La Taranta vista da Johann Hermann Von Riedesel, barone tedesco del XVIII secolo
Questo articolo è tratto da una raccolta delle opere che alcuni scrittori-viaggiatori europei, venuti in visita in Italia, hanno scritto in relazione al fenomeno del Tarantismo, e che potete visionare sull’apposita pagina dei nostri amici di FriendsOfPuglia, curata da Monia Saponaro. Vi invitiamo caldamente a visitarla per maggiori e interessanti informazioni.
PASSEGGIATE IN ITALIA
Johann Hermann Von Riedesel, barone di Eisenbach (1740-1785) è il primo fra i viaggiatori tedeschi moderni che visitano il sud ed includono la Puglia nel loro itinerario. Ciambellano alla corte di Prussia, e in seguito ambasciatore plenipotenziario alla Corte di Vienna. A questo itinerario si ispirerà Goethe nel suo viaggio in Italia.
Non particolarmente prestante nella persona, esclusa quindi la carriera militare, non gli restava aperta che la carriera amministrativa per prepararsi alla quale, il von Riedesel si accinse, com’era d’uso, ad affrontare dei viaggi che gli avrebbero permesso di ampliare al propria conoscenza del mondo e di allargare l’ambito delle proprie conoscenze. Grazie ad un’eredità lasciatagli da un parente, il giovane Johann Hermann si trovò nelle migliori condizioni per organizzare il proprio futuro. Nel marzo del 1758 si iscrisse all’Università di Erlangen per studiarvi diritto, eloquenza, arte poetica, filosofia e dove ebbe modo di coltivare i suoi interessi classici. Compì estesi viaggi in Austria e Germania. Nel 1762 venne per la prima volta in Italia arrivando sino a Napoli.
La stesura degli appunti di viaggio, Reise durch Sizilien und Grossgriechenland, era avvenuta per soddisfare il desiderio dell’amico Johann Joachim Winckelmann che si aspettava da essi notizie più precise sui resti dell’antichità classica in Sicilia e nella Magna Grecia.
La fisionomia intellettuale del von Riedesel è caratterizzata da una forte curiosità e dalla spregiudicatezza del giudizio. Egli è attratto dal paese straniero e l’esperienza della diversità relativizza il suo sistema di valori facendolo approdare ad una migliore comprensione del paese visitato e poi, di rimando, del proprio paese. Senso del relativo, tolleranza nei confronti dell’altro e scoperta di ciò che nell’uomo è proprietà comune universale sono i frutti più maturi della sua esperienza di viaggio.
Di resti classici, in Puglia, ne trova abbastanza pochi.
Con interesse non minore, il barone tedesco osserva il fenomeno della realtà pugliese che attrae l’attenzione dei viaggiatori stranieri, il tarantolismo. Constata che la tarantola è effettivamente molto diffusa in tutta la Puglia e nei dintorni di Taranto in maniera particolare e che le persone che si reputano ammalate sembrano guarire davvero ballando al ritmo della tarantella; d’altra parte, però, crede che vada comunque presa in considerazione anche l’opinione di chi nega un rapporto causa – effetto fra i morsi della tarantola e i sintomi del “tarantolato”.
Si dice convinto che responsabili del tarantolato siano un complesso di fattori che vanno dalle condizioni ambientali a quelle climatiche, (aria greve e acqua piovana che inaspriscono gli umori e provocano quindi malinconia e inappetenza). La constatazione che il fenomeno è diffuso maggiormente tra la gente del popolo di sesso femminile, appartenente ad una fascia d’età (sui quarant’anni) e ad un certo stato civile (nubili) gli suggerisce un’ipotesi ancora più radicale di “squilibrio dello spirito, prodotto dalla disperazione di non trovare un amico, od un amante alla sua età e con un aspetto così sgradevole”.
Tratto da: NELLA PUGLIA DEL ‘700 ( A cura di Tommaso Pedio , Lorenzo Capone editore, Lecce, 1979)
Il “Phalangium Apulu” e il tarantolismo.
” Ho visto adoperare un metodo molto singolare per battere i piselli e le fave: una cornamusa suona, e venti o venticinque persone, con zoccoli si mettono a ballare, vigorosamente, sopra questi legumi,ed in questa maniera li pestano.
Fa meraviglia vedere, in un clima così caldo, la gente, che lavora ballando, e guarirsi dalla morsicatura della tarantola ballando, ed avere un gusto così spiccato pel ballo, che si manifesta in tutte le occasioni. A proposito della tarantola eccovi, credo, il luogo, in cui vi possa comunicare, quanto ho veduto e notato, intorno a questo animale, ed alla sua morsicatura.
Questo aracnide, che si mostra in tutti i gabinetti di storia naturale, è effettivamente molto comune, nei dintorni di Taranto, da cui piglia il nome, né lo è meno, in tutta la estensione della Puglia.
