La chiesa Bizantina di Santa Eufemia a Specchia
A cura dell’Associazione Archès
La chiesa di Sant’Eufemia (fine IX – X secolo) si trova nell’omonima località (comune di Specchia), nelle vicinanze di un insediamento di età romana e medievale denominato Grassano.
Ricordata per la prima volta in un documento di Federico II del 1219, la chiesa presenta una pianta longitudinale (15,30 X 8,55 metri) e un’abside di tipo poligonale esternamente e semicircolare internamente, di chiara derivazione altomedievale, rivolta ad oriente, ossia il punto in cui sorge il sole (simbolo della divinità cristiana) nel giorno in cui si celebrava la festa della santa alla quale la chiesa è dedicata. L’edificio è stato costruito riutilizzando grandi conci e colonne in pietra leccese provenienti dall’attiguo casale di Grassano[1].
La facciata – a doppio spiovente – è orientata ad ovest. L’ingresso è costituito da un portale sormontato da un arco a tutto sesto, sopra il quale vi è una grande bifora, divisa da una colonna con capitello tronco piramidale ornato da una croce inscritta in un cerchio[2].
L’interno è suddiviso in tre navate, delimitate da colonne monolitiche che sorreggono archi a tutto sesto. Le campate si presentano irregolari, sia in relazione all’asse della chiesa, sia nella distanza tra le colonne, che hanno diverse circonferenze. Il fondo è ornato da un’abside a catino, dove è stato collocato (a seguito degli ultimi restauri) un sobrio altare di pietra leccese, costituito da una colonna e da una lastra tombale proveniente dallo scavo del cimitero adiacente[3].
La cappella fu visitata da Monsignor De Rossi in occasione della Santa Visita del 1711, nella cui relazione scrisse: “[…] vi sono tre altari: uno è dedicato a S. Eufemia dipinta sulla tela, un altro con l’immagine della stessa S. Eufemia dipinta sulla parete ed il terzo è dedicato alla Madonna. In questa chiesa c’è un grande concorso di popolo nella prima domenica di luglio. La chiesa ha una campanella con la casa per l’oblato ed un piccolo giardino. Serve in questa chiesa il devoto sacerdote Don Giovanni Ciardo […]”[4].
Cosimo De Giorgi visitò la chiesa nel 1884, constando che della struttura originaria “restano pochi archi sostenuti da colonne e un frammento dell’abside”[5].
Un saggio di scavo, effettuato nell’area di fronte alla facciata e sul fianco meridionale della costruzione, ha restituito un piccolo cimitero, con fosse scavate nella terra ed altre delimitate da pietre poste di taglio. Si tratta di sepolture anche multiple datate – grazie al rinvenimento di oggetti in ferro e bronzo[6] – al primo terzo del XIV secolo, da riferire ad una fase di vita molto tarda del casale di Grassano, di cui la chiesa faceva parte[7].
Casale di Grassano
Riguardo alla presenza di un casale abitato a partire dall’età romana, ubicato nei pressi della chiesa di Sant’Eufemia e denominato Grassano[8] (toponimo riportato dal Catasto Onciario della Terra d’Otranto del 1755), lo storico di Specchia Antonio Penna scrive di rinvenimenti fortuiti di monete di diverse epoche, di alcune colonne sepolte sottoterra, di frammenti fittili – anforacei (fra cui un frammento di ansa con bollo[9]), laterizi, ceramica sigillata africana ed italica – sparsi sulla superficie dei terreni oppure collocati sui muretti a secco e ai bordi delle strade, inquadrabili cronologicamente ad età tardo repubblicana ed imperiale (I sec. a.C./VI sec. d.C.)[10].
Probabilmente si tratta di un’area di frammenti fittili relativa ad un insediamento rustico di età romana (tardo repubblicana e imperiale) che ha avuto una continuità di vita fino al Medioevo, quando i suoi abitanti abbandonarono il sito e si trasferirono nei centri viciniori (Specchia, Lucugnano, Miggiano).
La località ha subìto – purtroppo – una estesa urbanizzazione che non permette di indagare sistematicamente l’area e di integrare i pochi dati (per lo più orali) a disposizione.
Circa 500 m a S-O dal sito di Grassano, al confine tra il comune di Miggiano e quello di Specchia, è attestato da documenti notarili e dalla tradizione orale il toponimo Campo Romano, che potrebbe indicare una frequentazione in età romana dell’area in questione.
Bibliografia:
Bertelli G., La Chiesa di S.Eufemia a Specchia Preti, in Bertelli G. (a cura di) Puglia Pre-romanica dal V sec. agli inizi dell’XI, pp. 276-277, S.Egidio alle Vibrate (Te) 2004.
Cavalera M., Medianum. Ricerche archeologiche nei comuni di Miggiano, Specchia e Montesano Salentino, Tricase 2009.
De Giorgi C., La provincia di Lecce. Bozzetti di viaggio, Vol. II, p. 130, Lecce 1899.
La Porta M.T., Note sui toponimi in -ano della ‘Calabria’ romana, in Marangio C. (a cura di) La Puglia in età repubblicana, pp. 233-247, Galatina (Le) 1988.
Penna A., Specchia e la chiesa di Sant’Eufemia, pp. 45-65, Fasano (Br) 1995.
Sitografia:
[1]Penna 1995, p. 52; Bertelli 2004, pp. 276-277.
[3] Penna 1995, pp. 54-57.
[4] Penna 1995, p. 48.
[5] De Giorgi 1899, p. 130.
[6] Si tratta di fibbie, borchette decorative di cintura e placchette bronzee a forma di rosetta (Penna 1995, p. 58).
[7] Bertelli 2004, pp. 276-277.
[8] Il toponimo probabilmente deriva da Crassus, cognome della gens Licinia. Nel Salento – infatti – è molto frequente che nomi locali derivino da antichi gentilizi romani in ius (produttivi con il suffisso ano), che nella gran parte dei casi terminano in ano (Laporta 1988, p. 236). Nei pressi del casale, circa 1 km a sud, è situato il paese di Lucugnano, il cui toponimo – a questo punto – potrebbe anche derivare dal gentilizio Licinius (come peraltro ipotizzato dalla Marinelli). È tuttavia difficile accettare l’ipotesi di Penna, ossia che si tratti di un accampamento militare costruito dal celebre Marco Licinio Crasso (114-53 a.C.), membro del I Triunvirato (60 a.C.) insieme a Pompeo e Cesare, proconsole in Siria dal 54 a.C. e promotore della guerra contro i Parti.
[9] Si ringrazia il prof. Penna per la preziosa informazione. I manufatti fittili e le monete raccolte durante i sopralluoghi sono stati affidati a funzionari della Soprintendenza Archeologica della Puglia e sarebbero conservati presso i depositi del Museo Archeologico di Taranto.
[10] Penna 1995, pp. 62-63.