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Diso

I luoghi da visitare e le tradizioni da conoscere a Diso

Polacchi (a Marittima) brava gente

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«Noi ragazzi eravamo spettatori di un film, vissuto come su un set, la cui regia era la guerra…».
Erano educati, sempre ordinati e puliti, molto religiosi, socializzavano con la gente del paese, scherzavano con i bambini, la sera spesso facevano visita alle famiglie.
La presenza dei Polacchi a Marittima di Diso a partire dal 1944 è testimoniata dal generale dell’Esercito Nicola Russi (laurea in Scienze Strategiche al Politecnico di Torino), figlio di un insegnante elementare, piccola borghesia terriera, che all’epoca era un bambino e ha affidato i ricordi a un saggio agile e ben documentato, supportato da un apparato iconografico inedito e a tratti emozionante, scritto a quattro mani via mail durante il lockdown con la storica Cristina Martinelli, titolo: “Da Montecassino a Marittima. Di muli e orsi, epico e mitico” (Edizioni Esperidi, Monteroni di Lecce 2020, pp. 90, euro 13,00).

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L’uragano del 10 settembre 1832. Diso, Cocumola e Otranto

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Questo tempietto oggi riedificato

il 10 settembre 1832

un terribile ciclone abbatteva

schiacciandovi sotto Filippo Borlizzi

pietà di popolo riconoscente a

Maria Immacolata

che il paese libero da certa rovina

il ricordo ai nepoti consacra

Questo recita il testo di una lapide a imperitura memoria di un evento catastrofico, forse insolito di primo acchito, ma che si ritrova di frequente nelle cronache di un passato non poi così lontano: gli uragani.

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La chiesa della Madonna di Costantinopoli di Marittima

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Una piccola fiammella si fa strada nella monotona oscurità della notte. “Un contadino avrà acceso una fiaccola  per andare a controllare i suoi animali… probabilmente un rumore gli avrà spaventati”. Pensò Don Domenico Coluccia, parroco di Marittima. Era una calda sera d’estate e il buon curato non riusciva a prendere sonno. Decise di rimanere lì, sulla sua terrazza, a fissare quella fiammella dalla luce così fioca ma decisa, calda e… stranamente statica. “Ma cosa stà facendo quel contadino, sembra se ne stia lì, fermo e immobile?”. Una domanda la cui risposta non poteva essere elaborata in quella sera e sulla terrazza di quella casa che sembrava così distante dal luogo in cui proveniva quella luminescenza.

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Torre Lupo

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Per raggiungerla basta seguire una vecchia strada che dal centro storico di Marittima di Diso si addentra all’interno della contrada rupestre, tra torri colombaie e antichi muretti a secco, per poi terminare su una meravigliosa altura. Li, Torre Lupo, è ancora in piedi.

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La Chiesa della Madonna della Neve, Diso

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Va,  costruisci una chiesa la dove troverai della neve caduta di fresco”. Con queste poche parole un patrizio romano del IV secolo aveva trovato la soluzione al suo problema: come utilizzare il suo patrimonio per un’opera interamente dedicata al Signore. La risposta la ebbe nella notte tra il 4 e il 5 Agosto in una visione nella quale la Madre Celeste gli consigliò cosa fare. Una visione condivisa anche nel sogno di papa Liberio, indubbiamente contento dell’accaduta ma perplesso, come il Patrizio, per un piccolo dettaglio:  come sarebbe potuto nevicare ad Agosto in una città torrida come quella di Roma? A quanto pare questo “dettaglio” non fu poi così rilevante dato che, nella stessa notte, una nevicata sull’Esquilino consentì a della neve di posarsi sul terreno delimitando l’area che sarebbe stata poi designata alla costruzione delle basilica Liberiana finanziata con il denaro del patrizio. Aveva appena avuto origine il culto della Madonna della neve.

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Il menhir delle Vardare a Diso

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Insoliti, differenti, enigmatici e misteriosi. Sembra che spuntino dalla terra come funghi per definire i punti con i quali tracciare una costellazione. Non si sa chi e quando li abbia costruiti e per quale scopo ma, ciò che veramente importa, è che siano ancora li, dopo aver sfidato secoli e religioni, credi e culture differenti: i menhir.

Nell’agro di Diso, lungo via delle Vardare, si può ammirare uno dei menhir dalle forma più insolite: ricorda una T. Prende il nome dalla strada delimitata da antichissimi muretti a secco che costeggia il piccolo fazzoletto di terra, acceso in primavera dai vivaci colori di papaveri e camomille, nel quale è infisso, a pochi passi dalla cappella della Madonna della Neve.

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La festa dei Santi Filippo e Giacomo a Diso

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Potrei vederne a centinaia ma non mi stancherei mai. Comuni grandi piccoli, cittadine ricche o povere, nessuno può rinunciare alla festa patronale. Un eterno segno di riconoscimento nei confronti di quello o quei Santi che han preso in custodia una comunità per preservarne la salute e il benessere, e che si rinnova ogni anno quasi a suggellare nuovamente quel patto stipulato in un giorno in cui nugoli di preghiere si levarono al cielo per richiedere l’intercessione divina per una grazia.

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L’Acquaviva di Marittima di Diso

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Immagini di belle località balneari in tutto il mondo ne abbiamo viste a bizzeffe. Ne nostri viaggi andiamo sempre alla ricerca di luoghi caldi, possibilmente in prossimità di spiagge purissime e mare cristallino. A molti invece potrebbero piacere le scogliere, e ammirare il modo selvaggio in cui si tuffano e fuoriescono dall’acqua.

Come spesso accade, e come in pochi sanno, per vedere queste tipologie di luoghi non occorre fare molta strada, basta guardare bene con attenzione quello che c’è nel nostro territorio: un esempio? L’Acquaviva di Marittima di Diso.

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Il “Presepe artistico permanente” di Diso fa rivivere le origini del presepe

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Il termine presepe deriva dal latino e significa mangiatoia e anche se, come lo conosciamo oggi, rappresenta un insieme di scenari e personaggi che circondano la scena della natività di Gesù.

L’usanza che ha portato alla costruzione dei presepi è molto antica e radicata nelle tradizioni etrusca e latina. Il 20 Dicembre si festeggiava la festa della Sigillaria, durante la quale i parenti si scambiavano in dono delle statuine in terracotta o in cera (chiamate sigillum), che rappresentavano i cari defunti durante l’anno, da collocare in nicchie nelle quali si accendeva un cero. Si ritenva infatti che gli antenati avrebbero continuato a vegliare sulla buona sorte della famiglia.

In attesa del Natale il compito dei bimbi delle famiglie riunite nella casa patriarcale era di lucidare le statuette collezionate e disporle, secondo la loro fantasia, in un piccolo recinto nel quale rappresentare un ambiente immaginario, una scena della quotidianeità, uno spaccato di vita. Intorno a questo recinto la famiglia si riuniva in occasione dell’attuale vigilia di Natale per invocare la protezione degli avi e lasciare ciotole con cibo e vino, al posto delle quali, la mattina successiva avrebbero posto giochi e dolci per i più piccoli.

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