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MITI. C’era una volta lo Zecchino di Montesardo

C’era una volta lo Zecchino di Montesardo. Fu una sorta di “antenato” dei talent, una “vetrina” ambita da chi voleva proporsi al mondo dello spettacolo, tanto che finì su Telenorba (“Battiti Live”). Era l’altro secolo e richiamò aspiranti cantanti da tutta la Puglia e folle imponenti (fino a 10mila persone, e a costo zero) in piazza Sant’Antonio, il cuore antico di Ananduso, il vecchio paese di origine messapica.

Nove edizioni una dietro l’altra di una rassegna che come presentatori propose “nomi” del cinema, il teatro, la tv: da Federica Panicucci a Melba Ruffo di Calabria, da Pippo Franco (nella foto, una serata memorabile, finì a tarda notte: Pippo è un gran professionista, ha lasciato bei ricordi), a Gigi Sabani, passando per Nino Frassica, Alvaro Vitali con la moglie, la soubrette Stefania Corona, Maddalena Corvaglia e Stefania Mega (vice miss Italia nel 1989).

Pippo Franco allo Zecchino di Montesardo

Pippo Franco allo Zecchino di Montesardo

Montesardo fu quindi pioniere del genere talent. Tantissime le voci nuove che si esibirono: lo Zecchino fu un bel trampolino di lancio che funzionò e furono tanti quelli che poi ebbero visibilità nazionale. Alcuni oggi ne hanno fatto un lavoro: concerti e serate: Massimo Pizzolante, che imita Vasco Rossi, Antonio Romano fa piano-bar, e piace sempre la sua interpretazione di “My Way”, una cover immortale di Frank Sinatra.

L’idea partì da Luigi Russo (“Gino”), un lavoratore dotato di grande creatività e operosità che era stato operaio ai cantieri navali di Amburgo, parlava benissimo il tedesco e aveva la passione per il mare: navi, vele, velieri, galee, filibuste.

Faceva parte della Confraternita del Sacro Cuore di Gesù e ogni anno, all’ultima domenica di gennaio, con Antonio Marzo (“Moretto”), Antonio Bisanti e Luigi Brogna organizzavano alla grande la festa in suo onore. Dopo la processione una band intratteneva il pubblico.

Un anno nei giardini della villa sul palco apparve magicamente un veliero a grandezza naturale che Gino aveva fabbricato: sembrava voler prendere il largo da un momento all’altro tanto era bello. Si pensò di usarlo come simbolo di una gara canora di aspiranti cantanti: era nato lo Zecchino di Montesardo.

Si svolgeva d’estate, ma già a primavera il paese entrava in fibrillazione: si aprivano le iscrizioni e nel garage di Anna Marchese, zona “Terra du Mulu”, cominciavano le prove. Era lei che preparava arrangiamenti, testi, ecc. Alla prima edizione si usarono le “basi” e fu presentata da un elegantissimo Marcello Brogna. Fu così professionale che lo chiamarono Pippo Baudo.

Al secondo anno si mise su una band per accompagnare i cantanti, divisi per categoria a seconda dell’età. Era composta da Giuseppe Saracino (batteria), Anna Marchese (voce e basso), Gianpaolo Nicolì (chitarra), Alfredo Torsello (tastiere). Certe sere c’era così tanta umidità che col phon asciugava i tasti. Questo il gruppo iniziale, ma ogni anno si arricchiva di altri strumentisti: impossibile ricordarli tutti.

Il successo delle prime edizioni indusse le “menti” a fondare l’associazione “Arcobaleno” come supporto organizzativo e amministrativo. Al primo nucleo si aggiunsero altri volontari: Paolo Marchese, Cosimo Torsello, Antonio Mario Greco, Biagio Bisanti, ecc.

La manifestazione cresceva di anno in anno. Un’edizione si contattò Milly Carlucci, che però rifiutò di presentarla con la scusa che il paese era troppo piccolo e si sarebbe rovinato il curriculum: peggio per lei pensò la gente: l’autostima del paese è nel suo dna.

A Montesardo, dunque, master in creatività e innovazione, si deve il copyright del talent, poi scopiazzato da Rai e Mediaset: solo dopo nacquero ”Amici”, “X Factory”, ecc.

Ma innovativo fu anche il marketing: lo Zecchino era sostenuto da dozzine di sponsor, imprese, aziende, loghi grandi e piccoli. E dopo il successo delle prime edizioni facevano a gara per la pubblicità, non c’era bisogno di cercarli, si proponevano da soli. Biagio Bisanti è ricordato come un abile venditore di spazi pubblicitari: striscioni e banner spuntavano ovunque come funghi dopo la pioggia.

Lo Zecchino comunque non è il solo format nato in questo paese del Salento meridionale dove nacquero uomini illustri: di genio, di lettere, di Chiesa, ecc.

Nelle grotte del suo villaggio rupestre, a Macurano, negli anni Ottanta si fece il primo presepe vivente. Un’altra idea fu la Passione di Cristo. Quindi la sagra del porco Prì-Prì, ormai un logo noto in tutto il mondo. Qui intorno al Settecento nacque anche il “biscotto della salute”, molto proteico, ideale per bambini da svezzare, anziani, malati.
Il veliero navigò felice per ben 9 anni.

Poi, al momento in cui doveva fare un salto di qualità e decollare per mari più ambiziosi, e quindi servivano appoggi istituzionali, sponsor più grossi, agganci politici, inaspettatamente finì nelle secche. Qualche politico lo aveva usato per darsi visibilità, ma non si fece trovare. Peccato.

Resta il ricordo di anni ruggenti, vissuti da protagonisti: “Ormai lo Zecchino è nella Storia!”, si commuove Biagio Bisanti, altro grande, infaticabile personaggio del paese.

Da allora il paese è finito in una plaga di marginalità e degrado, materiale e morale, da cui non sa uscire. I frutti amari della modernità (droga, pusher, piccola criminalità, ecc.) lo fanno soffrire. Nessuno può, o vuole, contrastarli. E non si intravede una via d’uscita.

Francesco Greco


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