Da Cellino ad Andrano: Fonti storiche ed evidenze archeologiche
“CELLINO”: FONTI STORICHE
Le notizie riguardo alle origini di Andrano sono scarse e non offrono molte informazioni utili alla ricostruzione dell’antica storia del paese.
Secondo la tesi di Cepolla – riportata da Arditi – Andrano sarebbe stato edificato dai Cretesi[1]. Sulla base di questa tradizione storica si è stratificata nel tempo la leggenda di uno sbarco sulle coste andranesi, a seguito di un naufragio, di un gruppo di pescatori greci che fondarono il casale di Feronzo. Questi, in una fase storica non precisata, si sarebbero trasferiti nell’entroterra, in un luogo più sicuro, fondando il casale denominato “Cellino”, dal quale avrebbe tratto origine l’odierna Andrano[2].
La tradizione storiografica, riguardo alla cronologia dei suddetti eventi, è discorde. Secondo Arditi il casale di “Cellino” venne distrutto dai Vandali nel V sec. d.C. e sulle sue rovine sorse Andrano[3]. Il Cieco da Forlì ritiene che “Cellino” sia sorto nel 650 d.C.; altri studiosi, invece, convengono per una datazione posteriore, da riferire al tempo delle invasioni dei Saraceni nel Salento (IX-X sec.)[4].
Di questo antico casale – che sorgeva circa 600 metri ad est dall’odierno centro urbano – non è rimasto più nulla e sui suoi resti sono state edificate tre costruzioni rurali a secco (pajare), una delle quali, secondo la tradizione orale, sarebbe una chiesetta. Alcuni reperti archeologici, quali lucerne, vasi ed altre imprecisate anticaglie pertinenti questo sito, sono stati raccolti dal barone Filippo Bacile e sono custoditi presso il Museo Archeologico di Taranto[5]. Don Giacomo Pantaleo scriveva della presenza, a “Cellino”, di sepolcri precristiani scavati nel banco roccioso affiorante[6]. La tradizione orale, a tal proposito, ricorda che quelle antiche sepolture si caratterizzavano per la presenza di un embrice che copriva il volto del defunto. Si tratta di un particolare rito funebre che permette di escludere la loro attribuzione cronologica all’età classica.
Boccadamo menziona “Cellino” tra i feudi e i casali disabitati appartenenti alla Contea di Castro. Secondo lo studioso la sua scomparsa risale a tempi remoti, ma non si sa nulla della sua storia ed importanza. Sono state fatte molte affermazioni ed ipotesi, ma del tutto gratuite. Solo i numerosi reperti archeologici di Cellino, se accuratamente raccolti e studiati, avrebbero potuto dare utilissime indicazioni[7].
Elaborare delle ipotesi riguardo alle più remote origini di un paese attraverso l’esclusiva analisi delle fonti storiche, senza il supporto di dati archeologici, potrebbe rivelarsi fuorviante e rendere difficile la distinzione tra una realtà storica sommersa da secoli da abbellimenti, esagerazioni e fantasie, spesso frutto di racconti orali[8].
“CELLINO”: EVIDENZE ARCHEOLOGICHE
Degno di nota mi par il punto appellato Cellino, che resta a circa 600 metri dall’abitato (Andrano) verso levante, dov’è fama tradizionale e persistente che con quel nome esisteva l’antico paese, sostenuta e constatata dai rottami di una vecchia chiesa, dai sepolcri di forma pagana e vetusta, lucerne, vasi, ed altre anticaglie, che vi si rinvennero e più scarsamente si rinvengono ancora[9].
Nel novembre del 2007 – prendendo spunto da quanto riferito da Arditi – è stata effettuata una ricerca di superficie che ha interessato la località “Cellino”, ubicata nel territorio del Comune di Diso a breve distanza da quello di Andrano. La ricognizione ha permesso di individuare un’area di frammenti fittili ampia circa un ettaro.
L’area che ha restituito la massima concentrazione di ceramica è stata individuata in un fondo incolto, che si caratterizza per la presenza di una costruzione trulliforme in pietra a secco, di ragguardevoli dimensioni ma in cattivo stato di conservazione a causa della vegetazione spontanea che ne ha intaccato in modo quasi irreversibile la struttura.