Tutto quello che se ne racconta è vero cioè che le persone, che ne sono morsicate, guariscono, per mezzo della danza, e che questa danza deve farsi, al suono di un’aria speciale chiamata tarantella.
Ma non meno è molto verosimile, che questa morsicatura non sia tanto dannosa, e che non produca proprio i sintomi che osservano, nelle persone, che se ne credono morsicate; che il mezzo usato non sia il solo atto a guarire, da questo male, e che, infine, l’abitudine e l’immaginazione vi entrino un po’ più della realtà.E’ così che la pensano i medici, i più dotati di buon senso, di Taranto e delle province, ricordate di su.Vi sono, del resto, delle prove, che depongono a favore, e contro questa opinione dominante. E’ nei mesi di luglio, agosto e settembre che questi aracnidi compaiono, in gran numero, nei campi e ne’ vigneti, ed è precisamente in questi mesi che, d’ordinario, s’incontrano persone, che cercano di guarire dalle loro punture, per mezzo della danza. La musica, sulla quale si balla è sempre sull’istessa melodia; il ballo ordinario del paese; come ogni contrada ne ha uno speciale, p.e. in Germania il ballo svevo, in Provenza il riguadon il fiascone in Toscana, le contradanze in Inghilterra e le fandango in Ispagna , ecc
Ecco, d’altra parte, i dubbi, che si fanno contro questo bisogno, indispensabile di ballare; si dice che, ben di rado, si trovano le tracce della morsicatura, in coloro che si credono morsicati; il caldo eccessivo, un’aria greve e l’acqua piovana, che si guasta, nelle cattive cisterne,inaspriscono e corrompono gli umori (specie a Taranto, dove l’umore salso domina, con tanta violenza)abbattono gi spiriti e producono la malinconia, e la perdita dello stomaco. Gli esercizii , il sudore,e la gaiezza, sono, senza dubbio, i rimedi più efficaci contro simili mali, che sono più frequenti,come le pretese morsicature, presso le donne,che non presso gli uomini. Ci sarà da meravigliarsi quando si saprà che le malattie isteriche sono più ordinarie e violente, in questo paese che altrove e, talvolta, vanno sino al furore.
I movimenti violenti, che produce la danza, perché talvolta accade che una donna balla, per trentasei ore di seguito, senza mangiare, nè bere, scuotono tutta la macchina, mettono gli umori addensati in azione, li dividono e,per conseguenza, il male si addolcisce od anche si può guarire. Da tutto ciò deriva, anche se il popolo è nella persuasione che le persone morsicate sono costrette a ballare tutti gli anni, in questa stagione, perché effettivamente il grande caldo riproduce, spesso, i sintomi della malattia che si crede essere la morsicatura della tarantola. Infine, si può alligare contro i pretesi effetti di questa morsicatura, che tutti coloro, ai quali la loro povertà vieta di pagare dei musici, soffrono, durante una parte dell’estate, ma si sentono molto sollevati, all’avvicinarsi dell’inverno; e che le donne sono più spesso morsicate, e raramente gli uomini. E d’altra parte, non è una forza irresistibile, che spinge a ballare, a ma si ricorre a questo rimedio, spesso, a malincuore, come se si dovesse prendere una medicina. Quelli, invece, che sostengono davvero la morsicatura della tarantola, che produce questi effetti contrappongono, ai dubbi, altri dati di fatto,cioè che, per solito, non è,se non la gente comune, la quale è morsicata, e non mai le persone che se ne possono garantire, e che non sono costrette ad andare a lavorare nelle campagne.
Infatti, non si veggono ballare, se non persone del popolo, e le donne avendo l’abitudine di lavorare, con le braccia nude, sono più esposte ad essere morsicate, e quindi, debbono ricorrere al rimedio. Se,infine,la cosa non è, se non un’affezione isterica, non si vedrebbero,così spesso,delle persone di sessant’anni, o delle donne incinte, di otto mesi, ballare con l’istesso ardore delle altre.
Il marchese Palmieri, a Lecce, mi citò il seguente esempio: egli aveva una parente di quarant’anni, nubile, la quale, tutto ad un tratto,cominciò a perdere il buon umore, a cadere nella malinconia,ed a diventare intrattabile. Si suppose che fosse stata morsicata dalla tarantola; ma , siccome si vergognava di ballare, il suo male peggiorava, di giorno in giorno, in guisa, che si disperava della guarigione. Un giorno, passando in carrozza, davanti ad una casa, nella quale una persona, che i trovava nelle sue condizioni, ballava, non le fu possibile trattenersi, e cedette al bisogno irresistibile, di far anch’essa lo stesso. Si slanciò nella casa, e si mise a ballare, insieme all’altra, e dopo averlo fatto, per lungo tempo, si sentì meglio, disparve la malinconia, e riprese la sua salute primitiva.
