“Cuccuàsci” e “carzi larghi”
La cuccuascia, è il termine dialettale con cui nel salento si indica la civetta, che secondo alcuni simboleggierebbe l’uccello del malaugurio. La civetta fa parte del simbolo dello stemma di Galatina insieme alle chiavi pontificie e ad una corona. Era anche, insieme al gufo, l’animale associato alla dea Minerva, la corrispettiva dea romana della greca Atena.
Minerva era la figlia di Giove e di Metide. Venne considerata la divinità vergine dei guerrieri, della poesia, della medicina, della saggezza, del commercio, delle arti, nonché inventrice della musica. Con il termine di Minerva Medica, fu la protettrice della medicina e dei dottori.
Adattando il mito greco di Atena, i Romani le attribuirono una nascita non naturale, dovuta piuttosto ad una terribile emicrania di Giove. Vulcano ne aprì la testa estraendone Minerva già dotata d’armatura e scudo, immagine che ha influenzato gli scrittori occidentali nel corso degli anni.
Gli elementi dello stemma di un comune sono molto importanti in quanto testimoniano parte del passato e della storia dello stesso. La civetta infatti è da ricondurre proprio a Minerva in quanto ampiamente venerata nel territorio salentino da i nostri antenati Japigi, così come attestano numerosi rinvenimenti e templi a lei dedicati. Galatina, nel 1200, era inoltre una fiorente comunità di cultura e lingua greca, nella quale si celebravano riti religiosi anche secondo il rito latino.
Le chiavi pontificie che sovrastano la civetta sarebbero un dono concesso dal pontefice Urbano VI e non sembrerebbero essere comprese in nessun altro stemma italiano se non in quello pontificio. In realtà si tratterebbe di un dono che il pontefice fece alla città di Galatina per ringraziare i suoi abitanti di averlo salvato, guidato da Raimondello Orsini del Balzo, dalla prigionia a Nocera. Questo ebbe anche il duplice scopo di favorire la diffusione del rito latino in una terra in cui il rito greco e bizantino erano assai più diffusi.
Infine, la corona sarebbe una testimonianza del passato di città regia e demaniale nel medioevo, nonchè testimonianza di una coraggiosa resistenza alle incursioni dei nemici di Alfonso II, nel 1484.
Nonostante la civetta sia associata ad un figura così importante, nella tradizione popolare collettiva è anche simbolo di credulità, ed è in questo senso che bisogna cercare la spiegazione del significato del soprannome dei galatinesi.
Si racconta che dopo aver terminato di sistemare il raccolto, un contadino di Galatina ricette la visita di una civetta che lo importunò con il suo verso: cucuu cucuu. Non sappiamo cosa frullasse nella mente del contadino in quel momento ma quello che credette di aver udito dalla civetta fu: “tuttu meo“, “tuttu meu“.
Il contadino cominciò allora una aspra discussione con la civetta, per patteggiare un cospicuio compenso in raccolto purchè se ne fosse andata via. La civetta però, non potendo comprendere quello che il contadino le stesse dicendo, continuò con il suo verso. Temendo che la civetta potesse effettivamente portarsi via tutto il raccolto decise che, se non poteva essere suo, allora non sarebbe stato di nessun altro; così gli diede fuoco, distruggendo mesi e mesi di duro lavoro nei campi.
Il secondo termine invece, carzi larghi, indicherebbe l’espressione facciale che assumono i galatinesi mentre parlano, per produrre alcuni suoni tenderebbero ad allargare le guancie. Questo fu ritenuto in passato come un brutto segno, tanto da additare i galatinesi come dei racconta frottole, vanitosi e imbroglioni…ovviamente sono solo dicerie e niente di tutto questo corrisponde a realtà.
Marco Piccinni
BIBLIOGRAFIA:
“Agenda di Babbarabbà 1997. Soprannomi paesani nelle province di Brindisi, Lecce e Taranto tra storia e fantasia” – supplemento del “Quotidiano” dicembre 1996 (Arti grafiche Mondadori) a cura di Antonio Maglio
SITOGRAFIA:
bello questo video http://www.youtube.com/watch?v=w_Tv9VHHaqY