Home » Aneddoti e Curiosità » 1711-1719, nei regni d’Europa non si parla d’altro: l’interdetto di Lecce

1711-1719, nei regni d’Europa non si parla d’altro: l’interdetto di Lecce

Quasi dieci anni, dal 1711 al 1719, è durata la fase dell’interdetto della città di Lecce. Un provvedimento molto duro e severo che la Chiesa riserva ad una comunità di individui, una città o  una nazione. Durante l’interdetto tutte le celebrazioni religiose pubbliche sono cancellate, le chiese vengono chiuse e molti sacramenti sospesi: nessun matrimonio, unzione degli infermi, eucaristia. Gli individui non vengono seppelliti in terra consacrata, nè tantomeno nelle chiese dunque, ma in luoghi di “fortuna”, cimiteri improvvisati alla bisogna. L’attuale Piazzetta del Saraceno ospitava i pubblici mulini utilizzati per le sepolture pubbliche.

Per un periodo la chiesa si dimentica dei suoi figli, poichè questi hanno usato sfidarne il potere o l’autorità.

Anche la storia monumentale della città ne ha risentito: di questo periodo sono infatti il rifacimento di Porta Rudiae, la ricostruzione della chiesa del Carmine e la risistemazione della facciata della chiesa dei SS, Niccolò e Cataldo.

L’atto punitivo ebbe pieno potere esecutivo  nel 1711 per volere  del vescovo Fabrizio Pignatelli, confermato la vigilia di Natale dello stesso anno da papa Clemente XI. Anche se nella storia salentina quello del Settecento non è stato l’unico interdetto, possiamo ricordare ad esempio quello di Galatina nel 1913 durato solo pochi mesi, quello leccese divenne un vero e proprio caso di cui “sparlare” nelle corti di tutta Europa. Ma qual’è stato l’atto sacrilego che ha visto la chiesa obbligata a riversare la sua ira contro una città in cui il clero rappresenta da sempre una buona fetta della popolazione?

Pignatelli divenne vescovo di Lecce nel 1696 su nomina di Innocenzo XII, nonchè uno dei suoi predecessori alla cattedra leccese, e rimase tale fino alla morte, avvenuta nel 1734 in concomitanza con la fine del trentennio del viceregno austriaco al quale farà seguito la lunga dominazione borbonica, se trascuriamo la breve parentesi francese,  fino all’annessione del regno al nascente stato italiano. L’importanza della famiglia alla quale apparteneva nonchè quella delle sede vescovile che occupava, destarono l’attenzione e la preoccupazione di ben quattro pontefici.

La situazione politico-economica di quegli anni divenne insostenibile per le regioni meridionali del regno di Napoli: lotte personali e familiari tra nobili famiglie nonchè questioni politiche e diplomatiche indussero un netto e pesante contrasto tra la comunità ecclesiastica e quella laica. Questa sfociò nella cattura e  deportazione del Vescovo Pignatelli fuori dal regno e l’espulsione da Lecce del vicario generale Scipione Martirani e la successiva incarcerazione dei relativi parenti. Il popolo era ormai stanco dei numerosi privilegi ecclesiastici tra cui la riduzione delle franchigie, la povertà mieteva un numero di vittime sempre crescente, la qualità delle vita scendeva paurosamente mentre aumentava la rabbia nei confronti di una chiesa che non perdeva occasione per ostentare la propria ricchezza. Il popolo insorse con il beneplacito assenso austriaco contro quella “organizzazione” che si è sempre detta “amica del fedele”, con un importante atto simbolico: la demolizione dei molini appartenenti al clero.

