Il convento dei Francescani Neri a Specchia
Indimenticabile…, come canta Gianna Nannini che tra questi corridoi ha girato parte del video del suo omonimo successo. E’ l’aggettivo che più di ogni altro qualifica l’esperienza vissuta all’interno di questo antico luogo di culto dove si intrecciano leggende, arte e spiritualità.
Siamo nel convento dei Francescani Neri, a Specchia, la cui erezione sarebbe stata profetizzata da San Francesco d’Assisi, di ritorno dalla quinta crociata alla quale era stato inviato come emissario dal sultano Ayyubide al-Malik al-Kāmil, per cercare di porre fine pacificamente ai conflitti che straziavano il cuore di una terra sacra a tre religioni. Il frate avrebbe fatto sosta a Specchia, attirato da un forte profumo di arance. Trovata la fonte di quell’ipnosi sensoriale avrebbe colto un frutto che, alzatolo al cielo, venne trafitto da un raggio di sole. Il segno divino venne interpretato da colui che diverrà una delle colonne portanti della Chiesa come una vera e propria rivelazione: “Qui sorgerà un convento”. Così avvenne pochi secoli più tardi, un convento che avrebbe abbracciato con il suo chiostro l’aranceto, l’intermediario dell’azione divina con il giudizio terreno.
Francescani Neri, un epiteto che potrebbe evocare inconsciamente tetri ordini religiosi, nasce dalla fusione della regola francescana con quella benedettina. I frati seguaci del Santo d’Assisi erano soliti vestire con un saio marrone, ma, divenendo conventuali, decisero di adottare il saio nero.
Le origini del nucleo originario del convento, realizzato sopra un frantoio ipogeo ed una cripta di origine bizantina, sono ancora incerte. ‘400 secondo alcuni o addirittura precedentemente secondo altri. Sono ad ogni modo accertati segni e rifacimenti risalenti a differenti epoche, come dimostrerebbero ciò che rimane di alcuni affreschi all’interno della chiesa ad unica navata, di stampo basso-medievale, i cinque altari (di cui quello maggiore risale al 1600), il pavimento-mosaico, la bellissima cappella dedicata a Santa Caterina di Alessandria, realizzata nel 1532 e che si presenta oggi come l’unica porzione della chiesa interamente affrescata. Qui le iscrizioni esegetiche danno un nome alle figure che ci osservano nella ricchezza o nella semplicità dei loro abbigliamenti, in una placida postura, come ad esempio i Santi Medici, San Leonardo, una Madonna con bambino e l’inusuale Santo frate ascetico con ai piedi un demone, San Marone. A queste immagini serene se ne contrappongono altre più cruente che richiamano le scene della passione di Cristo, del martirio di Sant’Agata, alla quale vennero asportati i seni, e di quello di Santa Caterina di Alessandria, costretta al supplizio della doppia ruota dentata, distrutta dall’intervento di un angelo che condannò i carnefici alla stessa sorte destinata alla donna.
Dal coro è possibile accedere alla cripta di origine bizantina, sorretta da 36 colonne, tutte con capitelli differenti, disposte su 4 file. Su una di esse un bellissimo e nitido fiore di vita, l’unico presente in questo ambiente destinato a cappella funeraria, “riscoperta” nel 1949, come ricordano alcune iscrizioni:
L’uomo /a cui dava orgoglio / la forza del corpo la ricchezza / l’antichità del linguaggio/ in queste ceneri riconosci / cittadino o forestiero che tu / sia la polvere ritorna polvere / la carità sola e la fede / sono immortali /beato chi visse pellegrino / e pose ogni sua speranza in Dio / che da eterno premio e corona.
Pietose genti / che visitando i sepolcri / ricordate i genitori le spose / i cari nostri figlioli / non turbate con vane lagrime / la loro pace essi nel / dì della tribolazione e / invocarono il Dio della misericordia / egli ne custodisce le ossa / ne uno solo sarà calpestato / le loro anime / purgate dal fuoco / accoglierà / dove eterno è il gaudio e / il riso.
Imparate da noi, coi che camminate sopra di noi. Noi eravamo come voi ora siamo distesi sotto i vostri passi. Non ci hanno giovato ne i consigli ne l’arte, ne la medicina. […]
Dopo l’abbandono da parte dell’ordine francescano, il convento venne adibito sul finire dell’800 ad educando femminile, utilizzando le celle dei frati come piccole aule, gestito dalle Figlie della Carità, per essere poi reimpiegato come orfanotrofio per buona parte della seconda metà del XX secolo. Abbandonato intorno agli anni 80, l’edificio è stato ristrutturato per poter essere riutilizzato, anche se al momento non trova nessuna collocazione.
Marco Piccinni
sembra che l’erezione della chiesa di Specchia,voluta da San Francesco,si possa gemellare con quella di Lecce “San Francesco della Scarpa” secondo la legenda il Santo dopo aver mangiato un arancio seppellì i semi ecc.
Si. le due leggende sono connesse, insieme a quella in cui san francesco avrebbe ricevuto in dono da un angelo un tozzo di pane, dopo aver bussato ad una casa i cui proprietari non riuscivano a soddisfare la richiesta di elemosina del mendicante.