I 4 frantoi ipogei di Specchia
[…] Attraverso la Via dei Frantoi Ipogei: Ex Convento dei Francescani Neri -Via Perrone – Via Principe Orsini – Via Cicca – Via Garibaldi, un percorso in uno dei “Borghi più Belli d’Italia”, quasi interamente sotterraneo, si potranno ammirare quattro frantoi ipogei: Scupola, Cicca, Perrone, Francescani Neri, che insieme agli altri presenti nel sottosuolo di Specchia, rappresentano le testimonianze storiche dell’enorme produzione dell’olio d’oliva che questa cittadina vantava nei secoli scorsi e possono essere considerati gli ultimi esempi d’archeologia industriale.Valorizzarli, restaurarli e recuperarli, significa evidenziare il faticoso lavoro di generazioni di salentini per produrre un antico condimento, ma sempre nuovo […].
A Specchia, come nel resto del Salento, i frantoi sono stati edificati nei secoli XV – XIX, ipogei ed in minima parte semipogei, sono stati ricavati in banchi calcarenitici di “tufo” o “pietra leccese”. Il piano di calpestio è inferiore dai tre ai cinque metri, rispetto al piano stradale o piano campagna. Si presume che fossero di due tipi le ragioni per cui i frantoi erano realizzati sottoterra, il primo di natura economica, in quanto la facilità di scavo rendeva più conveniente il lavoro al contrario della sua costruzione in superficie; la seconda è di natura tecnica, infatti, per agevolare la separazione della acqua de sentina dall’olio d’oliva, occorreva mantenere una temperatura costante che si aggirava intorno ai 19 ‑ 20 gradi, anche per questo motivo si preferiva orientare l’ingresso verso sud, per ripararsi dalla tramontana.
Chi “amministrava “il frantoio” o trappitu era il nachiro, il termine deriva dal greco “naùkleros” (padrone della nave), mentre nel vernacolo salentino “nachiru” era colui che dava le direttive ai frantoiani e in più in generale “amministrava “il frantoio” o trappitu, ma la sua mansione principale era quella di “tagliare” l’olio, poiché effettuava personalmente tutta l’operazione di purificazione e separazione dall’“acqua de sentina” (acque di vegetazione). Il “nachiro”, in particolare, stabiliva gli orari delle lavorazioni, dei riposi, deteneva le offerte che i clienti facevano ai lavoranti e le distribuiva a suo insindacabile giudizio.
Oltre al nachiro, venivano impiegati almeno 5 manovali detti “trappitari” ed un ragazzino che svolgeva mansioni minori come portare da bere, cucinare, pulire, accudire agli animali, fare piccole commissioni. Durante il periodo delle lavorazioni, dal 1 novembre al mese di maggio, il “trappito” era considerato come un luogo sacro: “u trappitu è comu na chiesa”. I “trappitari” si recavano nelle loro dimore solo per la Festa dell’Immacolata, per Natale e Capodanno. Spettava al “nachiro” benedire il cibo prima dei pasti con il segno della croce e prima di raccogliere l’olio d’oliva nelle pile, si recitavano le preghiere della sera e il santo rosario. Il piatto più cucinato era la “pignata” di legumi, preparata sul fuoco di zolle di sansa. I turni di lavoro erano dalle 2 di notte sino alle 6 di sera, mentre il riposo avveniva su un sacco pieno di paglia.
“Il Gallo”,articolo di Sabato 05 Luglio 2008
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Hi Nina, you’d contact Proloco of Specchia to have informations and the possibility to visit this places. They are usually closed.