La chiesa della Madonna delle Gnizze, Salve
Silenzio. Nessuno ha più la forza di piangere i morti che di giorno in giorno si accumulano nelle fosse comuni. Volti straziati dal dolore, visi rigati dalle lacrime. Un anno che difficilmente potrà essere dimenticato. Quel 1540 martoriato da un morbo di cui molti ne ignoravano la denominazione. Non faceva differenza conoscere il nome del male che avrebbe potuto ucciderti se non se ne conosceva anche il rimedio per fuggire all’atroce sentenza. Quello che ti impediva di avvicinarti ad un vicino, ad un amico, ad un familiare sofferente per timore di essere contagiati a propria volta. Quello che ti impediva di respirare, di mangiare, di bere, temendo che qualsiasi cosa potesse essere infetta e veicolo di contagio.
Alcuni raggi di luce si fanno strada nella mente di un uomo, entrano con forza dalle pupille in quegli istanti in cui l’occhio vuole destarsi dal sonno e cerca di aprirsi ad un nuovo giorno ma che permane ancorato nella dimensione onirica. Quella luce si muove, si sposta, si altera fino ad assumere un’immagine nebulizzata, confusa di una donna, un volto amico che non si scompone, non si presenta. Sembra non muovere le labbra, non emettere alcun suono eppure si sente una voce. “Scava, cercami tra il fango e i rovi. Riparami dalle intemperie e vi salverò!”.
Il povero contadino protende la sua mano per toccare quell’eterea figura, così irraggiungibile anche se così vicina. Gli occhi si aprono. Quel suo viso rassicurante e radioso si dissolve. E’ giorno. Un altro.
Mosso da un istinto alimentato da un sogno che appare ancora così confuso e surreale l’uomo si veste in fretta, esce di casa e corre nei campi a cercare l’immagine di quella donna che poco prima aveva promesso salva la vita alla sua comunità. Passano le ore, non si avverte la fatica, la fame, la sete. “Nessuno deve più morire! Nessuno deve più morire! Nessuno deve più mo…”. Quel viso, riemerge dalla terra. “Sei tu. Se tu la donna che ho sognato!”. Mosso da coraggio e speranza ritorna al suo villaggio per annunciare la lieta notizia che sembra averlo anticipato. Il paese è in festa, tutti sono già guariti.
Siamo a Salve, in contrade delle Gnizze, lì dove nel 1616 verrà eretta una cappella.
Interdetta al culto e privata degli sguardi di curiosi e fedeli, la chiesa della Madonna delle Gnizze presenta tutte le caratteristiche della semplicità delle chiese rupestri. Un unico ambiento con una monofora oggi murata, come la porta di ingresso. L’immagine rinvenuta da quel contadino venne incastonata sopra l’altare. Ritrae la Madonna della Neve in una composizione cinquecentesca. Il volto reso anonimo dall’abbandono e dall’incuria. Le esili braccia che si stringono amorevolmente sul corpo nudo di suo figlio che regge nei palmi una melagrana.
Poco più in alto un’Annunciazione. L’angelo ormai evanescente che incontra la Vergine e riservata Maria e le svela quello che sarà il suo destino.
Menzionata nella relazione della visita pastorale di Mons. De rossi nel 1711 che così la descrive:
“Ho visitato la chiesa di Santa Maria della Neve, situato in un luogo denominato Le Gnizze, sulla via di Ugento, Grancia della chiesa Madre, eretta nel secolo passato con pubbliche elemosine dei devoti su suolo pubblico. Viene celebrata una messa nella festività di Santa Maria ad Nives da un sacerdote qualsiasi, per devozione. Possiede alcune suppellettili acquistate con le offerte dei devoti. Sulla parete è dipinta l’immagine della Vergine.”
Una storia comune a tante altre, quella delle immagini sacre che riemergono dal sottosuolo dopo anni, secoli di oblio. Come quella delle chiese abbandonate e dimenticate.
Marco Piccinni
un’altra perla riportata alla memoria della gente.