La cripta di Sant’Apollonia in San Dana
La penisola salentina ha ereditato dalla moltitudine di popolazioni e culture che ha ospitato nel corso di secoli, un patrimonio culturale ineguagliabile fatto di cripte, affreschi, antichi porti, monumenti e luoghi di culto. Uno di questi luoghi è sito a San Dana, si tratta di una piccola cripta, sita in una zona periferica della frazione di Gagliano del Capo, restaurata tra il 2007 ed il 2008 grazie ai fondi del Pis 14 e sottoposta ad ulteriori studi archeologici dalla sopraintendenza leccese. La cripta è dedicata a Sant’Apollonia, di cui si può ammirare uno splendido affresco su di una parete laterale, rappresentata frontalmente con in mano la palma del martirio ed un giglio bianco e contornata da nubi e angeli.
Apollonia era un vecchia donna cristiana che viveva in un luogo ancora del tutto impreciso, se Roma o Alessandria d’Egitto, aggredita da una sommossa scatenata da un indovino pagano, nella quale le furono strappati i denti con delle cesoie. Per questo motivo divenne la santa protettrice dei dentisti e odontotecnici. Dopo la tortura fu minacciata di morte se non avesse professato parole di scherno contro i santi cristiani; si rifiutò e si gettò di sua spontanea volontà nel rogo che era stato preparato appositamente per Lei.
I denti della martire fanno la loro comparsa anche nelle iconografie tradizionali. Papa Pio VI si è incaricato di raccogliere quelli che potessero essere i presunti denti di Santa Apollonia in uno scrigno, che arrivò a pesare 3 kg, per poi gettarlo nel Tevere. Sono ancora a centinaia però quelli che si presumono possano essere altri denti della martire.
Da uno studio sugli affreschi della piccola cripta di San Dana, dalle dimensioni comprese in un volume di 11 metri per 7 ed un altezza oscillante intono ai 2 metri, si è potuto risalire in parte alla sua storia e di quelli che potrebbero esserne stati gli usi durante le diverse epoche storiche. Un altro indizio è fornito da una piccola celletta, nella quale è ricavato un sedile, posta a destra della scalinata in ferro realizzata in occasione dei lavori di recupero, e che potrebbe svelare in parte la chiave delle sue orgini.
Questo sedile potrebbe indicare, anche se non vi sono prove in merito, che la data di realizzazione e utilizzo al culto religioso di questo luogo sia intorno al III- IV secolo d. C., periodo in cui cominciavano a formarsi le prime comunità cenobitiche su un nuovo percorso di fede intrapreso da Pacomio di Esna e Sant’Antonio Abate. Alla forma anacoretica si preferiva dunque quella comunitaria anche se le esperienze di uomini e donne che si abbandonavano ad una totale solitudine erano ancora piuttosto frequenti.
La cripta di Sant’Apollonia potrebbe essere dunque un eremo, un luogo scelto da un anacoreta per vivere in silenzio e solitudine la propria dimensione religiosa in una rara testimonianza di monachesimo pre-basiliano. Il sedile sarebbe l’unico strumento per il riposo, reso ovviamente difficoltoso dalla posizione non naturale assunta durante il sonno. Una delle innumerevoli prove di resistenza alle quali si sottoponevano questi uomini, convinti che la purificazione poteva essere raggiunta rinunciando ad ogni forma di comodità.
La presenza di un sedile potrebbe essere anche l’indizio della presenza di un ulteriore ricerca, quella oracolare, l’uomo che si erge fino a raggiungere il divino, di cui il trono ne è il simbolo. Le cripte o i templi sacri venivano spesso utilizzati per il cosiddetto fenomeno dell'”incubazione“, tramite il quale il divino avrebbe inoculato la sua essenza in coloro che solevano dormire all’interno dei luoghi di culto.
Un’ulteriore teoria renderebbe più recente la cripta riconducendola alla mano di monaci italo-greci, che invece seguivano i rituali di preghiera e meditazione impartiti da San Basilio. Questo potrebbe essere anche una giustificazione alla sovrapposizione degli affreschi presenti su buona parte delle pareti laterali (tutte eccetto quelle dirette ad ovest) e di quello che rimane della volta, soggetta a diversi fenomeni di crollo ed oggi sostituirà con una tettoia realizzata in seno al programma di recupero. Questa dovrebbe servire a preservare gli affreschi ancora presenti da ulteriori fenomeni di deterioramento.
Le raffigurazioni più antiche riscontrate risalgono al XI secolo mentre quelle più recenti sono datati 1758, decisamente un periodo di continuità del culto piuttosto ampio.
Alcuni di questi affreschi sono stati distrutti o danneggiati da atti vandalici compiuti da cacciatori di tesori che ritenevano di poter trovare oro e pietre preziose dietro le effigi dei santi raffigurati, alcuni dei quali posizionati all’interno di tre archi ciechi, che spaziano (oltre a quello di Sant’Apollonia) dalla Vergine con il bambino, all’Arcangelo Michele, ad un ostensiore circondato da lunghi tralci di vite (sulla volta) alla Trinità con Cristo Crocefisso… .Quest’ultimo è molto particolare: Il Cristo sanguinante è ancora sulla croce, sorretta a sua volta da un vecchio canuto, suo Padre, che cerca di avvolgerlo nel suo mantello; una colomba bianca avrebbe rappresentato lo Spirito Santo ma è scomparsa con il tempo. Altri affreschi sono presenti ma non è purttroppo possibile identificare correttamente chi rappresentino.
Altri danni sono stati invece recati dalle ultime generazioni che hanno voluto lasciare, con chiodi o altri oggetti appuntiti, un segno del loro passaggio con stupide incisioni e blasfemie.
Del contenuto orginario della cripta rimangono il pilastro centrale, che sorregge parte della volta rimasta ancora intatta ed una scala, che sarebbe dovuta servire come accesso principale, realizzata sicuramente in un secondo momento in quanto nasconde alcune affreschi.
La cripta potrebbe essere stata abbandonata intono al 1480, anno in cui la più devastante invasione saracena che il Salento ha conosciuto ha distrutto il Monastero di Casole ad Otranto, che svolgeva un ruolo centrale per buona parte dei comuni del capo. Ad ogni modo questa cripta venne frequentata anche successivamente per consentire a religiosi e fedeli di venerare le sacre pitture. Ancora oggi, anche se di rado, è possibile assistere a brevi pellegrinaggi di cristiani che si recano presso la cripta per un breve raccoglimento in preghiera o anche per semplice curiosità.
Speriamo che presto anche gli affreschi della cripta possano essere restaurati per poterla riportare all’antico splendore.
Marco Piccinni
BIBLIOGRAFIA e SITOGRAFIA:
Antonio Biasco, “San Dana nella storia del Capo di Leuca”, 1979 – Deltagraph
Circolo Legambiente di Gagliano del Capo, “La Cripta di Sana Apollonia in San Dana”, 1999
L’angelica AUREOLA ed alcuni SEGNI presentano la discendenza da una comune TRADIZIONE……… che nella fattispecie,
evolverà nella specifica RELIGIONE CRISTIANA.