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I ruderi dell’Abbazia del Civo

Matonna de Ciu, Santa Maria del Civo, Sancta Maria del Cibo, le denominazioni che dai giorni nostri fino al lontano periodo di dominazione normanna hanno accompagnano il complesso abbaziale sito tra i comuni di Racale, Taviano e Melissano, fino a non molto tempo fa meta di pellegrinaggio ogni 25 Marzo, giorno che tradizionalmente ricorda l’Annunciazione. Era proprio questa una delle scene che coronava uno dei tre altari presenti all’interno della chiesa, nel suo rimaneggiamento seicentesco, insieme ad una raffigurazione di San Ignazio da Loyola e della titolare, la Madonna del Cibo, una rielaborazione dell’Odigitria con in mano un uccellino bianco ed una melagrana. Un’immagine molto venerata dal conte Goffredo di Nardò, il cui connestabile Giliberto Senescalco venne sepolto nella suddetta abbazia nel 1120.

Da questa  sepoltura è stato possibile delimitare le fondamenta sulla quale poggia la storia di quella che oggi si presenta come pochi ruderi nascosti in grovigli di rovi. Uno studio attento e accorto da parte di Stefano Cortese ha consentito inoltre di retrodatare la frequentazione umana nella zona fino ad un periodo compreso tra il III e il V secolo d.C., durante il quale potrebbe essersi sviluppato un agglomerato rurale romano.

Un complesso di pertinenza monacale dell’ordine di San Basilio fondato nella seconda metà del XI secolo ad opera del già citato Goffredo, visitato da Giacomo Arditi e dal de Giorgi quando ormai l’edificio non godeva più di buona salute, che si svicola tra perdute e ritrovate testimonianze di megalitismo. Nella visita pastorale del de Pennis, nel 1452, risultava già in stato di abbandono. Divenne di proprietà dei Del Balzo, signori di Melissano, che ne disposero una ricostruzione che non servirà, purtroppo, a restituire il giusto valore al complesso un tempo dipendente dall’Abbazia di San Mauro.

Dimenticata dai documenti, dalle visite pastorali, le mura della chiesa e dall’abbazia continuarono il solitario cammino sulla strada del tempo, incrociando il passo con centinaia di fedele che non rinunciavano al tradizionale pellegrinaggio sul finire di Marzo, almeno fino a chè anche l’ultimo muro non si è lasciato andare, sopraffatto da milioni di ricordi e sofferenze. Una contrada un tempo ricca e affollata cade inesorabilmente nell’anonimato. Un altro pezzo di storia che se ne va.

Marco Piccinni

BIBLIOGRAFIA:

Stefano Cortese, Scoperte e notizie inedite su santa Maria del Civo, in “La Piazza”, Taviano, 2007


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