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La Gravina di Riggio, Grottaglie

Uno degli esempi più maestosi di quel fenomeno che da molti è stato classificato sotto il nome di “trogloditismo salentino” è indubbiamente la Gravina di Riggio,  nel comune di Grottaglie, città già celebre sul territorio nazionale per le sue prestigiose ceramiche.

 

Gravina di Riggio

Gravina di Riggio

Secondo il Carducci, nella sua enciclopedica “Storia del Salento” il fenomeno forse comparve e si sviluppò soprattutto in età bizantina. Pur risentendo ovviamente dell’influenza della civiltà greca, l’uomo rupestre preferiva condurre vita autonoma nei villaggi rocciosi o nelle grotte di collina difficili da raggiungere. Società, economia, rapporto, cioè ogni cosa sembrava assumere un carattere di arcaismo e di insufficienza. Ogni famiglia, come ogni comunità del vivere in grotte, si sapeva adattare ad una vita di sacrifici e di stenti, e l’autosufficienza era l’anima del loro esistere appartate. Il fenomeno fu civile e religioso insieme: legato concordemente alla scelta più o meno adatta ad un vivere primitivo. Ma, data la scarsezza delle fonti che diano maggiore luce, è pressoché impossibile stabilire se fu il monachesimo orientale a influire sulle genti civili viventi nelle parti più disagiate dell’estremo meridione bizantino. Oppure, al contrario, se fu, e in che misura, il fenomeno civile a condizionare quello religioso.

Due fenomeni che prendono forme molto nitide intorno all’anno mille che nell’immaginario comune tenderanno a scomparire per dar erroneamente spazio ad un invasione di “monaci basiliani”. Probabilmente gli esponenti del monachesimo orientale trovarono terreno fertile in complessi rupestri già esistenti realizzati in grotte naturali e artificiali, amalgamandosi con le genti che qui decisero di vivere pur di dimenticare i pericoli sempre più insidiosi che le città presentavano. Comunità religiose che si fusero, spontaneamente o su richiesta, con quelle civili in luoghi piuttosto impervi, difficili da raggiungere e spesso occultati da vegetazione o avvallamenti naturali, dove solo chi ci viveva era in grado di muoversi senza problemi.

Era una vita di stenti e povertà ma tranquilla, che non spaventava e che spesso si presentava come una scelta obbligata dall’indebolimento della protezione offerta dalle città, dalla precaria salute del potere militare bizantino minato dalla minaccia longobarda, dalla precarietà e dal terrore che imperversava tra un conflitto e l’altro, dall’ombra sempre più scura delle incursioni saracene.

Casa-grotta nella Gravina di Riggio

Casa-grotta nella Gravina di Riggio

Secondo Uggeri si assiste ad un ritorno effettivo alla vita trogloditica delle plebi rurali di prima dei Messapi, protratta probabilmente a più riprese nel corso dei secoli, che trova innumerevoli raffronti con la Cappadocia e la Grecia.

Case-grptte in parete nella Gravina di Riggio

Case-grotte in parete nella Gravina di Riggio

Nella Gravina di Riggio sono stati rinvenuti reperti che vanno dal periodo eneolitico, nel terzo millennio a.C., di quella che venne definita dal Biancofiore come “la civiltà di Laterza”, fino all’alto Medioevo. Preziosi affreschi bizantineggianti forniscono prove tangibili della presenza dell’uomo in differenti finestre temporali. Ri-scoperti nel 1939, gli affreschi della chiesa rupestre, nota come Chiesa Maggiore, sono stati datati tra il X e XI secolo. Già in pessimo stato di conservazione all’epoca dei fatti, all’interno dell’invaso era possibile riconoscere una Deisis (ritenuta la più antica del territorio pugliese), una Madonna con Bambino, un’arcaica e statica Madonna orante accompagnata da due Santi (probabilmente i Santi Pietro e Andrea), tracce di una colomba simbolo dello spirito Santo fin dai primi secoli del Cristianesimo,i resti di un San Giorgio e di un Sant’Eliseo (un vero e proprio unicum della pittura bizantina pugliese) oltre che ad elementi geometrico e floreali che si alternano ad altre figure rimaste ignote.

Una piccolo luogo di culto che spesso passa inosservato e che giorno dopo giorno si incammina sempre più verso la totale scomparsa. Gli affreschi già di difficile lettura al tempo della riscoperta versano oggi in uno stato ancora peggiore, alimentato da atti di vandalismo e da esigenze pratiche di utilizzo di spazi di fortuna da parte di chi frequenta ancora questi luoghi. Una piccola chiesa rupestre eclissata dalla principale attrattiva che farebbe della Gravina di Riggio il luogo in cui è possibile ammirare l’unica cascata naturale della Puglia. Una verità solo parziale in quanto la “celeberrima cascata” è alimenta da acque meteoriche che in condizioni di abbandonanti precipitazioni si riversano nel letto della gravina ma che sembra sufficiente per spingere ogni giorno decine di curiosi ad avventurarsi tra queste contrade, spesso solo per vedere se l’acqua c’è o meno prima di tornare a casa.

Cascata della Gravina di Riggio

Cascata della Gravina di Riggio

Decine e decine di grotte che si aprono sulle pareti rocciose, molte apparentemente inaccessibili, alcune antichissime e popolate fin dall’alba del genere umano, altre recenti e corredate da alcuni comfort e composte da diversi ambienti, altre ancora riutilizzare per diversi scopi, religiosi e non, come la Chiesa maggiore e la cosiddetta farmacia. Molte le croci incise. Occultate e poco visibili le vie di accesso, coltivazioni di vario ordine e grado.

NOTA: La gravina di Riggio appartiene a privati. L’unico modo per visitarla è tramite l’associazione Millenari di Puglia.

Marco Piccinni

BIBLIOGRAFIA:

Luigi Carducci Storia del Salento – Congedo Editore (2007)

Enrico Menestò, a cura di, Le aree rupestri dell’Italia centro-meridioanale nell’ambito delle civiltà italiche: conoscenza, salvaguardia, tutela. Atti del IV convegno internazionale sulla civiltà rupestre. Savelletri di Fasano(Br) 26-28 Novembre 2009


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