Le fogge in piazza San Nicola, Cocumola
Cucuma, piccolo vaso di creta. Cumulus, raccolta, accumulo, granaio. Due termini dai quali si fa risalire il toponimo di Cocumola, frazione di Minervino di Lecce famosa anche nella cartellonistica stradale per la buona cucina, che porta il ricordo della tradizione orale di numerose botteghe artigiane di terracotta e di numerose fogge scavate nella morbida roccia.
Di fogge, fosse granarie, a Cocumola ce ne sono state tante, alcune delle quali poste al di sotto del piano di calpestio dell’attuale triangolo di Piazza San Nicola (dove si affacciano le residenze delle famiglie nobili locali tra cui il palazzo baronale del ‘500 della famiglia Pasca) e riportate alla luce con un piano di scavo e recupero delle diverse cavità. Secondo alcuni documenti alla fine del 1800 se ne contavano circa 200 in grado di stipare complessivamente 10.000 quintali di frumento.
In base ai reperti rinvenuti all’interno dei silos è stato possibile datarne la costruzione tra il XV e il XVI secolo, periodo che coinciderebbe con lo sviluppo dell’insediamento urbano del borgo, per poi essere utilizzate quasi ininterrottamente fino alla prima metà del novecento.
Le 14 fosse granarie rinvenute all’ombra della statua di San Nicola che si erge sull’omonima piazza dal 1872 hanno tutte una profondità che varia dai 2,7 ai 4 metri e un diametro medio di poco più di 1,2 metri. L’interno era rivestito con paglia o altri materiali simili per evitare il contatto diretto con il terreno. Una volta riempite venivano sigillate con un enorme monolite, posto in maniera tale da aderire perfettamente all’imbocco e ridurre al minimo il passaggio dell’aria, operazione facilitata dall’applicazione nella porzione di contatto del “coperchio” con il suo recipiente di un impasto a base di sterco di bue e cenere. L’assenza di ossigeno avrebbe impedito la normale attività dei batteri aerobici insiti naturalmente sulle superficie dei cereali e scongiurato così un rapido deterioramento del prodotto.
Il sistema della conservazione delle derrate tramite infossamento trova la sua giustificazione nel naturale fenomeno di riscaldamento dei cereali una volta stoccati. L’aumento della temperatura nei cosiddetti “punti caldi” si deve alle naturali attività biologiche degli organismi naturalmente presenti nei cereali, insieme a funghi e insetti, e possono raggiungere in alcune condizioni anche gli 80°C.
Questo metodo di conservazione, semplice e scientificamente eco-compatibile, è stato ampliamente utilizzato all’interno di borghi, villaggi rupestri e siti archeologici di ogni genere, rivelandosi spesso un’ottima sorgente di informazioni per recuperare testimonianze di un passato ormai svanito.
Marco Piccinni
BIBLIOGRAFIA
– Giorgio Demontis Luciano Cadoni, Vincenzo Granata, Fabio Sassu, Sandro Savarese L’autocombustione negli stoccaggi di cereali.
– Le informazioni sugli scavi e i metodi di costruzione delle fogge sono tratte dalla cartellonistica esposta su Piazza San Nicola a Cocumola.