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Macu, Sacàra e Zocculàru, i soprannomi dei Casaranesi

Casarano è un comune centrale del Basso Salento ricco di aneddoti e leggende particolari tanto da rappresentare terreno fertile per un numero considerevole di epiteti con i quali vengono tutt’oggi additati i suoi abitanti da parte della popolazione dei comuni limitrofi.

Le cosiddette “‘nciurite“, ossia soprannomi dal suono simpatico a volte e calunnioso in altre, rappresentano ciò che resta del vago ricordo di un racconto, di un fatto storico o semplicemente di un “ho sentito dire che…“. Vengono utilizzati, oltre che per indicare gli abitanti di una comunità nel suo insieme, anche per identificare singoli nuclei familiari, grazie ai quali è possibile a volte ricostruire in maniera del tutto naturale veri e propri alberi genealogici e ritrovare così connessione di parentela precedentemente ignorate.

I significati dei tre soprannomi degli abitanti di Casarano, machi, sacàre e zocculàri, sono tra loro molto diversi.

Il termine “macu“, entrato prepotentemente anche nel parlato dialettale comune e al di fuori dei confini di Casarano, è utilizzato per indicare una persona stupida o che si lascia volontariamente designare come meta di insulti, scherzi, sberleffi senza la minima reazione di difesa. È un termine che ha origine latina, macus, il quale indica una maschera fissa del teatro popolare, che rappresentava proprio una persona con le stesse caratteristiche degli attuali “machi”.

“Zoccularu”, invece, deriverebbe da “zoccula“, topo di campagna di grandi dimensioni, e viene usato per identificare gente scaltra, imbrogliona: tipici soggetti che sopravvivono danneggiando gli altri. Anche se abituati alla presenza di questi animali, tutti coloro che possiedono una casa in campagna non accolgono mai di buon grado la presenza di una “zoccula” nella propria terra. Oltre che essere portatrice di infezioni e sporcizia e un pericolo anche per le riserve di cibo. Sicuramente questo, per i casaranesi, non è tra gli appellativi più simpatici con i quali poter essere identificati.

Il terzo epiteto invece, “sacàra“, identifica un serpente lungo e a bande nere che è possibile avvistare di frequente nelle campagne o nelle strade in prossimità di grandi cespugli, rovi, o muri a secco. “L’antichi” (ossia persone che nell’immaginario collettivo salentino rappresentano degli anziani e saggi contadini in grado di assimilare tutto lo scibile umano in proverbi e detti popolari, e la cui esistenza si perde nella notte dei tempi quasi come per attribuirli una dimensione mistica) ritenevano che questi serpenti fossero in grado di ipnotizzare le persone: basterebbe osservali mentre muovono la lingua producendo quel verso che veniva identificato come “lu fiatu da sacàra” (il fiato del serpente). Era proprio il “fiato” a causare nelle povere vittime l’effetto ipnotico, il quale sarebbe durato fino al momento in cui qualcuno non avesse scosso il malcapitato e allontanatolo dal serpente o laddove l’animale avesse deciso di distogliere lo sguardo dal malcapitato.

L’origine di questo soprannome affonda le sue radici in alcuni fatti storici che vedono contrapposti gli interessi di Casarano, a quelli del comune di Melissano che fu annesso sotto esplicita richiesta dei relativi abitanti al comune di Casarano nel 1885. La neo-annessa frazione però, chiese ben presto l’autonomia amministrativa, in quanto sviluppò rapidamente una condizione socio-economica di tutto rispetto grazie ad una fiorente attività enologica. Casarano, volendo sfruttare la situazione a proprio vantaggio, ignorò le richieste dei Melissanesi, i quali utilizzarono lo stemma del comune per offenderne in qualche modo gli abitanti. Lo stemma di Casarano, infatti, rappresenta un serpente che si arrampica su di una quercia.  Luigi Corvaglia, filosofo e letterato melissanese, sosteneva che la parola chiave per poter descrivere lo stemma civico fosse proprio “ingordigia“: un serpente si arrampica sugli alberi per trovare riparo o cibo,  in  quest’ultimo caso le uova nei nidi degli uccelli. A suo avviso i casaranesi si comportavano allo stesso modo con i Melissanesi, traendo vantaggio economico dallo sfruttamento delle abilità e del lavoro altrui.

Marco Piccinni

BIBLIOGRAFIA:
“Agenda di Babbarabbà 1997. Soprannomi paesani nelle province di Brindisi, Lecce e Taranto tra storia e fantasia” – supplemento del “Quotidiano” dicembre 1996 (Arti grafiche Mondadori) a cura di Antonio Maglio


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