Giuseppe Candido: a Lecce i primi orologi sincroni d’Europa
Il 4 Luglio del 1906 si spegneva sull’isola di Ischia dopo una lunga malattia, a 68 anni, il vescovo Giuseppe Candido. “Demenza”, fu la diagnosi dell’epoca. Secondo la sua volontà, le sue spoglie mortali vennero collocate nel Duomo dell’isola del golfo Napoleano dove ancora oggi riposano. Nonostante le insistenze della sua famiglia, Don Pippi decise di non far ritorno nella città che gli ha dato i natali il 28 Ottobre del 1837, e che a lui doveva tanto: la sua Lecce.
“Ma chi era quest’uomo?” Primo di sette figli, nato in via Regina Isabella, a due passi dall’immenso cantiere dei Teatini, da Ferdinando e Stella De Pascalis, Giuseppe Maria Luigi Candido divenne ben presto l’uomo che il mondo intero ci avrebbe invidiato, il cosiddetto punto all’infinito in cui due rette parallele finalmente si incontrano. I due binari della scienza e della religione che seppe tenere insieme, in un connubio quasi metafisico, che lo accompagnò fino alla fine dei suoi giorni.
Studiò sotto la guida dei padri gesuiti presso il collegio Argento dove accrebbe il suo interesse per la fisica e l’elettricità, quel semplice “movimento di cariche elettriche” di cui ormai non possiamo più fare a meno. I suoi studi proseguirono poi a Napoli dove si laureò in Matematica e Fisica prima, in Teologia poi.
Ritornò quindi a Lecce, in qualità di sacerdote nonché insegnante di lettere presso il Liceo-Ginnasio Palmieri e nel Seminario Diocesano, e poi ancora a Napoli dove si recava costantemente per perfezionare i suoi studi e incontrare altri scienziati. Studi intensi e particolarissimi che lo portarono a ricevere una “menzione onorevole” all’Esposizione Universale di Parigi nel 1867, la prima in Italia in materia di Elettricità, per il suo brevetto della pila a diaframma regolatore che consentiva di ottenere una corrente costante per lunghi periodi, con un basso costo di esercizio e grande facilità di manutenzione.
E si, perché don Giuseppe non si limitava solo a studiare, la sua spiccata intelligenza e la sua insaziabile curiosità gli consentirono di portare una vera e propria rivoluzione nel mondo scientifico, ideando quello che potremmo definire come: precursori dei primi campanelli elettrici, sveglie, impianti di illuminazione nonché orologi elettrici sincroni di cui Lecce può vantare il primato in Italia e annoverarsi tra i primi posti in Europa e nel mondo Intero. Tra il 1868 e il 1874 don Candido installa una rete 4 orologi: sul sedile, sul palazzo delle prefettura, sul liceo-convitto palmieri e sull’ospedale dello Spirito Santo. Tutti alimentati grazie alla sua pila, comandati in sincronia elettricamente da un unico orologio motore a pendolo meccanico, che azionava, sempre elettricamente, anche le quattro suonerie. Rimasero in funzione fino al primo trentennio del XX secolo.
Ideò e realizzò inoltre un pendolo elettromagnetico che batteva il secondo, che avrebbe dovuto sostituire il pendolo meccanico nella rete di orologi pubblici, ed un sistema a pila termoelettrica in grado di regolare l’orologio motore sul passaggio del sole al meridiano di Lecce.
Ai successi della carriera scientifica si accostarono anche quelli della controparte ecclesiastica, con la nomina a Vescovo titolare di Lampsaco e Coadiutore di Nicastro, nel 1881, e Vescovo di Ischia nel 1888. Nel dicembre 1899 fu nominato ad unanimità Socio Corrispondente dell’Accademia Pontificia dei Nuovi Lincei, che ha sede in Roma.
Le nuove cariche portarono via molto tempo allo studio e ai suoi esperimenti, un aspetto che a Candido costò molto ma non per questo si sottrasse ai suoi doveri e agli ordini di madre Chiesa, che rispettiva diligentemente.
Ovunque andasse Candido conquistava l’amore e il calore della gente. Il suo grande cuore aveva sempre un occhio di riguardo per i più bisognosi che non perdeva occasione di sostenere con qualsiasi mezzo.
Ma la mente di uno scienziato è sempre in fermento e di fatto a Nicastro rivoluzionò l’illuminazione del semiario ed episcopio con il Gasogeno Candido per la produzione e combustione di gas acetilene prevenendo scoppi e incendi.
Una personalità così eccelsa che non trova il giusto riconoscimento nella memoria di Leccesi che, udendo il nome di questo illustre prete-scienziato, scrollano rapidamente il capo bofonchiando un rapido “no, non lo conosco, di chi è figlio?” e che i più vili aggrediscono con vernici spray le mura della sua abitazione, dove una targa commemorativa fu posta per celebrarne il centenario della nascita.
Fortunatamente si stà cercando di recuperarne la memoria, e l’esposizione dell’ingranaggio di uno dei suoi orologi è oggi visibile all’interno del Sedile cittadino, corredato da una breve nota che a poco a poco, si spera, squarcerà l’animo e il patriottismo dei leccesi che avranno voglia e curiosità di avvicinarsi a questa grande vetrina e soffiare via un po’ di polvere dall’oblio del proprio passato.
Marco Piccinni
BIBLIOGRAFIA:
sarebbe opportuno che nelle scuole si desse menzione di questi nostri grandi concittadini, sopratutto per far capire agli studenti che scienziati o studiosi di diverse discipline erano e sono anche fra noi