La grotta di Santa Lucia a Taurisano, il culto della luce
Venne privata alla luce del mondo il 13 dicembre 304. Quella luce della quale divenne la custode e patrona, per la quale sarebbe stata invocata dalle generazioni dei secoli futuri. Lucia di Siracusa.
Vittima poco più che ventenne di una tra le più violente persecuzioni contro i Cristiani, alimentata da Diocleziano e Massimiamo, tra il 303 e il 311, alla quale Eusebio si riferisce, nella “Storia Ecclesiastica”, affermando che «Le carceri di ogni luogo furono allora piene di vescovi, lettori, esorcisti, cosicché non vi restava spazio per i condannati per i delitti comuni».
Un martirio, quello della giovane siracusana, pervenutoci in due diverse passio, una greca ed una latina, entrambe arricchite da elementi fantasiosi ed aneddoti estratti dalla vita di altre Sante che hanno preceduto il cammino di Lucia verso la gloria eterna.
Nella versione latina la Santa sarebbe stata sgozzata ma, in quella greca (maggiormente accreditata), Lucia avrebbe deciso di abbracciare totalmente la vita religiosa dopo essersi recata a Catania insieme alla madre, presso la chiesa di Sant’Agata, alla quale decise di rivolgersi per implorare la guarigione della malata genitrice. Colta da un strano sonno durante la preghiera, Sant’Agata riferì alla fanciulla che la sua fede sarebbe stata sufficiente per esaudire il suo desiderio, senza necessità di alcuna intercessione divina. Al risveglio, difatti, la madre era già guarita. Di ritorno a Siracusa comunicò la decisione all’uomo che avrebbe dovuto sposare che, di risposta, la denunciò come Cristiana all’arconte Pascasio. Dopo una condanna al lupanare, al quale non giunse mai poiché resa immobile dalla Spirito Santo tanto che nemmeno la possente forze di due buoi riuscì a smuoverla, venne condannata alla consumazione sul rogo. Qui fece il suo breve e celebre discorso: “Pregherò il signore nostro Gesù Cristo affinché questo fuoco non mi molesti; io poi che ho fede nella croce di Cristo dimostrerò a te che ho impetrato un prolungamento alla mia lotta, così farò vedere ai credenti in Cristo la virtù del martirio e ai non credenti toglierò l’accecamento della loro superbia”. Quest’ultima frase darebbe origine al suo patronato della vista, insieme all’erronea sovrapposizione delle sue vicende con quelle di una Lucia medioevale, la quale si strappò gli occhi pur di non cedere alla suppliche di un uomo (e per questo rinunciare alla sua totale dedizione a Cristo). Il martirio giunse alla sua conclusione, la decapitazione seguì da li a breve.
Secondo la tradizione Lucia morì il 13 dicembre 304, data che nel calendario giuliano coincideva con il solstizio di inverno, inspirando così il proverbio (recitato ancora erroneamente dalle nostre nonne) “Santa Lucia il giorno più corto che ci sia”. La sua festa annunciava l’arrivo di giorni più lunghi, della luce, come si addice al suo nome radicato nei termini lux, lucis, dal significato originario “nata nelle prime ore del mattino” o “durante il giorno”.
Ha assunto nel passato le funzioni di una dea minore portatrice di luce, Lucina, che per gli antichi guariva e preservava dalla malattie agli occhi. Lucina era anche l’appellativo di Giunone, della romana Diana e della greca Artemide. Un culto, il suo, diffuso in tutta Europa e che probabilmente, per i suoi attributi e funzioni, è stato accolto all’interno di una buia grotta a Taurisano, nei pressi della Masseria Grande.
Un antro dal quale si dipartono diversi cunicoli, e la cui discesa conduce il fedele nell’oscurità dei sensi ma alla ricerca della luce, della Sua luce. Lo stillicidio delle acque di percolamento nel suolo carsico e che ricadono dalla volta, avrebbe il potere, secondo una leggenda popolare, di ridare la vista a chi è affetto da cecità.
Al suo interno una piccola stele con tracce di affresco ed una croce bene in evidenza, lì, dove un tempo doveva esserci, secondo un racconto che i taurisanesi si tramandano da generazioni, l’immagine a fresco della Santa per la quale il vicino comune di Ugento ne reclamava la proprietà. Venne posta quindi al centro di una prova che vide come protagonisti due cechi, uno per ognuno dei comuni al centro della contesa. Chi tra i due avesse ricevuto la grazia della guarigione bagnandosi gli occhi con l’acqua che cadeva dalla volta, avrebbe condotto la sua comunità alla vittoria, aggiudicandosi la facoltà di poter rilevare l’icona. La sorte scelse il cittadino ugentino, che con il cuore colmo di gioia per avere ricevuto in dono la vista, condusse con i suoi concittadini l’immagine di Santa Lucia nell’antica città messapica.
Anche se l’icona della portatrice di luce era stata rimossa dalla sua collocazione originaria, il culto non si estinse dalla contrade taurisanesi, nelle quali, proprio di fronte alla scalinata di accesso alla grotta, si ersero con il tempo due edifici, uno di stampo prettamente rurale, le cui pareti interne si sono arricchite con gli anni di nomi, date, invocazioni, preghiere, ma anche scarabocchi e irriverenze; ed un secondo, leggermente più ampio, e di moderna fattura, realizzato nel 1977.
Una tripilicità di culto, cristiano, che ironicamente si sovrappone all’essenza trivalente di altre divinità, pagane, come Ecate ad esempio, in grado di viaggiare liberamente tra il regno dei vivi al regno dei morti, simbolicamente rappresentato qui da una grotta, buia e profonda, e delle scale che conducono verso i due edifici religiosi più in alto, dove è venerata la luce, Lucia.
Marco Piccinni
BIBLIOGRAFIA:
Alfredo Cattabiani – Calendario. Le feste, i miti, le leggende e i riti dell’anno. Mondadori (2003)
Alfredo Cattabiani – Santi d’Italia. Vita, leggende,iconografia, feste, patronati ,culto. BUR (1993)