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Casale medioevale in località Pozzelle (Miggiano)

Nell’autunno del 2005, grazie ad una segnalazione dei signori Luigi Carbone e Luigi Marra, sono stati rinvenuti numerosi frammenti fittili torniti di età medievale e post medievale in località Pozzelle, periferia nord orientale di Miggiano (ad una distanza di circa 100 metri dall’abitato moderno), non lontano dalla zona Mila laddove l’Arditi e il Maggiulli segnalarono la scoperta di tombe di età romana, con gli scheletri provvisti di una moneta in bocca.

 

 

L’area interessata dalle evidenze archeologiche è stata localizzata in un fondo condotto a seminativo (107 m s.l.m.), di forma pressoché rettangolare (lunghezza: circa 40 metri; larghezza: 20 metri), orientato in direzione N-S: degno di nota è un rilievo del terreno – appena accennato – in corrispondenza della maggiore concentrazione di ceramica, indizio di probabili strutture sepolte sotto terra. Questa ipotesi è suffragata anche dai numerosi laterizi (coppi e tegole) che si rinvengono sparsi nell’area di massima concentrazione dei materiali.

Per quanto riguarda i frammenti fittili[1], si tratta di:

  • ceramica – pareti, orli e alcune anse – dipinta a bande strette (XIII/XIV secolo) e, raramente, a bande larghe in rosso o in bruno; due frammenti presentano un motivo a spirali (decorazione che presenta una notevole analogia con: un frammento rinvenuto a Taurisano durante gli scavi effettuati presso la chiesa di Santa Maria della Strada; uno proveniente da Gagliano del Capo, borgo Le Trisciole; frammenti di anfore portate alla luce durante gli scavi del Castello Carlo V di Lecce e, infine, con dei frammenti rinvenuti ad Apigliano – Martano – e a Cutrofiano – località Badia)[2];
  • invetriata policroma dipinta (tipo RMR[3]). Si tratta, nello specifico, di 6 frammenti: 4 pareti e due fondi con piede ad anello, riferibili a ciotole – decorati nel tondello – recanti uno tracce di ingobbio interno biancastro e l’altro residui di vetrina trasparente tendente al giallino;
  • invetriata policroma dipinta in rosso e bruno[4], con  un’argilla rosata, polverosa al tatto ed un impasto morbido. Si tratta prevalentemente di forme aperte, ad eccezione di un frammento che presenta una decorazione a reticolo o graticcio, pertinente una forma chiusa; un frammento sembra essere decorato da un elemento araldico;
  • invetriata policroma dipinta in bruno e verde (un frammento di parete di forma aperta è decorato con una foglia allungata, definita in bruno e campita in verde, con ingobbio interno biancastro)[5];
  • invetriata monocroma dipinta in bruno, con la decorazione stesa sotto una vetrina trasparente. Un frammento di fondo con piede ad anello, che presenta una decorazione radiale, trova confronto con uno proveniente da Cutrofiano – loc. Badìa[6];
  • invetriata monocroma gialla e verde (due frammenti, fra cui un orlo pertinente una forma aperta[7];
  • ceramica da cucina, con un impasto più grezzo e un’argilla di colore rossiccio, talvolta bruciata;
  • ceramica acroma di difficile datazione e attribuzione a determinate classi ceramiche;
  • tre frammenti di lucerne (XVI/XVII secolo), due dei quali presentano un piccolo becco di forma allungata terminante a punta[8].

 

 

 

Sono attestati anche alcuni frammenti fittili di età tardo romana (rari frammenti di sigillata africana) e bizantina, che si caratterizzano per l’argilla molto polverosa al tatto e di colore arancio rosato.

Alcuni frammenti di ceramica dipinta a bande presentano un motivo decorativo spiraliforme, associato ad una serie di fasce e linee orizzontali disposte sul corpo, ricorrente nel XIV secolo in molti siti del Salento[9]. M. Tinelli, riguardo alla decorazione dipinta a spirali delle anfore del Castello Carlo V di Lecce, scrive che si tratta di un “motivo decorativo che presenta diverse varianti ed evoluzioni stilistiche che si possono cogliere tra la fine del XIII e il XIV secolo, quando tale motivo scompare per far posto alla decorazione a fasce (singole o raggruppate) e agli schemi compositivi liberi che caratterizzeranno le ceramiche dipinte di piena età rinascimentale[10].

A causa della frammentarietà dei reperti è molto difficile l’attribuzione a determinate classi ceramiche. La maggior parte dei frammenti è riferibile a piccoli contenitori, considerando il loro spessore inferiore quasi sempre al centimetro. Si tratta, probabilmente, di vasellame da mensa di uso quotidiano.

