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Il cordone di difesa dalla Mezzaluna, torri costiere e masserie fortificate

Nel Salento, così come in tutto il Meridione, le torri costiere costituivano un avamposto di difesa così come i castelli e le mura fortificate nell’entroterra. In epoca medievale furono erette dai sovrani di Bisanzio e da quelli di Palermo e di Napoli, successivamente dai Viceré spagnoli. Fu proprio il Viceré don Pedro da Toledo, per conto di Carlo V, ad ordinare la costruzione di torri marittime e il rinforzamento di quelle preesistenti, dal momento che le scorrerie dei Turchi nel Mediterraneo incrociavano spesso la penisola salentina.

Il Viceré Ribera di Alcalà impose ai capomastri una regolamentazione generale in materia di edifici militari, avendo riguardo anche all’uniformità delle costruzioni dal punto di vista geometrico:
– Tutte le fortificazioni erette precedentemente lungo la costa erano oggetto di esproprio “con giusto prezzo” per essere eventualmente riparate e ripristinate nella loro funzione di difesa;
– Le nuove fortificazioni dovevano essere erette nel rispetto di alcune distanze, piuttosto ravvicinate, dalle Universitas (2-3 km), affinché le torri fossero visibili tra loro e potessero comunicare con il fumo di giorno e il fuoco di notte;
– Tutte le fortificazioni venivano fornite di pezzi di artiglieria, su ordine del Viceré. Era garantita la presenza di una compagnia di cavallari, con il compito di controllare il litorale di giorno, spostandosi con i cavalli, e di avvertire in caso di attacco gli abitanti nell’entroterra;
– Ciascuna torre aveva il suo capo torre o castellano, assistito da tre soldati guardiani e da altro personale nel periodo estivo (con rispettiva remunerazione mensile di 4 ducati, 3 ducati e 25 carlini);
– Per quanto possibile, i castellani erano scelti tra gli spagnoli, i soldati tra i napoletani e il personale provvisorio poteva essere del posto;
– I capomastri non potevano arricchire le fortificazioni con vani e accessori vari. Erano ammesse solo le strette scale all’interno per raggiungere il terrazzo;
– Le Universitas si assumevano la responsabilità della manutenzione. Quindi per far fronte a spese notevoli le Universitas potevano stabilire a carico delle popolazioni costiere una sovratassa di 25 grani e mezzo per fuoco, un’imposta poi aumentata a 27 grani e mezzo ed estesa a tutte le popolazioni stanziate in un raggio di 12-15 km dal mare.
Nel 1690 si contavano 54 nuove torri, oltre quelle riparate, delle 339 torri che a quella data costituivano un curioso cordone a rosario. Nel 1750 le torri nella penisola salentina erano 85, poco meno di un quarto del numero complessivo delle torri del Regno. Queste fortificazioni erano presenti in modo più capillare nel basso Canale, nel Capo di Leuca, essendo le coste più battute dai Turchi.

Torre Minervino - Sana Cesarea Terme

Nell’entroterra, nel raggio di 2-3 km dalla costa, esisteva una sorta di secondo cordone di difesa costituito dalle masserie fortificate, anch’esse poco distanziate tra loro. Queste “aziende” a vocazione agricola e pastorale erano oggetto di assalti e razzie sia da parte di pirati che si avventuravano all’interno, sia da parte di comuni briganti. La struttura generalmente presentava mura, fossati, spalti, porte, torri e cunicoli di collegamento: un vero e proprio fortino che garantiva relativa tranquillità nell’inquieta campagna salentina. Considerando la loro distribuzione spaziale è possibile individuare un’area notevole di affittimento nel circondario di Lecce, nell’agro di Nardò e tra i territori di Ugento e Morciano di Leuca. Sono piuttosto rare invece le strutture masserizie fortificate lungo la fascia costiera da Otranto a Leuca, probabilmente perché le rocce alte e frastagliate che caratterizzano quel tratto di costa rappresentavano già una barriera naturale per le campagne circostanti (senza dimenticare le già citate torri costiere che sul lato adriatico s’innalzavano poderose con uno sguardo ampio sullo stretto).

Masseria Grande - Surano

Testimoni di quei tempi bui e di quel sistema di difesa sono rimasti alcuni centri abitati fortificati nel nucleo più antico del paese come Salve, con un fortilizio eretto inglobando alcune modeste abitazioni vicine; come Tricase, una cittadina a pochi chilometri dal mare che conserva i tratti caratteristici di una città-fortezza, con mura e torri che svettano sull’abitato. Ma nel complesso oggi ammiriamo ben poco di quel sistema così ben ramificato sul territorio che cercava di scongiurare la minaccia turca, una vera e propria psicosi collettiva dell’epoca che ci ha tramandato espressioni impregnate del terrore più cupo (“Mamma li Turchi!”) e resoconti dell’epoca, come questo:

“Addi 4 luglio 1671 sabato mattina a due ore di sole una manica di Turchi, sbarcati sotto Salve e Murciano, arrivarono alla masseria nominata del Duca di Murciano, a tempo che li massari mungevano le pecore, s’impatronirono della porta e la gente si pose a fuggire sopra la torre e quando uno vellano tirava le porte un turco li tirò una archibuggiata da una taula che dal ponte era rotta e lo buttò in terra per il che il ponte si abbassò e li Turchi presero con la torre tutta la gente che furono tra donne e figliole un nove e si caricarono delle robe che si trovava e andarosene a mare senza che li cavallari né torrieri l’avessero avvisto di niente..”


Enrico Troisio

BIGLIOGRAFIA:

Storia del Salento, volume secondo di Luigi Carducci – Mario Congedo Editore, 2006
Le Masserie del Salento, dalla masseria fortificata alla masseria-villa di Antonio Costantini – Mario Congedo Editore, 1995


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