Fave nette e cicore
Un tempo la forza di un uomo si misurava sulla base di quante fave mangiasse. “Ci vole u maritu meu?”. Era una frase sulla bocca di molte donne maritate, le quali sponsorizzavano il marito per l’assegnazione di un incarico di lavoro, spesso giornaliero, da spendere nei campi o su piccoli “cantieri”. Mansioni che richiedevano resistenza e prestanza fisica, una materia prima fornita spesso quasi esclusivamente dall’alimentazione.
E così, in un’epoca in cui non si conosceva il conto calorico/energetico di un alimento bisognava rifarsi all’esperienza di secoli tramandata dalle generazioni precedenti. Se la forza di braccio di ferro è imprescindibile dall’assunzione di spinaci, il carburante per le braccia di generazioni di salentini sono state proprio loro, le fave.
Alimento sano, nutriente e povero di grassi, ha riscosso un discreto successo anche nella tradizione esoterica, sono spesso citate infatti nei rituali magici della notte di San Giovanni a scopo divinatorio: tre fave, di cui una completamente sbucciata ed una leggermente scorticata andavano risposte sotto il proprio guanciale durante la notte e mescolate all’indomani mattina prima di sceglierne una senza guardare; l’agiatezza della vita che sarebbe seguita da quel giorno sarebbe stata direttamente correlata alla quantità di buccia presente sulla fava selezionata.
Ma non si può parlare di fave senza almeno assaporarne il delicato gusto in una delle tantissime ricette che le vede protagoniste ormai su tutto il territorio nazionale, esportata dalle contrade salentine e promossa da agriturismi, ristoranti e trattorie delle provincie dell’antica terra d’Otranto: fave nette e cicore reste.
Prepararla è molto semplice. Si mettono a bagno le fave bianche secche in acqua e sale per alcune ore (mediamente si usano 400gr di fave per 500gr di cicorie), meglio se dalla sera precedente. Una volta lavate si immergono in acqua fredda all’interno di una pignata, con sale e vari elementi per aromatizzare a seconda dei gusti: un gambo di sedano, pomodori, patate crude, cipolle, aglio.
Mettere a cuocere a fiamma alta e rimuovere gradualmente la tipica schiuma che salirà in superficie durante la cottura dei legumi aggiungendo alla bisogna acqua bollente per rimpiazzare quella che inevitabilmente evaporerà.
Quando la consistenza delle fave avrà raggiunto quella desiderata abbassare la fiamma, rimuovere gli eventuali aromi aggiunti prima di mescolare energicamente al fine di ridurre la massa di fave in una purea omogenea.
A parte pulire, lavare e cucinare in abbondante acqua salata le cicorie selvatiche. Questa verranno distese sopra un letto di fave bianche insieme ad olio di oliva. per i più golosi aggiungere anche dei crostini di pane fritto. L’appetito è assicurato.
Marco Piccinni