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“Pacci Lunatici”, gli abitanti di Spongano

Rovesciare il cielo in terra, tipica espressione che si utilizza in occasione di violenti nubifragi che si ripresentano puntuali ad ogni stagione. E si, la volta celeste a volte sembra non poter sopportare il proprio peso tanto da volerlo ripartire con la terra sottostante. E cosa c’è di più  pensante lassù nel cielo? Bhe, di cose pesanti ce ne sono molte in realtà ma una, più di tutte, ha affascinato l’uomo fin dal momento in cui questi ha aperto gli occhi per la prima volta sulla terra, la Luna.

Pensare che Luna possa cadere fin sulla Terra sarebbe un’eresia, un’affermazione che meriterebbe a pieno titolo il rogo dell’inquisizione!  Però può capitare a volte quando si desidera qualcosa al punto tale da divenirne ossessionati di pensare di poterla toccare, anche se materialmente impossibile, e di vederla li, davanti ai proprio occhi, così vicina, così vera. È quello che sarebbe accaduto, secondo leggende popolari, agli abitanti di Spongano che dopo un violento temporale avrebbero visto li, la Luna, nel riflesso dell’acqua accumulatasi in una grande buca nella piazza del paese. La sorpresa di vedere quell’astro così vicino annebbiò la ragione a quegli uomini e quelle donne che non pensarono neppure per un secondo di rivolgere lo sguardo al cielo per accertarsi che la Luna fosse ancora lassù, dove l’avevano lasciata l’ultima volta.

Stregati da quella visione si misero ad agitare le mani nella grande pozza per avvicinare a se quella eterea meraviglia. E più ci provavano più i tentativi diventavano insistenti, quasi folli: possibile che la Luna fosse li a due passi e nessuno riuscisse nemmeno a sfiorarla?

Stremati dai tentativi i più si arresero. Ecco allora che si avvicinò un bue che forse osservando la scena in disparte si domandava del perché di quello strano atteggiamento umano. L’animale aveva sete e lappò tutta l’acqua delle pozzanghera. Le persone che erano li ad assistere alla scena pensarono che sarebbe arrivato finalmente il momento di vedere la Luna, li in quella buca nella sua interezza. Nello stupore generale, quando l’animale smise di bere, la Luna non c’era più. Dopo un breve momento di panico diffuso si udì tra la folla: “L’ha mangiata il bue!” e, in men che non si dica,  si avventarono tutti sulla povera bestia squartandone il ventre in attesa che luna venisse fuori. Ma niente, la Luna non ne voleva sapere di farsi toccare dall’uomo e neanche quel povero animale probabilmente, data la triste sorte che gli ha riservato il destino.

Magari La luna da lassù si divertiva nell’osservare quei poveri individui, ridendo di loro, proprio come fecero gli abitanti dei paesi limitrofi che per questo motivo soprannominarono gli sponganesi “Pacci Lunatici”.

Ma forse la Luna, dopotutto, si sarà abituata ai bizzarri comportamenti dell’uomo. E si che nei secoli ne ha viste di cose, dai fantascientifici viaggi di Joule Verne alle fantasie di Ludovico Ariosto che lassù vi nascose il senno di Orlando. Ma c’è stato anche chi ne ha ignorato l’esistenza per una buona parte della sua vita, scoprendola per caso con stupore e meraviglia come è successo nel Ciaula di Pirandello che così raccontava:

Curvo, quasi toccando con la fronte lo scalino che gli stava sopra, e su la cui lubricità la lumierina vacillante rifletteva appena un fioco lume sanguigno, egli veniva su, su, su, dal ventre della montagna, senza piacere, anzi pauroso della prossima liberazione. E non vedeva ancora la buca, che lassú lassú si apriva come un occhio chiaro, d’una deliziosa chiarità d’argento.

Se ne accorse solo quando fu agli ultimi scalini. Dapprima, quantunque gli paresse strano, pensò che fossero gli estremi barlumi del giorno. Ma la chiaría cresceva, cresceva sempre piú, come se il sole, che egli aveva pur visto tramontare, fosse rispuntato. Possibile?

Restò – appena sbucato all’aperto – sbalordito. Il carico gli cadde dalle spalle. Sollevò un poco le braccia; aprí le mani nere in quella chiarità d’argento.

Grande, placida, come in un fresco, luminoso oceano di silenzio, gli stava di faccia la Luna.

Sí, egli sapeva, sapeva che cos’era; ma come tante cose si sanno, a cui non si è data mai importanza. E che poteva importare a Ciàula, che in cielo ci fosse la Luna?

Ora, ora soltanto, così sbucato, di notte, dal ventre della terra, egli la scopriva.

Estatico, cadde a sedere sul suo carico, davanti alla buca. Eccola, eccola, eccola là, la Luna… C’era la Luna! La Luna!

E Ciàula si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva, nell’averla scoperta, là, mentr’ella saliva pel cielo, la Luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei piani, delle valli che rischiarava, ignara di lui, che pure per lei non aveva piú paura, né si sentiva piú stanco, nella notte ora piena del suo stupore.

Marco Piccinni


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