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Ascoltare Penelope

Intervista a Claudio Prima
Oggi, Martedì 19 Ottobre alle ore 21 presso il Teatro Paisiello di Lecce
Concerto di presentazione disco degli ADRIA


Roma, qualche mese fa sull’accogliente palco sotterraneo di una piccola libreria indipendente, gli ADRIA hanno presentato Penelope; il gruppo è stato creato nel 2005 da un progetto di Claudio Prima (organetto e voce) insieme a Redi Hasa (violoncello) e ad Emanuele Coluccia (sax tenore e soprano) completato da Maria Mazzotta (voce) e da Vito De Lorenzi (batteria e percussioni).
Penelope è un disco molto atteso contenente 11 brani che concludono otto anni di esperienza narrativa e compositiva.
Comodamente seduti su scricchiolanti sedie, l’intimo pubblico ha accettato l’invito e si è imbarcato con gli eclettici orchestrali. Nonostante il sedentario viaggio, durato il tempo di un intero concerto, gli Adria hanno raccontato, attraverso dolci ed a tratti frenetiche sonorità strutturali, storie e visioni musicali sorprendenti per la loro evoluzione immaginifica. Suoni ed atmosfere, che si alternano indistintamente tra presente e passato, generano un meticoloso equilibrio armonico ritmato dai frequenti e nervosi accenti che dilatano i confini invisibili dell’improvvisazione.
Gli architettonici arrangiamenti melodici accolgono la deliziosa e vigorosa voce di Maria Mazzotta, attraverso la quale scopriamo oniriche suggestioni di luoghi inconsueti che scivolano tra il reale e l’irreale, questi sono affiancati dai vorticosi ed incrociati linguaggi sonori articolati tra il diatonico organetto, sax e violoncello, tutti trascinati dall’incalzante tempo delle percussioni.
Questa sera alle ore 21:00 sull’elegante palco del settecentesco teatro Paisiello, l’incessante macchina ritmica del poliedrico quintetto salentino degli ADRIA è pronto a riproporre in un’anteprima tutta leccese il travolgente concerto di esordio del loro primo disco.

A qualche ora dell’evento incontriamo Claudio Prima:

Come nasce il disco Penelope?
Penelope nasce da una lunga navigazione, non potrebbe essere altrimenti. E’ un disco che ha atteso 8 anni per essere pubblicato e quindi porta con sé il dono dell’attesa, la pazienza. E la figura di Penelope a nostro modo di vedere la rappresenta elegantemente. Il cd contiene la sintesi di un lavoro di ricerca e composizione che dura infatti dal 2002, anno di nascita del progetto. Gli 11 brani del disco sono una parte dei risultati raggiunti e raccontano in musica le tappe di questo percorso.

Quali sono i cardini del progetto?
Adria è nato come progetto ponte fra le musiche del Sud Italia e dell’Albania. Io e Redi Hasa dall’inizio della nostra collaborazione abbiamo immaginato che vi fosse un filo sottile a legare le rispettive tradizioni di provenienza. Siamo partiti da qui e abbiamo provato dapprima a trovarne le assonanze, riproponendo i brani del repertorio tradizionale e riarrangiandoli col nostro gusto, quindi abbiamo iniziato a scrivere musiche e testi originali. Questi sono i cardini del progetto, la ricerca di una nuova chiave di lettura delle musiche di tradizione che possa incontrare la musica d’autore, il jazz e le nostre sensibilità inevitabilmente moderne.

A quale mercato è orientato il cd?
Penelope è un cd trasversale rispetto alle forme musicali esistenti in Italia e in Europa. Ed è proprio al circuito etnico europeo che il disco è orientato. Abbiamo già frequentato il pubblico d’oltralpe e l’accoglienza nei confronti della nostra musica è stata entusiasta, soprattutto in Germania. In Italia frequentiamo anche i festival jazz oltre che quelli world, in passato tutte le volte che ci siamo confrontati con un pubblico legato al jazz o alla musica colta abbiamo sempre riscontrato un forte interesse. La nostra musica ha strutture molto aperte ed ha un forte impatto live nel quale c’è un ampio spazio per l’improvvisazione e per il dialogo estemporaneo fra gli strumenti, costume più diffuso nel panorama jazz che in quello etnico.

Dal testo del brano “Siamo arrivati stanotte” emerge un senso di “disorientamento”. Quest’ultimo vuole affiancare la condizione dell’immigrato alla vostra, quale band alla ricerca di una identità all’interno del panorama musicale?
Più che una ricerca di identità in termini di collocazione stilistica, siamo alla perenne ricerca di un luogo dove collocarci, ci sentiamo cioè, nomadi per elezione e per scelta, sia dal punto di vista musicale che della provenienza geografica.” Siamo arrivati stanotte” parla di questo e accomuna, nello stesso testo, le sorti dei musicisti e degli zingari, approdati in un luogo che spesso dimentica il suo passato di paese d’accoglienza.

Adria può essere considerato un punto d’arrivo raggiunto grazie alle esperienze musicali dei precedenti progetti quali: Manigold, Tabulè e BandAdriatica?
Adria sicuramente si nutre delle esperienze di tutti gli altri progetti nei quali alcuni di noi partecipano, ma ne rappresenta un lato nascosto più che un punto d’arrivo, una faccia della medaglia che trova finalmente uno spazio d’espressione. E’ il nostro lato più riflessivo e intimista che viene fuori nelle composizioni di Adria, necessario e imprescindibile per poter dar voce negli altri progetti allo stile festoso e travolgente che pure ci rappresenta bene.

La musica degli Adria è il risultato di un personale percorso sperimentale oppure è derivata dall’interazione di determinati musicisti caratterizzati da esperienze e culture differenti?
Entrambi. C’è molta della mia ricerca personale sull’organetto, anzi è il progetto nel quale confluiscono maggiormente le mie sperimentazioni timbriche e compositive centrate sullo strumento. Ma c’è anche l’apporto dei musicisti straordinari che compongono il gruppo, personalità articolate e ricche, che si incontrano in questo progetto con passione e apportano contributi preziosi anche dal punto di vista creativo. La voce di Maria Mazzotta, il violoncello di Redi Hasa, il sax di Emanuele Coluccia, e le percussioni di Vito De Lorenzi identificano il progetto tanto quanto il mio organetto e ne rappresentano la forza trainante.

Esiste un filo conduttore tra le tematiche dei testi?
In tutti i testi c’è il tema dell’incontro, della distanza, del movimento. Sono le parole che riportano in voce la musica che scriviamo. Hanno imparato la lezione dei canti tradizionali, della loro poetica semplicità. E’ su questa che sono imperniati, con la convinzione che si possa riscrivere un canto tradizionale senza tradurlo, ma semplicemente riportandone il valore alle sensibilità di chi scrive e suona oggi, a cent’anni di distanza.

Cosa troviamo alle estremità del “nodo”?
Le città che conosciamo, quelle che non abbiamo ancora visitato, le nostre mani, le nostre storie, due sponde dello stesso mare. E ancora tanti altri nodi.

Giuseppe Arnesano


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