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Intervista a Marica Arsic, scampata alla Shoah: “Rubavo il pane per gli altri prigionieri…”

POGGIARDO (Le) – “Mi ricordo… Si, ricordo che i miei genitori erano stati portati via e io volevo liberarli… Lavoravo nelle cucine e rubavo il pane per gli altri prigionieri…”. Marica Arsan oggi ha 90 anni. A 14 viveva a Skopje (Macedonia) quando arrivarono i tedeschi, chiusero la scuola, la spinsero con le sue compagne sui camion destinazione Germania, Stalag n. 9 di Badesulza. Gli slavi erano considerati una razza inferiore, l’ultima della piramide sociale. Era il 6 aprile 1941 e passò alla storia come la “guerra d’aprile”.


“Al campo di lavoro mi misero a lavare i piatti, ogni tanto trovavo del pane e lo nascondevo per darlo ai compagni di prigionia…”. Lì visse quattro anni e incontrò Amedeo, l’amore della sua vita, che la portò al paese, Spongano, dove, rimasta vedova, oggi vive. Marica si ferma, socchiude gli occhi, come se ricordare le procurasse dolore.

Giornata della Memoria intensa di emozioni all’Istituto Comprensivo di Poggiardo (intralci burocratici impediscono di intitolarlo al pianista barese morto sulla “Costa Concordia”), che raggruppa Surano, Ortelle e Spongano, 1100 alunni, 63 i figli di migranti. Questa scuola è un’eccellenza di Puglia grazie a un dirigente scolastico, Ubaldo Cursano, che col sorriso sulle labbra la manda avanti come un orologio svizzero, la passione della prof. Rita Pizzoleo e di un corpo docente serio e motivato, cosciente della difficile mission, che fa interagire le problematiche della modernità con la didattica: “I bisogni dei ragazzi aumentano”, osserva la prof. che ha messo giù la “scaletta” della giornata.

Una relazione della scrittrice Tina Aventaggiato sui campi di Ebrei in Salento all’indomani dell’8 settembre 1943 (tema del romanzo storico “L’occhio guarda a Sion”, appena edito da Belforte di Livorno), musiche in tema e i ricordi di Marica Arsan (a Spongano la chiamano Maria). Verrà? Non verrà? L’incertezza corre sul filo dell’I-phone.

Ma quando le ultime note di Nicola Piovani, da “La vita è bella” Oscar 1999 (bravissimi i ragazzi dell’ensemble della scuola, ben diretto dalle loro insegnanti di musica) sono ancora sospese nell’aria dell’imminente primavera, la contadina (foto di Chiara Papa) appare al braccio della giovane nipote, e subito parte un caldo applauso.

Marica Arsic

Marica Arsic, sopravvissuta alla Shoah

Domanda: Cosa successe quel giorno a scuola?
Risposta: Ci facevano studiare il tedesco. Facevo la seconda media quando i tedeschi giunsero a Skopje e dissero che la scuola sarebbe stata bombardata. Così ci caricarono sui camion e ci portarono in Germania.

D. Com’era la vita al campo?
R. La fame era tanta e rubavamo per mangiare. Se ti beccavano ti chiudevano in una stanza per 5-6 giorni. Il lavoro era tanto: io lavavo, pulivo. Gli ufficiali erano i più severi. Alcuni di loro avevano i figli prigionieri in Russia. I tedeschi uccidevano quelli fisicamente più prestanti di noi. Io fui risparmiata perché ero una ragazzina.

D. Però lì incontrò l’uomo che la salvò e che poi sposò…
R. Anche lui era prigioniero. La prima volta che ci incontrammo mi guardò e ci abbracciammo. Nonostante ancora fossi giovanissima, dopo la liberazione riuscì a farmi arrivare in Italia. Gli amici di Amedeo mi hanno circondata per farmi salire sul treno tanto ero piccola: avevo 15 anni. Poi arrivò anche lui… E dire che i suoi amici dicevano: “E’ troppo piccola per te, lasciala, lasciala… “. Ma lui mi ha amata sin dal primo giorno…

D. Cosa accadde giunta in Salento?
R. Cercai di mettermi in contatto con mio padre e mia madre, Scrissi loro una lettera per dire che ero viva… Qui all’inizio non fu facile, non sapevo la lingua e le mie cognate volevano una del paese per moglie ad Amedeo…

D. Lei ha tenuto un diario nei quattro anni di prigionia?
R. Si, ogni tanto lo aprivo e piangevo a rileggere quello che avevo passato. Mio marito per non vedermi soffrire un giorno lo bruciò.

Francesco Greco


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