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L’uragano del 10 settembre 1832. Diso, Cocumola e Otranto

Questo tempietto oggi riedificato

il 10 settembre 1832

un terribile ciclone abbatteva

schiacciandovi sotto Filippo Borlizzi

pietà di popolo riconoscente a

Maria Immacolata

che il paese libero da certa rovina

il ricordo ai nepoti consacra

Questo recita il testo di una lapide a imperitura memoria di un evento catastrofico, forse insolito di primo acchito, ma che si ritrova di frequente nelle cronache di un passato non poi così lontano: gli uragani.

Lapide commemorativa sulla chiesa di San Sisinnio, Diso

Lapide commemorativa sulla chiesa di San Sisinnio, Diso

Referente al dio dei mari Huracan delle popolazioni caraibiche, gli uragani che colpiscono e hanno colpito l’area mediterranea sono più assimilabili alle trombe d’aria, un violento vortice d’aria che si forma a partire dalla base di un cumulonembo (una nuvola a sviluppo verticale) fino a giungere al suolo, da un’altezza media di 2000 metri, in grado di sprigionare venti anche fino a 500km/h. Sono altamente distruttive.

Ne sanno qualcosa gli abitanti di Diso, che hanno affisso la lapide con cui abbiamo iniziato questa piccola argomentazione sulla chiesa di san Sisinnio, un edificio eretto nel XVI secolo in stile gotico. Utilizzata nel secolo successivo principalmente come edificio sepolcrale privato, venne completamente distrutta il 10 settembre del 1832, giorno in cui un uragano se la portò via insieme alla vita di Filippo Borlizzi, una delle due vittime disine, che morì sotto il peso delle sue macerie. Le vite si cancellano ma gli edifici si ricostruiscono, segno importante di continuità e voglia di ricominciare. Così avvenne per la chiesa di San Sisinnio ricostruita per volontà popolare poco dopo il disastro.

Chiesa di San Sisinnio, Diso

Chiesa di San Sisinnio, Diso

Lasciata Diso l’uragano continuò la sua corsa passando da Cocumola, dove in una chiesa seicentesca, edificata poco lontano dal centro storico del paese e intitolata alla Madonna Assunta, si ricorda l’evento e si celebrano le grazie nella seconda domenica di settembre nei confronti di Colei che salvò il paese dalla distruzione. La tradizione vuole che un pittore a lavoro all’interno della chiesetta vide attraverso il finestrone l’immagine di Maria che con le braccia aperte proteggeva la piccola comunità di Cocumola insieme a quella di Diso. Cocumola fu completamente risparmiata, non ci furono vittime nel bilancio dell’uragano, merito inopinabile dell’intervento celeste che da quel giorno venne ricordato all’interno del piccolo luogo di culto mariano. La Madonna Assunta divenne la Madonna dell’Uragano.

L’epilogo del disastro registrò un totale di 35 morti e 65 feriti gravi. La maggior parte dei decessi avvenne nella comunità idruntina (ben 29 e 50 feriti!) dove il mulinello terminò la sua corsa lasciandosi dietro una scia di distruzione e disperazione pronta a ripetersi negli anni successivi.

Marco Piccinni

NOTA: si consiglia la lettura della ricerca condotta dall’Università del Salento, per mano di Francesco Gianfreda, Livio Ruggiero, Paolo Sansò, consultabile al seguente link.


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