Il Carnevale di Gallipoli
Il Carnevale è una tipica festa che si celebra nei paesi a tradizione cattolica, trasformata nel tempo da un rituale prettamente pagano, orientato all’esagerazione ed alla sovversione degli schemi in ciu la società vigeva, ad un rituale di abbondanza e festa prima del lungo periodo di diugno che si prospetta con la quaresima, il quale termina con il sopraggiungere della Pasqua.
I festeggiamenti del Carnevale, che per quanto detto hanno origini antichissime ed affondano le proprie radici nei rituali diniosiaci o dei saturnali, sono diffusi, anche se in diverse proporzioni, in tutta la penisola Italiana. Oltre a quello di Putignano, che ha mosso i primi passi nel XIV secolo rendendolo di fatto uno dei più antichi di Puglia, questa regione ospita anche un altro importante carnevale, anche questo molto antico ma di per sè non particolarmente noto oltre confine regionale: il carnevale di Gallipoli.
Dalle origini ancora imprecisate, vanta una tradizione artistica ed artigianale notevole, grazie all’intervento dei bravissimi artigiani leccesi che hanno saputo portare l’arte della carta pesta ai massimi livelli, ottenendo veri e propri capolavori.
Con uno spirito del tutto nuovo, dal 1954, il Carnevale di Gallipoli rivive l’esuberanza e l’allegria dei giorni di festa che hanno contraddistinto la tradizione carnevalesca salentina. Nei giorni che vanno dal giovedì al martedì grasso, una serie di eventi e sfilate si susseguono nel borgo nuovo portando una ventata di spensieratezza in grado di oscurare ogni male e preoccupazione, anche se solo per pochi giorni.
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Durante questo periodo non esiste distinzione sociale, non esiste il ricco ed il povero, non esiste l’oggi e il domani, esistono solo delle maschere che imitando in diversa misura fatti e aneddoti di vita vissuta, di attualità, del mondo del cinema e dei cartoons, che stravolgono il normale ordine degli eventi portando lo spettatore a toccare con mano la pura irrazionalità.
Spesso però, l’esagerazione e l’abbondanza possono far deflaglare il clima spensierato ed allegro in un rigido e disperato dolore, come quello della morte di un giovane. “lu Tidoru“, un militare gallipolino che per recuperare il tempo perduto dopo un lungo periodo di assenza dal paese natale, ne approfittò trangugiando, per festeggiare come si deve il carnevale, quanto più carne possibile finendo poi strozzato per la troppa ingordigia. Da quell’evento, reale o fantasioso che sia, lu Tidoru accompagna ogni edizione carnevalesca gallipolina, facendo la sua comparsa nella sfilata in una bara che ne commemora la scomparsa.
Arriva poi il mercoledì, il giorno delle ceneri, la festa si spegne e si rientra nei canoni della società che vede categorizzati gli individui e le professioni, non c’è più festa, non c’è più allegria…l’atmosfera torna a tingersi del rigore religioso che la quaresima richiede.
A ricordare quello che è stato dell’ultimo carnevale, rimarranno solo dei fantocci di paglia, le curemme, vedove del carnevale defunto al termine dei festeggiamenti del martedì grasso, ad attendere su balconi e terrazze l’arrivo della Pascqua, giorno in cui vengono bruciate. Con questo gesto di saluta l’ultima traccia del Carnevale che fu, per dare il via ad una nuova lunga attesa per il Carnevale che verrà.
Marco Piccinni
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