La chiesa della Madonna dei Panetti in Acquarica del Capo
La chiesetta della Madonna dei Panetti sorge alla periferia Nord-Ovest del comune di Acquarica del Capo, in quello che in passato è stato il casale di Celsorizzo. E’ una costruzione datata al XII secolo, sebbene tradizioni differenti la attestino già al X sec. Ha forma quadrangolare e non presenta navate all’interno, mentre sul lato orientale vi sono due absidi affrescate, parte restante di una probabile decorazione pittorica che coinvolgeva l’intera superficie muraria.
L’origine del nome è dibattuta, la visita pastorale di Monsignor de Rossi del 1711 documenta come a quell’epoca la Chiesa fosse già luogo di un culto particolare e spiega che il 15 di agosto, per la festa della Madonna Assunta, il grano raccolto da un terreno appartenente alla Chiesa veniva utilizzato per produrre dei pani poi distribuiti alla popolazione.
Di contro, c’è una corrente storiografica che sostiene che il nome derivi dal termine greco “Panellenios” andandosi a collocare in quel momento storico-politico caratterizzato dall’arrivo dei Normanni nel Meridione d’Italia.
Nel Medioevo, spesso ci si riferiva con termini generici a popolazioni abitanti o provenienti da determinate aree; così, ad esempio, a fine XI secolo l’imperatore bizantino Alessio I Comneno si riferiva agli eserciti crociati con il termine di “franchi” (intendendo per dirla con un linguaggio più moderno “europei d’Occidente”), così i francesi parlavano degli italiani del Nord utilizzando il termine di “lombardi” (per l’appunto coloro che abitavano uno dei territori per loro più vicini della nostra penisola), allo stesso modo i Normanni chiamavano “elleni” le popolazioni abitanti in quei pochi territori ancora bizantini del Sud Italia. E, sovrapponendosi al sostrato linguistico-culturale, capirono come fosse importante e politicamente conveniente non schiacciarlo o reprimerlo, bensì controllarlo: dunque in questo contesto la costruzione di un’abside per la liturgia latina e una per quella greca può rappresentare sia un tentativo pragmatico di controllo, sia la velleità di “ingraziarsi” la popolazione e il clero locali, concedendo al culto originario uno spazio dedicato, nonché, a posteriori, un buon esperimento di tolleranza religiosa, in un’Europa già attraversata dallo Scisma del 1054.
La caratteristica principale dell’edificio quindi, è come detto, la presenza della doppia abside; è questa una soluzione rara nel Salento (confrontabile con altre costruzioni simili nei dintorni di Otranto), un “escamotage” architettonico che consentiva la celebrazione della funzione sacra a seconda della liturgia, greca o latina, appunto. Non si può comunque escludere che nella penisola non fossero presenti altri casali normanni presentanti la stessa scelta costruttiva.
Da alcune ipotesi più recenti, la chiesa in passato doveva occupare una superficie maggiore rispetto a quella attuale, protendendosi in direzione Ovest, e presentando probabilmente una doppia navata. Quello che resta allo stato attuale è frutto della ricostruzione compiuta dopo il crollo di inizio XVIII sec.
Non è escluso che ci potesse essere un piccolo cimitero a ridosso dell’area sacra, un’usanza tipica all’epoca (tracce di sepoltura in area sacra in Acquarica si possono rinvenire nella cappella “palatina” di San Francesco, all’interno del Cortile del Castello nel centro storico del paese). Ma solo dei rilievi archeologici potrebbero rispondere a questi interrogativi.
Inoltre, per il Sigliuzzo, questa chiesa è la naturale sostituzione di un luogo di culto interrato, che dovrebbe corrispondere all’attuale frantoio ipogeo nei pressi: la chiesetta attuale rappresenterebbe la sua evoluzione “sub divo”, al momento dell’arrivo dei Normanni in loco.
Nell’abside di sinistra, tra gli affreschi più antichi e “bizantineggianti”, campeggia un San Giovanni Battista benedicente “more graecorum” e recante un cartiglio in caratteri greci che recita: “Io sono la voce di colui che grida nel deserto”, tratta dal Vangelo di San Marco e riferente la profezia di Isaia; nel settore inferiore del catino absidale, due figure meno identificabili, una delle quali probabilmente una Madonna con Bambino. Nell’abside di destra sono riconoscibili affreschi più recenti, probabilmente collocabili tra XVI e XVII secolo: al centro un Cristo Pantocratore reggente il globo, a destra un santo francescano e a sinistra un santo vescovo. Interessante notare come questo seconda abside mostri le tracce di affreschi più antichi, probabilmente coevi a quelli della prima abside, coperti ormai in gran parte dalla decorazione più recente: dalla testa del Cristo, spicca un occhio femminile che fissa l’osservatore, a dire di chi scrive si dovrebbe trattare di una Madonna. In ultimo, tra i lacerti di affreschi visibili nelle altre pareti spicca quello che dovrebbe essere un San Nicola di Myra, miracolosamente conservatosi nella parete Nord, e ciò che resta di un probabile ciclo nicolaiano.
Gianluca Tonti
Bibliografia
Brigante A., Palese S., Le quattro chiese madri, Galatone, Congedo editore.
Brigante S., Acquarica del Capo in cammino, Gino Bleve Editore, 2004.
Marino S., Tracce di storia di Acquarica del Capo. Le iscrizioni, i campanili, Presicce, Ediz Leucasia, 2001.
Marino S., Celsorizzo in Acquarica del Capo, Taviano, Grafema editrice, 1999.
Bruno B., Le chiese medievali a due absidi nel Salento: primi dati, in III Congresso Nazionale di Archeologia Medievale, a cura di R. Fiorillo, P. Peduto, Edizioni all’Insegna del Giglio, Salerno, 2003.