Questo decennio fece emergere molti punti dolenti nell’amministrazione dei regni europei e in particolar modo nel regno di Napoli: come sarebbe stato possibile contenere rivolte politiche e popolari contro l’egemonia della chiesa che si dimostrava sempre più prepotente e invadente nel potere temporale. Numerosi documenti conservati nell’archivio segreto del Vaticano mettono in evidenza numerosi dettagli di quanto avvenne nel regno in quegli anni. D’altronde come poteva essere altrimenti. Dopo l’ingloriosa fine di Otranto, Lecce divenne una città importantissima per il regno, seconda solo alla capitale per popolazione (poichè graziata più volte dalla peste), rapporti sociali, affari, tasse e nobiltà. La stessa comunità ecclesiastica, così numerosa, possedeva innumerevoli beni. Numerosi erano anche gli uffici ed edifici religiosi. Chiese, conventi, santuari, la città sembrava dover essere interamente votata alla cristianità. Ad ogni ora del giorno non si poteva far a meno di sentir le campane di questa  o quella chiesa, tanto che i leccesi vennero soprannominati “sona campane“, espressione con la quale si indicava anche una persona poco seria, propensa ad esaltare gli altri sono per ottenere un rendiconto personale.

 

Lecce, centro storico – elementi decorativi religiosi e pagani

Mancano purtroppo alcune missive fondamentali, come la corrispondenza intercossa tra Clemente XI, il re di Spagna e il vicerè austriaco del regno di Napoli, non è possibile conoscere gli accordi stipulati tra i due grandi poteri, quello religioso e quello temporale, per assicurare il rientro del vescovo Pignatelli in sede e ristabilire l'”ordine” nella cittadina salentina. Quello che si sa per certo è che a rendere possibile la dissoluzione di quello che si apprestava a diventare un vero e proprio scisma di poteri nell’importante Lecce sono state le capacità diplomatiche e dialettiche di Giuseppe Davanzati, arcivescovo di Trani, amico personale di papi e regnanti, che si recò personalmente presso la corte austriaca per porre rimedio a questa affannosa questione. Il suo operato, spesso non tenuto in seria considerazione dagli storici, rivive in una breve biografia di uno dei suoi nipoti, Domenico Forges Davanzati, che si preoccupò inoltre di curare la ripubblicazione di alcune importanti opere letterarie, come la Dissertazione sopra i vampiri, tramite la quale l’arcivescovo minimizza il dilagante fenomeno “demoniaco” mediante un rigoroso approccio pseudo-scientifico che anticiperà l’Europa dei lumi.

Una piccola ricerca condotta da Antonio Antonaci presso gli archivi Vaticani afferma che molti sono i volumi che raccolgono un materiale vastissimo, a seconda del destinatario, dell’argomento, delle zone di giurisdizione, a cui si riferiscono le carte. Preponderante (oltre a quello della segreteria di Stato Pontificio) è il materiale reperibile nei volumi della Nunziatura di Napoli, dei vescovi, del fondo Albani, dei Particolari, della Nunziatura di Spagna e di quella di Germania. E’ un carteggio ampio, minuzioso, insistente, che si incrocia con una celerità sorprendente per quei tempi. Tornano alla ribalta personaggi noti o se ne incontrano di nuovi, illustri e modesti; e si ha l’impressione che, in quegli anni, a Vienna o Barcellona, a Napoli o a Lecce, a Roma o a Castelgandolfo non si parli d’altro che dell’interdetto leccese. [1]

Tutte le parti in causa hanno agito conscie di non poter fare altrimenti per salvaguardare la propria posizione. La chiesa non poteva permettersi di perdere la propria autorità nella terra dove la tradizione/leggenda vuole siano nate le prime chiese Cristiane d’Occidente. Il popolo non era invece stanco di vedersi mettere i piedi in testa da un numero sempre crescente di sedicenti “padroni” tanto da scegliere di sfidare le massime autorità per respirare anche un solo attimo di libertà.

Marco Piccinni

BIGLIOGRAFIA

[1] Antonio Antonaci – L’interdetto di Lecce nei documenti dell’archivio segreto Vaticano, Provincia di Lecce – Mediateca – Progetto EDS (Emeroteca Digitale Salentina) a cura di IMAGO, Lecce

[2] Città di Lecce, Assessorato Urbanistica, Relazione Storica e storico-urbanistica generale

[3] Mario Cazzato, Guida delle Lecce Fantastica – Congedo Editore (2006)

[4] Antonio Maglio (a cura di), Agenda di Babbarabbà 1997. Soprannomi paesani nelle province di Brindisi, Lecce e Taranto tra storia e fantasia – supplemento del “Quotidiano” dicembre 1996 (Arti grafiche Mondadori)


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.