Eccovi, mio amico, quanto mi si è raccontato, e che io vi trasmetto,così come mi è stato dato: in quanto a me, sospendo il mio giudizio, sebbene sia convinto che tutto ciò debba mettersi, tra i pregiudizii, che il tempo ha radicati, ed il cui numero così grande, e che verosimilmente, domineranno, ancora per lunga pezza, nel nostro debole mondo. Vi aggiungerò soltanto, ancora, quello che ho visto, con i miei propri occhi dopo di che noi lasceremo, una volta per sempre, la tarantola e i suoi difensori.
Ho veduto, ad Otranto, una giovane di ventidue anni, ballare, per guarirsi da questa sedicente morsicatura. Era molto ben vestita per la sua condizione; il luogo della scena era una camera, ornata di piccoli specchi, di fiori e di abiti di seta, di ogni sorta di colori. Non ballava, in modo frenetico, né come una persona, che si abbandona interamente a questo piacere, ma piuttosto, con una certa freddezza, abbassando gli occhi che di tanto in tanto sollevava per guardarsi in uno degli specchi, per pigliare un atteggiamento decente, ovvero per aggiustare la sua pettinatura, senza per tanto, smettere di ballare. La musica consisteva in due violini, ed in un tamburello. La danzatrice si lavò varie volte il viso, ballando, e faceva attenzione a quanto accadeva attorno a lei. Mi scappò a dire, scherzando, ma a voce abbastanza alta perché l’avesse potuto ascoltare, che, per una danzatrice, aveva le calze non bene tirate. Appena ebbi ciò detto, si mise ad aggiustarle; in quanto alle scarpe la superstizione popolare ha deciso che, in simili casi, non bisogna averne. Ebbi la disgrazia di dispiacerle, perché avevo il mio cappello in testa, ed essa aveva una grande avversione pel nero. Non si trattenne dal farmelo capire e, quando mi tolsi questo cappello, che l’offuscava si rimise a ballare, con gli occhi bassi come prima. Il suo sguardo non aveva niente di strano, al contrario, regnava una dolce tranquillità, e si vedeva che ballava piuttosto a malincuore, anziché con piacere. Ballando, dette ad una donna che stava tra gli spettatori, un garofano che poi riprese ed inghiottì, come s e fosse stata una ciliegia. Ballò diciotto ore di seguito, senza riposarsi, dopo di che i suoi amici la tolsero, di peso, per metterla su di un letto, che avevano avuto cura di riscaldare.
A Bari, ho visto ballare un’altra che, del pari, si credeva morsicata dalla tarantola. Era nubile, e sembrava di quarant’anni. Mi disse che era il settimo anno che ballava, nell’istessa stagione. Non metteva nel ballo, né maggiore attività, né maggior passione della precedente. Vi scorsi l’istesso sangue freddo, e la vidi dare i suoi ordini ballando, sul modo come voleva che si ornasse l’appartamento, o piuttosto la oscura e misera stamberga,in cui si svolgeva la scena: indicò il posto, nel quale doveva mettersi lo specchio, e quello, in cui dovevano piazzarsi gli abiti di seta. Ballava, come l’altra, mirandosi nello specchio, sebbene fosse brutta come il peccato, e dopo aver ballato da sola, prese una ragazza di sedici anni, che ballò un pezzo con lei, e poscia volle, a forza, fammi partecipare dell’istesso onore. Non mi parve del tutto verosimile, che questa disgraziata fosse stata morsicata: attribuii piuttosto la sua mania, ad uno squilibrio del suo spirito, prodotto dalla disperazione di non trovare un amico, od un amante alla sua età, e con un aspetto così sgradevole.
Eccovi, tutto quello che ho potuto osservare io stesso, circa questo aracnide, e gli effetti della sua morsicatura. Converrete con me, mio caro amico, che il pregiudizio, il costume e l’immaginazione hanno maggiore parte della realtà, in questo fenomeno. Notate che non avendo nessun autore antico parlato della tarantola, nemmeno Plinio, che riporta, con tanta cura ed esattezza, tutto quello, che la natura offre di straordinario ai suoi tempi, è chiaro che gli antichi non la conoscevano. E poiché questo grosso aracnide esiste, anche in Sicilia e nella Spagna; nelle province meridionali della (Spagna) e della Francia, senza che si parlasse di un simile metodo, per guarire dalle morsicature, e del quale non si parla, neppure in Calabria, non si può guarda la cosa, se non sotto l’aspetto di un delirio dell’immaginazione, ed una specie di stravaganza. E così ripiglio il racconto del mio viaggio verso Napoli.