Il materiale ceramico consta di numerosissimi elementi architettonici (tegole e coppi ad impasto chiaro) e di frammenti relativi a vasellame da mensa, a contenitori da trasporto e da magazzino. Si tratta, nello specifico, di frammenti di ceramica comune acroma, da fuoco, a pasta grigia, terra sigillata africana ed italica, africana da cucina e dipinta (a bande strette, brune e rosse, e larghe brune); sono presenti – inoltre – anfore da dispensa che presentano, talvolta, la cosiddetta decorazione a pettine (Late Roman Amphora 2) e grandi contenitori (dolia).
Nell’area in questione è possibile individuare numerosi blocchi calcarei squadrati, riutilizzati in muri a secco che delimitano il fondo o adagiati al suolo lungo un’antica strada rurale che fiancheggia a nord-est l’area di frammenti fittili.
L’insieme dei dati a disposizione documenta la presenza, in un’epoca compresa tra l’età tardo repubblicana e quella medievale, di un piccolo insediamento rustico a carattere agricolo.
Altre aree di frammenti fittili d’età romano imperiale (III/VI secolo d.C.), relative a fattorie di medie dimensioni, sono state individuate nei pressi della S.P. che collega Depressa a Castiglione d’Otranto[10], lungo la S.P. Andrano – Depressa e nel territorio di Vitigliano[11].
Si tratta di insediamenti rustici distribuiti lungo il tracciato di un’importante arteria viaria: la via ‘Sallentina’. Questa, a partire dall’età messapica, collegava Taranto a Vereto (attraversando i centri abitati di Manduria, Nardò, Alezio ed Ugento) da dove proseguiva verso Otranto passando da Vaste. Uggeri, sulla base di una tradizione storica tramandataci da Plinio, ipotizza – riguardo al tracciato della via ‘Sallentina’ che insiste sugli attuali territori di Andrano, Diso, Ortelle e Vaste – un percorso il cui andamento di massima si può riconoscere nella strada campestre, delimitata da muri a secco, che corre ad ovest dello stradale per Andrano e per Diso, fiancheggiando la masseria del Pino e la Fiusca e poi Ortelle, che ha attratto la viabilità di questa zona. Lo stradale moderno tra Ortelle e Vaste interseca più volte la vecchia strada, che aveva andamento serpeggiante. Si entrava così a Vaste dalla porta rivolta a sud […][12]. La strada, che si manteneva all’interno per lambire la città di Vaste, è stata integrata – nel corso del IV sec. d.C. – con un’arteria che, staccandosi dalla precedente nei pressi dell’odierno centro abitato di Depressa, giungeva ad Otranto. Il percorso paracostiero di quest’ultima, che toccava Castro e tutti i porti vitali sulla via per l’Oriente, partendo da Depressa proseguiva verso contrada Sassani passando di fronte alla Madonna dell’Artica presso Andrano; la strada lambiva poi l’insediamento rustico di “Cellino” e puntava quindi per Marittima, che si è sviluppata lungo il suo andamento ondulato. Lo stradale prosegue per il convento di San Francesco, il Casino e Castro Superiore, l’antico Castrum Minervae […][13]. Lo scalo di Castro, in età imperiale e tardo antica, rivestì un ruolo molto importante per la rete di insediamenti che, ubicati nel suo entroterra, sembrano aver raggiunto ora l’apice della loro prosperità. Fra essi vi è il sito di “Cellino”, ubicato a circa 5 km dal porto di Castro, servito anch’esso, come visto, dalla via ‘Sallentina’.
La presenza dell’approdo e dell’importante arteria viaria permetteva agli insediamenti rustici di trarre benefici dalle principali correnti del traffico commerciale di ambito mediterraneo. Una conferma a ciò proviene dal rinvenimento a “Cellino” di anfore commerciali (del tipo definito Late Roman Amphora), destinate al trasporto di olio e vino, provenienti dalle isole dell’Egeo e di ceramiche di produzione africana (terra sigillata e ceramica da cucina).
