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Castrum, ecco il porto che accolse Enea

Articolo pubblicato sul quotidiano LA REPUBBLICA del 26 aprile 2007 – Cronaca Nazionale – Pagina 37

ROMA – Lì approdò Enea. Lì mise finalmente piede in terra d´Italia. La terra promessa, l´”antica madre” come gli aveva predetto l´oracolo di Apollo. E per la prima volta dopo tanto vagare, si sentì a casa. Accadde a Castro, cittadina sulla costa adriatica del Salento, come dimostrano le ultime scoperte degli archeologi dell´Università di Lecce. Perché Virgilio racconta che Enea, già prima di attraccare, aveva scorto da lontano il porto e “sulla rocca il tempio di Minerva”. E secondo lo storico Dionigi di Alicarnasso (e poi tutti i commentatori di Virgilio), Enea sbarcò in una località chiamata Castrum Minervae. Dunque il nome di Minerva ritorna, insistente. E a Castro, nei giorni scorsi, è venuto alla luce proprio il suo tempio. «Non ci sono dubbi», dice Francesco d´Andria direttore della Scuola di specializzazione in archeologia dell´Università. «Abbiamo trovato frammenti di una statua di divinità femminile, e molte armi in ferro a lei offerte. In quel tempio si venerava una dea guerriera. Si venerava Minerva».
Finora Castro era solo uno dei candidati del famoso sbarco, assieme a Porto Badisco e ad altre insenature affacciate sul canale d´Otranto. L´eroe Enea, in fuga da Troia, aveva sostato nell´isola greca di Delo (sede dell´oracolo di Apollo) e poi a Butrinto in Epiro, città oggi sulla costa dell´Albania al confine con la Grecia. Da lì la prima tappa in Italia non poteva essere che il Salento. Una traversata che i marinai delle due sponde fanno da sempre, fino agli scafisti albanesi di pochi anni fa. Virgilio parla di un´alta rocca addentrata rispetto alla riva del mare. E infatti Castro domina da lontano e dall´alto il proprio porto (Castro Marina) e il mare. Ora è protetta da mura possenti costruite dagli Aragonesi dopo l´assedio turco di Otranto del 1480. Ma sotto di quelle gli archeologi stanno portando alla luce mura molto più antiche, costruite tra il IV e il III secolo a.C. dai Messapi, gli antichi abitanti del Salento. Mura fatte di blocchi di pietra lunghi più di un metro, e intervallate da torrioni, cremagliere, porte, postierle che terrazzavano tutta la collina fino al mare.
Già all´epoca di Virgilio, dunque, Castro era una fortezza. Era, per l´appunto, “castrum”. Si è trovata anche la porta d´ingresso principale per chi giungeva dal porto. E sopra il bastione che la proteggeva, sono venute alla luce le fondazioni del tempio. Purtroppo buona parte delle sue pietre è stata riutilizzata dagli Aragonesi per le nuove mura. Però è rimasta parte della decorazione del frontone. E si sono trovati vasetti in miniatura e le tipiche coppette usate per le libagioni rituali. E, tra i doni alla dea, monete d´argento, vasi di marmo delle isole Cicladi, statuette in bronzo di offerenti e ovviamente le armi, punte di freccia e di giavellotto in ferro. Era sicuramente un santuario molto importante, se Virgilio ha scelto di citarlo nel suo poema. «Forse la sua fama giunse a Roma con Quinto Ennio, il famoso poeta salentino del III secolo a.C.», ipotizza D´Andria. «Fu il fondatore della poesia epica latina, nei suoi Annali celebrò la storia di Roma dalle sue origini, e sappiamo che Virgilio si ispirò a lui. Probabilmente in modo molto più ampio di quanto sospettiamo».
Insomma, oramai è certo: l´odierna Castro è l´antica Castrum Minervae. Ha le mura, una vera fortezza, e ha il tempio della dea. E già il sindaco sta meditando di cambiare il nome alla cittadina. Presto riavrà il suo nome antico.


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