La vora del Guercio, Scorrano
Avisu, vora, inghiottitoio, sinkhole…sono tanti i modi per definire delle depressioni carsiche a sviluppo prevalentemente verticale, svuotate dall’incessante e ostinato passaggio delle acque nel sottosuolo che nella maggior parte dei casi da il via a fenomeni di crollo che consentono di mettere in comunicazione diretta il sottosuolo con la superficie.
Se nel Salento le più famose sono quelle di Barbarano del Capo, rese celebri da servizi televisi, indagini speleologiche, leggende e racconti popolari che le vedrebbero uno dei tanti ingressi al regno degli inferi, ce ne sono ancora tante che non eccellono in spettacolarità naturalistica, ma che svolgono da secoli, e continueranno a farlo, un importante lavoro di raccolta delle acque, spesso coadiuvate dall’intervento umano.
Siamo nelle campagne di Scorrano, nel parco dei Paduli, nel bacino della Vora del Guercio. Oggetto di un intervento da parte del Genio Civile negli anni ’50, che ne ha modificato permanentemente la forma in quella attuale, (che per analogia ricorda la struttura a gironi dell’inferno dantesco,) conferendole una notevole stabilità, questo inghiottitoio naturale sprofonda nel sottosuolo in maniera costante per oltre 6 metri, prima di diramarsi in piccole e strette gallerie laterali che si fanno spazio tra la roccia fossilifera, ricca di resti di molluschi bivalvi misti a bolo, prima di raggiungere le falde acquifere sotterranee, vero nutrimento della terra salentina.
All’interno della voragine è stato canalizzato il Pezzate, un piccolo corso d’acqua occasionale che taglia con un alveo poco profondo (poco più di due metri nei punti più bassi) i fondi dei terreni limitrofi ricchi di spettacolari e imponenti ulivi secolari. Lungo l’argine del fiume un fitto canneto permette di identificare, anche da lunghe distanze, il percorso del torrente che in caso di siccità si trasforma in un affascinante percorso trekking.
Marco Piccinni