attestati nella maggior parte delle caverne utilizzate come stalle e ricovero per attrezzi agricoli.
Marco Cavalera
Articolo già pubblicato su Associazione Archès
BIBLIOGRAFIA
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si dovrebbe fare uno studio più vasto di tutto il territorio di Castiglione.