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La Domenica delle Palme di un tempo, ricordi di Tiggiano

Il sabato pomeriggio, giorno precedente la Domenica delle Palme, un componente delle famiglie tiggianesi, di solito il padre, se ne tornava dalla campagna propria, se ne possedeva o da quella altrui, portandosi sulle spalle, se non avesse avuto altri mezzi di locomozione, o sul traino, con un fascio di rami d’ulivo. Servivano il giorno dopo per la Domenica delle Palme.

Il fatto che venissero ottenuti dei rami d’ulivo, recidendoli dalla pianta madre, a me bambino, sembrava che venisse inferta una grave ferita all’albero; invece ho scoperto molto più innanzi con gli anni che i rami che si recidevano erano di troppo, i cosiddetti “cani”, o “succhioni” che, se lasciati alla base dell’albero, oppure tra i rami più vecchi, avrebbero provocato un grave rallentamento della vegetazione in quanto i “succhioni”, essendo virgulti giovani, succhiano la maggior parte della linfa, a detrimento degli altri rami più anziani, ma non producono olive e vanno perciò estirpati, se si trovano alla base dell’albero e tagliati se tra i rami dell’albero.
Come un lattante che deve continuare a succhiare il latte della mamma e questa per produrlo e tenersi in forma deve nutrirsi adeguatamente, altrimenti “deperisce”, così i succhioni, essendo neonati, sono più voraci degli altri rami.
Per sintetizzare; recidere i “cani” o “succhioni” si procurava un vantaggio all’albero d’olivo e perciò si univa l’aspetto prettamente tradizionale e religioso, procurarsi le palme per il giorno dopo, alla necessità di eliminare tali “succhioni” per consentire all’albero di produrre le infiorescenze e poi le olive.
Un altro aspetto delle palme era la quantità delle stesse e cioè, quanto più grosso era il fascio che si stringeva con un fil di ferro, tanto più proprietà possedeva il titolare; una per ogni fondo posseduto e una per ogni casa posseduta.
Quando si vedeva una persona solamente con una palma, significava che possedeva al massimo una casetta; infatti in mancanza di un piccolo orto, il ramo benedetto veniva fissato sulla terrazza.
Molti poi si erano specializzati ad adoperare i veri rami di palma per farne delle croci o i cosiddetti “paniri”. La sera del sabato si recavano, di solito alla Marina Serra o al Porto di Tricase, dove c’erano gli alberi di palma e se ne portavano a casa quanti ne ritenevano sufficienti alle loro esigenze, naturalmente erano rami rubati alle ville di mare dei signori di una volta.
La domenica delle Palme questi intrecciavano due rami di palma e costruivano delle croci di varie dimensioni e le vendevano, guadagnandosi qualcosa. Intrecciavano due rami di palma e costituita la base, ne tagliavano a metà i rami, quindi ottenevano quattro steli che intrecciai fra di loro permettevano di costruire il “paniri”. Questi contenevano nelle varie caselle di costruzione: confetti, caramelle, cioccolatini e venivano venduti e il cui prezzo variava a seconda dei dolciumi contenuti.
Alcuni giovani li compravano per regalargli alle fidanzate o alle mamme.
Si andava in chiesa, con tutti i rami di olivo e i rami di palma, c’era un vero groviglio di rami e varie fascine di varia grandezza, il sacerdote le benediceva, poi si usciva dalla chiesa e ognuno sciamava tornandosene a casa.
Non era raro vedere alcuni bambini condurre in chiesa un fascio di rami d’olivo più piccolo.
Da qui si lasciavano quelle necessarie per la casa e il giardino, poi ognuno partiva a piedi a condurre nelle campagne di proprietà la palma. Se la campagna era lontana si rinviava al lunedì successivo.
Un ramoscello d’olivo, di solito insieme ad una croce di palma, si appendeva al capezzale del letto, affinché proteggesse i componenti di quella famiglia.
Dei rami di olivo si offrivano alle persone anziane, non autosufficienti, alle persone malate, al parente che non aveva potuto approvvigionarsi delle stesse.

L’anno seguente, dopo la benedizione dei nuovi rami, era necessario bruciare i rami dell’anno precedente, perché erano benedette e il fuoco scaturito era provocato in offerta al Signore, altrimenti si commetteva un peccato.
E’ facilmente deducibile che il rito dei rami di olivo benedetti, si rifanno al passo del vangelo, quando Gesù entra nella città di Gerusalemme e viene accolta dalla folla con rami d’olivo.
La credenza era che i rami benedetti dovessero proteggere la salute della famiglia, ma anche favorire e proteggere i prodotti della terra.

Rocco Margiotta


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