L’insieme delle evidenze archeologiche, relative alle fasi finali di “Cellino”, documenta che l’abbandono del sito sia da riferire al VI sec. d.C. Si tratta di un destino che accomuna quasi tutti gli insediamenti rustici di età tardo romana, a seguito delle difficoltà politiche ed economiche dovute al crollo dell’Impero Romano d’Occidente (V sec. d.C.) ed agli effetti della guerra greco – gotica (535-553) che sancì la riconquista bizantina della penisola salentina ad opera di Giustiniano. I Bizantini, dopo il collasso della forte autorità centrale di Roma, operarono una riorganizzazione amministrativa del territorio. Nuovi modelli insediativi – infatti – caratterizzano il periodo compreso fra il VI ed il VII sec. d.C., quando compaiono numerosi insediamenti in aree che non hanno restituito tracce relative a precedenti abitati[14].
La presenza di rari frammenti fittili attribuibili all’età medievale attesta la sporadica frequentazione del sito anche durante questa fase alla quale – verosimilmente – occorre rifarsi per ricostruire le più antiche vicende del vicino centro abitato di Andrano. Il suo sviluppo urbanistico, infatti, ha raggiunto il suo apice nell’erezione del castello, le cui più antiche fasi sono da riferire al IX secolo.
Marco Cavalera, Nicola Febbraro
BIBLIOGRAFIA
Arditi G., Corografia fisica e storica della provincia di Terra d’Otranto, Tomo I, 1879.
Arthur P., Tra Giustiniano e Roberto il Guiscardo. Approcci all’archeologia del Salento in Età bizantina, in Gelichi S. (a cura di), I Congresso Nazionale di Archeologia medievale (Pisa, 29-31 maggio 1997), Firenze, 1997.
Arthur P., Melissano V., Supersano. Un paesaggio antico del Basso Salento, Galatina, 2004.
Auriemma R., Salentum a salo. Forma maris antiqui, (Vol. I), Galatina, 2004.
Boccadamo V., Marittima. Ambiente e storia, Galatina 1983.
Coluccia F., Parleranno le pietre… Testimonianze di vita andranese, Tricase, 1998
Gandolfi D., La produzione ceramica africana di età medio e tardo imperiale: terra sigillata chiara e ceramica da cucina, in Lusuardi Siena S. (a cura di) Ad Mensam. Manufatti d’uso da contesti archeologici fra Tarda Antichità e Medioevo, pp. 127-151, Udine, 1994.
Mastria F., Nuzzo F., Ricognizione archeologica del territorio di Depressa, in Martella R. (a cura di) Januae. Ricerche e studi salentini, Tricase, 2007, pp. 75-92.
Marti R., Estremo Salento, Lecce, 1931.
Pantaleo G., Dall’antica Cellino all’odierna Andrano, Galatina, 1978.
Rizzo A., Andrano e il suo Castello: origini e storia, in Cerfeda F.G., Coppola S., Moscatello L. (a cura di) Andrano e Castiglione d’Otranto nella storia del sud Salento, pp. 341-378, Alessano, 2004.
Uggeri G., La viabilità romana nel Salento, Bari, 1983.
Le ricerche di superficie sono state effettuate nell’ambito del Progetto di Servizio Civile della Pro Loco di Andrano, denominato Le tradizioni in Puglia. Itinerari turistico-culturali, Provincia di Lecce (2006), che ha previsto il censimento, la catalogazione e lo studio delle strutture in pietra a secco presenti nel territorio di Andrano. Si ringraziano il presidente della Pro Loco di Andrano – dott. Giuseppe Urso – e il segretario ed Operatore Locale di Progetto – sig. Antonio Fracasso – per la disponibilità alla divulgazione dei dati qui presentati.
Il saggio integrale Da Cellino ad Andrano. Fonti storiche ed evidenze archeologiche è stato pubblicato nella miscellanea Januae. Ricerche e studi salentini II, a cura di Martella R. e Musio S., Tricase 2011, pp. 121-132.
[1]Arditi 1879.
[2] Rizzo 2004.
[3] Arditi 1879.
[4] Marti 1931; Pantaleo 1978.
[5] Pantaleo 1978.
[6] Pantaleo 1978.
[7] Boccadamo 1983.
[8] Arthur 1997.
[9] Arditi 1879.
[10] Mastria e Nuzzo 2007.
[11] Auriemma 2004.
[12] Uggeri 1983.
[13] Uggeri 1983.
[14] Arthur 1997.