Per quanto riguarda il luogo di produzione di questa ceramica, la consistenza dell’argilla e le decorazioni rimandano ad una produzione da Cutrofiano[11] e da altri centri produttivi; nel vicino paese di Lucugnano (Tricase), a tal proposito, esisteva un fiorente artigianato figulo attestato per la prima volta nel Catasto Onciario del 1745[12] – che registra l’attività di nove figuli, denominati genericamente cretari – e in un documento notarile del 1795[13].

Il complesso dei manufatti rinvenuti suggerisce l’esistenza nel sito di un piccolo casale di età medievale e post-medievale (XII-XVII secolo). Il nucleo più numeroso di frammenti è inquadrabile al XIV secolo. Allo stato attuale delle ricerche e della documentazione acquisita non è possibile formulare ulteriori ipotesi.

Nello stesso fondo e in quelli attigui sono state rinvenute delle sepolture che si caratterizzavano per la presenza di un embrice sopra il volto. A Miggiano – a tal proposito – le persone più anziane raccontano un proverbio dialettale: “a mmie quannu moiuru basta n’irmice ‘npedi e unu ‘nacapatale” (“al momento della morte non ho bisogno di nient’altro che di un embrice sotto i piedi e uno sopra la testa”). La stessa particolarità – secondo la tradizione orale – si riscontra in alcune sepolture rinvenute agli inizi del secolo scorso nel sito dell’antico casale di Cellino (Marittima), abitato dall’età romana al Medioevo, e in località Sombrino (Supersano), dove nel 1925 Primaldo Coco segnalò la scoperta di “molti cadaveri, sepolti nella terra, con un embrice sulla faccia[14].

 Marco Cavalera

NOTA: Contributo tratto da CAVALERA M., Medianum. Ricerche archeologiche nei comuni di Miggiano, Montesano Salentino e Specchia, pp. 22-27, Tricase 2009.



[1] La ceramica, raccolta nel sito dallo scrivente e dal sig. Luigi Marra, è stata consegnata al laboratorio di Archeologia Medievale del dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento, diretto dal prof. Paul Arthur.

[2] Arthur et alii 2005 pg. 196, fig. 27, n. 6. Riguardo al frammento di Gagliano, cfr. Ciardo 2005, TAV. XIII a; riguardo alle anfore dipinte del Castello Carlo V di Lecce, cfr Tinelli 2008, pg. 87, fig. 4, n.1; Arthur et alii 1999; Blattmann D’Amelj 1996.

[3] Si tratta di invetriate dipinte in verde, bruno e rosso (Ramina-Manganese-Rosso), largamente diffuse in Italia meridionale e coeve alla protomaiolica (XIII/XIV secolo), classe ceramica ben più costosa dell’invetriata policroma.

[4] L’invetriata policroma dipinta in rosso e bruno si rinviene nel Salento accanto ai manufatti tipo RMR, in contesti databili tra la seconda metà del XIII e il XIV secolo (Ugento, Supersano, Quattro Macine – Giuggianello, Lecce).

[5] Per quanto riguarda la combinazione cromatica, il verde è ottenuto dall’ossido di rame e il bruno dall’ossido di manganese. La datazione dell’invetriata policroma dipinta in verde e bruno è inquadrabile tra il XIII e il XIV secolo (Blattmann D’Amelj 1996; Tagliente 2004, pp. 87-89; Tagliente 2006, pp. 58-59, fig. 11, n. 34).

[6] Blattmann D’Amelj 1996, TAV. 9 b, fig. 11 a.

[7] L’uso della vetrina ha una grande diffusione, sia per motivi estetici che pratici, in quanto conferisce maggiore resistenza al manufatto, lo rende impermeabile e lo migliora anche dal punto di vista igienico perché più facilmente lavabile (Matteo 1997, pg. 18). La datazione dei frammenti è collocabile tra la fine dell’XI e il XII secolo.

[8] Esemplari confrontabili con quello pubblicato in Matteo 2001, p. 118; TAV. VII, d.

[9] L’analisi del materiale di Ugento ha permesso di stabilire che il motivo spiraliforme non è più attestato alla fine del XIV secolo, quando le spirali sull’anforetta verranno sostituite da decorazioni sul collo contraddistinte da una serie di fascette orizzontali e sulla spalla da fasce di colore sia bruno che rosso (Tinelli 2006, pp. 487-488).

[10] Tinelli 2008, p. 88.

[11] In località Badìa (periferia nord-occidentale di Cutrofiano) è stato identificato un centro di produzione attivo tra il XIII e il XIV secolo che realizzava ceramica sia di uso comune che da mensa invetriata con decorazione policroma (Bruno, Tinelli 2008, pg. 17).

[12] A.S.L., Sezione Amministrativa, Catasti Onciari, Lucugnano 1745.

[13] A.S.L., Scritture delle Università ed ex Feudi, Atti Diversi, Apprezzo dei Feudi di Giurdignano e Lucugnano 1795 (Pansini, Rossi 1988, pp. 367-368).

[14] Arthur, Melissano 2004, p. 10.


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