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Recensione su [Quattro]

Recensione su [Quattro]  a cura di Giuseppe Arnesano

L’evento unico del progetto espositivo [Quattro] curato da Lorenzo Madaro si è tenuto lo scorso ventisette Marzo nella Casa delle Donne (ex Liceo Musicale Tito Schipa) di Lecce, palesando l’operato artistico delle quattro,appunto,giovani performers salentine: Francesca Speranza, Mariza Quaranta, Annalisa Macagnino e Loredana Cascione.

L’inedito spazio tardo-ottocentesco scenograficamente ben concepito ha trasmesso, agli occhi di astanti incuriositi dalle stravaganti e a tratti viscerali intuizioni compositive, estrinsecate singolarmente dalle laboriose personalità artistiche, sensazioni percettive inconsuete e quasi “innovative”, se considerate all’interno delle pesanti e stantie mura cittadine che, con ombroso spessore, ottenebrano il fertile e variopinto sottosuolo creativo.

Deliziose e allo stesso tempo meticolose sono le indagini riflessive di Francesca Speranza e Loredana Cascione; la prima, ha esposto un’istallazione dal macabro calco d’uomo, rigidamente adagiato e trasportato su di una lettiga portata a braccio dalle artiste. L’inquietante sagoma viene scoperchiata e il suo invitante contenuto di salate e dolci leccornie, s’apprestava ad esser divorato da famelici commensali che, parafrasando le parole dell’intraprendente curatore: “partecipano al fatto artistico e, attraverso il cibo sono instradati sul cammino iniziatico dell’arte”.

Loredana Cascione propone “Maia” una bambola, o meglio, quel che rimane di questa, poiché ella è devastata dalle orribili sofferenze che giornalmente si ripercuotono sui fragili corpi di sventurate donne. L’installazione è realizzata con maniacale attenzione al dettaglio oggettuale. Tramite un ensemble di poveri e fragili oggetti, legati da un fluente cotone rosso, l’artista ricostruisce con drammatica espressione, gli infausti squarci provocati sulle esili membra umane.

Delle foto assemblate ad abiti simbolici provenienti dagli armadi della sua memoria più intima, quella familiare, cuciono l’allestimento di Marzia Quarta. Al ‘centro’ l’abito da sposa della madre, con il suo carico di richiami nostalgici e affettivi, viene appeso al soffitto dello spazio per essere contemplato e venerato. Annalisa Macagnino sciocca con un metro quadrato denso di falli realizzati in argilla: “Un metro quadro di maschilismo”il titolo dell’installazione. Un’opera è impregnata da un forte rifiuto del potere virile, chiaramente esemplificato dalla metafora fallica.

Determinati blitz nel sottosuolo dell’arte contemporanea nostrana, contribuiscono in maniera dinamica e propositiva al ricambio generazionale e ad una nuova ed incoraggiante formazione di fresche ed eclettiche figure cariche di pulsioni espressive.


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